BERGAMO FILM MEETING 26 – "Gli anni Falck", di Giusi Castelli e Francesco Gatti (Visti da Vicino)

Il documentario intraprende una sorta di viaggio parallelo. La crescita finanziaria e tecnologica delle storiche Acciaierie Falck nel corso di trent’anni, finisce per l’andare di pari passo con l’avvicendamento delle migliorie elettroniche nel campo delle riprese cinematografiche, testimoniato dai filmati amatoriali in super8 girati dal direttore delle Falck in ogni occasione privata o ufficiale.

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Riccardo Lampugnani è un autore che cresce. Dai suoi primi lavori sino alle sue ultime sortite, appare evidente un percorso di maturazione formale innegabile. Se negli esordi Lampugnani ancora si compiace dell’amatorialità esibita del mezzo, nella fase più avanzata della sua carriera giungerà addirittura ad utilizzare un ardito montaggio di due punti di vista differenti ed alternati. E sarebbe davvero divertente recensire come le opere di un vero cineasta questi filmati familiari in super8 realizzati nell’arco di trent’anni (dagli inizi dei ’60 sino al 1990) dall’Ingegnere Riccardo Lampugnani, futuro direttore delle Acciaierie e Ferrerie Lombarde Falck. Un piccolo archivio personale di reportage e testimonianze da viaggi di lavoro e di piacere, riunioni internazionali e inaugurazioni di filiali scovato dai due autori Giusi Castelli e Francesco Gatti. Smembrato e rimontato insieme ad un affascinante lavoro di ‘astrazione’ da video redazionali, spot e documentari ‘istituzionali’ realizzati a promozione delle Falck nel corso di quegli stessi anni (restano solo fornaci che ribollono, sbarre fluorescenti tirate fuori dalle fiamme da bracci meccanici, fumo e lamiere). Lampugnani faceva tutto da sé: riprendeva instancabile ogni istante delle varie ‘spedizioni’ dei dirigenti della Falck, poi assemblava il tutto aggiungendoci una pista sonora fatta di versioni strumentali di motivetti dell’epoca. Infine, lasciava svettare sopra al montato uno spumeggiante e caustico commento registrato dalla sua viva voce. Nella voce-off di Lampugnani c’è uno degli elementi di maggiore interesse di questo spesso affascinante lavoro di recupero e montaggio operato da Castelli e Gatti. C’è innanzitutto una sterminata serie di facezie sulle ‘pelate’ degli ingegneri, la bellezza delle gondole di Venezia o delle colonne di Pompei, la meraviglia delle utilitarie degli operai che riempiono il parcheggio della filiale. Ma c’è, soprattutto, una certosina attenzione per la qualità formale dell’immagine, con frequentissime affermazioni dispiaciute per un fuori fuoco imprevisto, un colore venuto male, uno jump-cut dovuto alla fine della pellicola. In questo modo, Gli anni Falck intraprende una sorta di viaggio parallelo. La crescita finanziaria e tecnologica delle Acciaierie, che sfoggiano macchinari, altiforni, uffici e spazi-mensa sempre più ‘al passo coi tempi’ (il tutto documentato e da Lampugnani e dall’occhio ‘professionale’ degli spot e dei redazionali), finisce per l’andare di pari passo con l’avvicendamento di migliorie elettroniche sempre più ‘sofisticate’ nel campo delle riprese cinematografiche. Lampugnani con gli anni ‘impara’ a girare, ma ha anche sempre di più la possibilità di potersi facilmente sbizzarrire nelle sue ambizioni da documentarista. Sino a giungere appunto ad assemblare insieme filmati provenienti da due cineprese differenti, lanciandosi in un inconsapevole montaggio alternato. Questi 38 minuti di risultato finale a cui sono giunti Castelli e Gatti su tutte le ore di girato visionate, restano altrettanto emblematici però per la sensazione di straniamento provata continuamente nel guardare l’ostentata soddisfazione, il crasso benessere e l'esibita felicità messe in scena da questi uomini di potere arricchiti e perennemente in gita o alloggiati in alberghi con piscina: com’è noto, lì alle Acciaierie Falck scoppiavano in quegli stessi anni alcuni tra i focolai di rivolta sindacale più imponenti ed ‘importanti’ dell’intera stagione italica delle contestazioni operaie.

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