BLOG – L’ultimo umano possibile… Novecento, Ultimo Atto.

Petit Poucette

Cosa ci è rimasto ancora di umano sotto la nostra pelle? L’alieno (quasi) diventa umano e impazzisce (dov’è il mio sesso?) proprio mentre l’umano è ormai sempre più alienato. Resta solo la voce. Il corpo si fonde con l’interfaccia del software, ne assume le movenze, le sembianze, mentre “l’altro da se digitale” tende sempre più ad assomigliarci. Dal Blog DIGIMON(DI) di Federico Chiacchiari

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Petit Poucette Michel Serres

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Senza che ce ne accorgessimo, in un breve intervallo di tempo – quello che ci separa dagli anni settanta del Novecento – è nato un nuovo umano. Lui o lei non hanno più lo stesso corpo, la stessa speranza di vita, non comunicano più allo stesso modo, non percepiscono più lo stesso mondo, non vivono più nella stessa natura, non abitano più lo stesso spazio.”

Michel Serres “Petit Poucette” (“Non è un mondo per vecchi”)

 

Forse quello che differenzia Her da tutti gli altri film sulla “fine del corpo” di questi tempi, è tutta una questione generazionale. Jonze ci parla già del “nuovo umano”, completamente integrato nelle dinamiche comunicative delle reti, quell’ “individuo che non sa più vivere in coppia” (ancora Serres…), e che però non può rinunciare alla sua valenza antropologica di “essere sociale”.  Ma oggi, nel futuro, sono gli interfaccia digitali a garantirci che non siamo “soli”. Premi un tasto, clicchi su uno schermo ed ecco che “la vita” entra in contatto con noi, esseri sconosciuti, oppure appena conosciuti, o anche vecchie conoscenze, ci appaiono sulle bacheche virtuali e ci permettono di entrare “in contatto” con il mondo. O meglio con “un” mondo. Il corpo dell’umano si fonde con l’interfaccia del software, ne assume le movenze, le sembianze, mentre “l’altro da se digitale” tende sempre più, un po’ come fanno i cani con i loro padroni, ad assomigliarci. Il corpo diventa macchina, la macchina si fa corpo. Quasi ci siamo.

 

 

Her Spike JonzeMa il Cinema, uso spudoratamente la Maiuscola, quello di oggi, seconda decade del secolo duemila, sembra raccontare, ancora, di altre solitudini. Di corpi solitari, nati nel Novecento, che fanno i conti con la propria “fine del mondo”. Corpi smarriti nella “terra di mezzo” dell’Evoluzione, forse gli ultimi umani prima della “nuova generazione”, quella che si fonderà, appunto, con la macchina.

 

No, qui la macchina è ancora “altro da se”, elemento tecnologico da comandare, guidare, condurre, dirigere, qualcosa di esterno al nostro corpo, che ancora pensa di poterne indirizzare le traiettorie della Storia.

Corpi solitari con la macchina. 

 

—> l'articolo prosegue sul Blog DIGIMON(DI)

 

 

 

 

 

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