Che ho fatto io per meritare questo?, di Pedro Almodóvar

Ironico e sferzante, leggero e munito comunque di altrettanta potenza narrativa, capace di captare la crisi e di proiettarla dentro una profezia quasi comica.

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Prostitute, adolescenti spacciatori, famiglie patibolari, scrittori falliti. Sta tutta qui l’essenza punk del cinema di Almodóvar degli anni ’80, quella capacità di avvicinare universi stravaganti ad una realtà coerente, nella girandola di vite e corpi impazziti di un mondo senza controllo. Libero, divertente, specchio umoristico di un disastro.

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La protagonista Gloria, interpretata dalla musa Carmen Maura, non fa eccezione: il marito Antonio è un tassista che vive a Madrid, ma rimpiange la gioventù passata in Germania. Sua madre vive con loro ed è suonata. I loro figli sono poco cresciuti e già solidamente sulla via della perdizione. Stanno in un condominio, uno come tanti, tutto uguale, e tra le stanze che si ripetono identiche all’infinito scorre il tempo, quello tutto uguale della routine, e lo spazio allora sembra restringersi sotto il peso della quotidianità. I rituali solenni, come potrebbe essere la cena, sono desacralizzati, ma a soffrire è il complesso di valori, convenienze, abitudini, cancellate con un colpo di spugna dal bisogno di procurarsi denaro ad ogni costo di una società capitalista. Siamo già oltre l’agonia, il rimpianto sta soltanto in una fuga nostalgica al cinema dove nonna e nipote guardano Splendore nell’erba di Kazan. Non sentiamo le grida. Il dolore è assorbito dalle droghe, il giorno stordito dagli imprevisti di un incontro inaspettato, in uno sguardo di passione ritrovare una speranza d’amore e poi capire che è soltanto una bugia.

Almodóvar, autore oltre alla regia anche di soggetto e sceneggiatura, filma l’umanità del disastro, profetico nel bypassare una presenza maschile ridotta all’impotenza dalla sua ansia prestazionale, schiavo di progetti ambiziosi e con il cuore spezzato, residuo di un’immagine sbiadita di successo. Più luminosa la controparte femminile, ma altrettanto disgraziata e smarrita, disillusa o severa che sia, schiacciata dal peso dal peso delle aspettative, i figli, la casa, le apparenze. Regole puntualmente disattese:  non esiste bastione o torre troppo alta da essere raggiunta, l’idea del castello inespugnabile è crollata, le relazioni ed i rapporti umani sempre più caduchi, non esclusivi, costruiti su egoismo e convenienza. Il perimetro della casa circoscrive la sconfitta. La speranza residuale sta nei poteri magici di una bambina e nel fragile progetto di Crystal (nome di chiaro significato evocativo), che si guadagna da vivere vendendo il suo corpo per assecondare delle fantasie sessuali, di volare a Las Vegas per sfruttare la sua avvenenza, in quella che all’epoca, e tutt’ora, era la patria dell’illusione del successo da inseguire. Altrimenti quelle quattro mura sono soltanto impedimento e costrizione, specchio moltiplicatore di disagio, anche quando lo sguardo si sposta su ambienti facoltosi ed il malessere ha un volto altrettanto soffocante.

Che ho fatto io per meritare questo? è forse un titolo meno celebre nella filmografia del regista spagnolo, ma è ugualmente ironico e sferzante, leggero e munito comunque di altrettanta potenza narrativa, sintomo della capacità di captare la crisi e di proiettarla dentro una profezia quasi comica mentre le nuvole si addensano all’orizzonte minacciose.

 

Titolo originale: ¿Qué he hecho yo para merecer esto!!
Regia: Pedro Almodóvar
Interpreti: Carmen Maura, Ángel de Andrés López, Chus Lampreave, Verónica Forqué, Kiti Manver, Juan Martínez, Gonzalo Suárez, Amparo Soler Leal, Emilio Gutiérrez Caba
Distribuzione: CG Entertainment. In collaborazione con Cinema Beltrade – Barz and Hippo 
Durata: 101′
Origine: Spagna, 1984

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.7
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Il voto dei lettori
4 (2 voti)
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