CINEMA. Festa Internazionale di Roma 2007 – "El Pasado", di Hector Babenco (Concorso)
Parabole calibrate male quelle disegnate da Hector Babenco, fuochi fatui di un cinema che fu ma che certamente non è, lapilli di vita impazzita e fredda come una pietanza sopravvissuta ad un pasto. Non ci si immerge né nell’amore né nella follia e si resta lì, a metà del guado, mentre tutto il resto affonda inesorabile
Ci riesce assai difficile capire, e ancor più spiegare, i motivi che stanno dietro a questo film, soprattutto se si prende ad esame chi è l’autore dell’opera, quel Hector Babenco regista di pellicole come Kiss of the Spider Woman –che lo portò addirittura all’Oscar nel 1986- e Pixote: A Lei do Mais Fraco. Inserito in un Concorso romano sempre più claudicante, per non dire completamente zoppo, e oltretutto già passato al Festival di Toronto (abbozzando una statistica quantomeno imperfetta, i titoli presenti alla Festa di Roma che sono già passati in terra canadese ammontano a più di venti…), El Pasado non ha nulla a che vedere con le opere passate del regista argentino (ma naturalizzato brasiliano): mettendo in scena la tormentata relazione d’amore tra Rimini (interpretato da Gael Garcia Bernal) e Sofìa, Babenco sembra aver smarrito l’intima necessità del proprio fare cinema, come se avesse completamente perso di vista se stesso e il proprio sguardo. La tragica elementarietà della fine di un amore, la naturalezza del dolore per un’assenza inconcepibile, piccole immagini, sprazzi, memorie e sporadiche follie sembrano convivere bene sullo schermo per non più di mezzora, lasciando ben presto corpo e anima nelle mani di una storia eccessiva ed inutilmente stucchevole, clamorosamente fuori spazio e fuori tempo, una parabola ridicola e involontariamente comica. Così come il metalinguismo, che qui si traduce in un gusto citazionista piuttosto fatuo, non aggiunge nulla se non un’ulteriore ed insostenibile pesantezza -fin troppo scontati e prevedibili gli accostamenti all’amour fou della Adele H. truffautiana, alle sue pulsioni (auto)distruttive- sorprende e incuriosisce forse un pochino invece il poster di Ostia di Sergio Citti che campeggia su una parete. Non c’è nemmeno traccia dell’urgenza, anche e soprattutto politica, che ha contrassegnato l’universo cinematografico di Hector Babenco: in El Pasado la politica è ridotta a una scritta posticcia, un’imbrattatura sopra un muro che recita pressappoco così: “Morte a Bush, solidarietà al popolo irakeno”. Ecco ciò che rimane del suo cinema, pochi ed inutili segni svuotati da ogni senso.