Cannes 76 – Rapito: incontro con Marco Bellocchio e il cast

Regista e cast hanno presentato in conferenza stampa il nuovo film Rapito, in concorso al festival

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“Dopo aver letto il libro mi sono innamorato di questa storia. Il momento della stesura della sceneggiatura insieme a Susanna Nicchiarelli è stato molto importante, ed è stato un momento abbastanza impetuoso, abbastanza rapido, perché c’era già tutto in questa storia, tutti gli elementi per poter fare un film. Non ho girato un film per andare contro il Papa o condannare la “perfida” Chiesa Cattolica. Né volevo salvarla. Di fatto è come se la religione avesse un qualcosa di inevitabilmente intollerante, con alcuni principi e dogmi che devono essere rispettati. E tutto questo ha di fatto prodotto una violenza su Edgardo Mortara”.

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A un anno di distanza da Esterno Notte, Marco Bellocchio è tornato al Festival di Cannes per presentare Rapito, film liberamente tratto da un libro di Daniele Scalise (“Il caso Mortara. La vera storia del bambino ebreo rapito dal papa”) che, ambientato nel 1858, racconta del rapimento del piccolo ebreo bolognese Edgardo Mortara da parte dei soldati di Pio IX – nonché della lunga lotta condotta dalla famiglia per rivederlo.
All’incontro con la stampa, insieme al regista, erano presenti anche Susanna Nicchiarelli e gli attori Leonardo Maltese, Paolo Pierobon, Barbara Ronchi, Fausto Russo Alesi, Fabrizio Gifuni e Enea Sala.
“Quando lessi il libro di questa storia mi colpì molto, ripete ancora Bellocchio, come se mi coinvolgesse. Poi ho scoperto che il grande Steven Spielberg stava preparando un film proprio su Edgardo Mortara ed era già avanti nella preparazione; erano già arrivati suoi collaboratori alla ricerca di location e ambienti in Italia e persino molti attori erano già stati contattati. Quando invece ho saputo che la produzione si era fermata ho deciso di girare io un film sulla vicenda. In ogni caso sono convinto che questo film non possa essere realizzato in una lingua diversa dall’italiano, con i suoi accenti regionali; oltre naturalmente all’utilizzo del latino e dell’ebraico”.
Rapito è stato dunque fin da principio un progetto a cui il regista ha dedicato anima e corpo, reso possibile, innanzitutto, dal grande lavoro degli attori, a partire dal piccolo Enea Sala: “Con gli attori c’è stato un rapporto molto bello, di grande coinvolgimento, di grande profondità. Enea in particolare mi ha stupito con il suo sguardo e con la sua voce, con la sua capacità di dare alle parole un peso. Lui ha dato la sua umanità, la sua sofferenza, la sua angoscia e il suo discreto dolore e anche l’enigma di certi sguardi in cui tu non capisci cosa stia pensando”.
Una collaborazione regista-interprete a cui diversi membri del cast hanno dedicato tempo nel corso della conferenza, per tentare di raccontare al meglio il lavoro svolto sui propri personaggi: “in Edgardo ho sentito di certo un forte turbamento interiore, afferma Maltese, e su questo mi sono interrogato molto. Ho cercato di trasmettere il dolore che si portava dentro. E quando ho visto lo sguardo di Enea tutto mi è parso molto più chiaro”. “Il mio personaggio si muove nella complessità della vicenda, evidenzia invece Russo Alesi, ma quello che Marco mi ha chiesto è di fare emergere l’umanità del mio personaggio al di là del contesto storico, politico e religioso. Questo strappo, questo essere privati della possibilità di stare con il figlio spinge il personaggio a muoversi nello spaesamento e nel cercare di utilizzare le armi della prudenza, della mitezza, del dialogo”.
Una umanità che anche Fabrizio Gifuni, chiamato a una nuova collaborazione con il regista, ha tenuto a sottolineare: “nel film interpreto un funzionario della Santa Inquisizione, vivo di poche scene ma molto precise e ho cercato di lavorare su ciò che potesse essersi spezzato anche all’interno di un funzionario che è abituato ad applicare la legge. Quanto quest’uomo crede in ciò che fa e cosa è costretto a fare nella propria interiorità per continuare a credere fermamente. Io credo che qualcosa si spezzi interiormente e da questa rottura, conscia o inconscia, è partita la mia riflessione”.
Rapito è un film ricco di dettagli, basato su fonti dirette che in fase di scrittura hanno assunto un ruolo di particolare rilevanza (“a cominciare dalla testimonianza di Marianna Mortara” racconta Nicchiarelli) e che, conclude Bellocchio, accompagna l’immagine ad una colonna sonora di grande “potenza”: “Abbiamo lavorato, anche in fase d[ montaggio, in modo abbastanza classico, nel senso che ci siamo rivolti a un compositore con cui avevamo già lavorato, Fabio Massimo Capogrosso, e abbiamo poi cercato di scegliere brani di repertorio che si mescolassero bene con la musica originale. Il film doveva essere marcato da una certa sonorità”.
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