CATTIVE LETTURE – Il piacere della lettura visiva (o della visione letteraria)

Un salto all'indietro nel tempo – di due anni per ciò che riguarda la pubblicazione, e di 34 per la riduzione cinematografica – ci fa (ri)scoprire un "nuovo" autore made in America, premio Pulitzer '78.

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"Fandango" non è solo un film con Kevin Costner. Non è nemmeno "soltanto" la casa di produzione cinematografica di Domenico Procacci – rea di recenti capolavori del cinema italiano quali "Come te nessuno mai" e "L'ultimo bacio" (Gabriele Muccino), ma anche di "Le fate ignoranti" (Ferzan Ozptek), "La dea del '67" (Clara Law), "Respiro" (Emanuele Crialese), "Samsara" (Pan Nalin) e molti altri. Oggi "Fandango" è anche una casa editrice che ha inventato una collana (diretta da Sandro Veronesi, "La forza del passato" – premio Viareggio e Campiello 2000) dal nome che è tutto un programma: "Mine vaganti". Della collana "Mine vaganti" fa parte una breve raccolta di racconti – tre, per la precisione – di un tale, perlopiù sconosciuto in Italia, ma molto popolare oltreoceano, che si chiama così: John Cheever (1912-1982). La raccolta di racconti si chiama invece "Il nuotatore" (euro 5,16) e prende il titolo dalla prima storia che è, per chi non lo sapesse, il corrispettivo di quello che rappresenta "Cattedrale" per Raymond Carver o, se proprio vogliamo spararla grossa, una cosa come "Il cuore rivelatore" per Edgar Allan Poe. E', in pratica, uno di quei racconti che, pure nella loro brevità, racchiudono il succo di un'intera produzione letteraria. Messa così può sembrare una cosa biasimevole – come dire: "basta che ti leggi quel racconto e ti sei fatto un'idea di tutto quello che ha scritto quel tizio". Ma non è biasimevole, è una questione di stile, coerenza e ricerca. Cheever amava parlare degli Wasp (White Anglo-Saxon Protestant), quindi di quel particolare tipo di americani perbenisti e rispettabili, dediti alle apparenze e alle feste in piscina. Amava parlare di loro perché lui era uno di loro. Ma ad interessarlo era lo smascheramento di quell'universo apparentemente tranquillo, l'indagine – condotta con prosa elegante e sicura – delle inquietudini dell'uomo nel contesto socio-borghese. Da questo racconto è stato tratto un film, nel lontano 1966 (ma uscito solo nel '68) con Burt Lancaster nella parte del protagonista. Il film s'intitola "Un uomo a nudo" (regia di Frank Perry) e, come il racconto da cui è tratto, parla di un uomo che, a un certo punto di una domenica mattina, mentre è in costume ai bordi della piscina di alcuni amici, decide di tornare a casa a nuoto, tuffandosi in tutte le piscine delle proprietà da lì alla sua abitazione. "Gli sembrava di vedere" scrive Cheever "con un occhio da cartografo, quella catena di piscine, quel corso d'acqua quasi sotterraneo che si snodava attraverso la contea. Aveva fatto una scoperta, aveva dato un contributo alla geografia moderna, e quel corso d'acqua l'avrebbe chiamato Lucinda, col nome di sua moglie".
Nel 1978 gli assegnarono il Pulitzer per i suoi racconti e il "New York Times" lo definì il Checov d'America. Lui che Checov non l'aveva neanche mai letto. Questa breve raccolta (appena 50 p.) è uscita due anni fa, e da allora la Fandango si è impegnata a pubblicare l'intera opera dello scrittore. Curioso che il lancio (ri-lancio?) di un simile autore americano sia da attribuirsi all'impegno di una casa perlopiù produttrice di cinema. Viene da chiedersi: ma i grandi editori si occupano solo di piccoli libri? Questo è minuto, di dimensioni, ma come il piccolo Nokia (che è un duro) tiene in bocca una sigaretta nelle pubblicità sui settimanali, questo qui, leggerlo, è come bere un Martini-cocktail agitato e non mescolato.
E poi, be', per quel particolare piacere fanatico o filologico (intellettuale? intellettuale) che sia, si consiglia di vedere la trasposizione cinematografica col vecchio Burt. Potete anche non rispettare l'ordine, se proprio amate "nuotare" controcorrente. Ma non ditelo a nessuno, però.

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