Come può uno scoglio, di Gennaro Nunziante

Insegue l’idea di un film anarchico, ma riesce ad esserlo solo in pochi momenti. In realtà appena può torna goffamente sui suoi passi e nelle dinamiche di quel cinema che avrebbe dovuto distruggere.

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Gennaro Nunziante torna a dirigere Pio e Amedeo ed il passo è evidentemente più sicuro dell’esordio del duo pugliese. Come può uno scoglio parte in effetti con un’andatura affascinante, con il duo diviso e Amedeo in scena a gestire i tempi, le battute, il focus della narrazione. Come uno strano epigono di Checco Zalone da cui per certi versi eredita i tratti del suo personaggio rozzo ma di buon cuore, un ex detenuto trasferitosi al nord per fare da autista a Pio, avvocato di origini pugliesi intrappolato in una vita borghese che forse non ha mai sentito sua e che, negli anni, ha acuito le sue insicurezze ed il suo atteggiamento remissivo. Amedeo accompagnerà Pio in Puglia per aiutarlo a risolvere alcune questioni burocratiche delle aziende appartenute al padre appena defunto ed il viaggio diverrà l’occasione, per lui, di tornare alle radici delle sue passioni, a ribellarsi alla vita borghese e di inseguire il suo sogno di diventare musicista.

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E la cornice del viaggio è un po’ lo svelamento dei meccanismi di un film che racconta, almeno in un primo momento, il tentativo di mettere le dinamiche tipiche del duo, la loro anarchia creativa, a sistema. La linea Zalone degli inizi è in effetti solo un filtro per soppesare le potenzialità dei due protagonisti sulla scena. Il film, anzi, se ne allontana appena intuisce che Amedeo non ha il fiato per tenere la scena davvero da solo. E così la scrittura quasi gioca con i protagonisti, lascia loro spazio per le battute lampo, per le giocose provocazioni e lavora sullo sfondo, su una struttura volutamente disordinata, irrequieta. Sia chiaro, il vero spirito anarchico, per quanto a grana particolarmente grossa il film di Nunziante lo coglie forse solo nella sequenza in cui Pio, ormai pronto ad abbracciare lo spirito ribelle di gioventù, colpisce con la chitarra il tavolo del CDA che avrebbe dovuto presiedere. Poi il racconto si acquieterà, opterà (purtroppo?) per un approccio meno situazionista ma ugualmente irriverente per il modo in cui accoglierà suggestioni e riscriverà i suoi spazi inquadratura dopo inquadratura.

Come può uno scoglio è un film di situazioni più che di scrittura che in ogni tappa dello stralunato viaggio dei due protagonisti sfiorerà un genere diverso: il giallo, il mafia movie, il film carcerario. E non mancano le idee, le suggestioni, i personaggi affascinanti, le inattese, delicate, parentesi introspettive. C’è cuore nel film di Nunziante, ma manca la capacità di direzionare la spinta giocosa da cui si è partiti. La struttura prova a imporgliela la scrittura ma è evidente che Come può uno scoglio fa fatica a gestire le costrizioni. Lo svela forse la stranissimo arco di Pio, che non matura mai davvero perché il suo atteggiamento remissivo è la base per molte trovate comiche del film, ma il film si puntella sempre più di rallentamenti, di giri a vuoto, di spunti che provano a far muovere il film anche al di là dei suoi protagonisti. Ma le linee narrative aperte vengono subito abbandonate, ai comprimari si costruiscono background promettenti ma non li si mette mai in gioco ed il tentativo di chiudere il film sulle note di un romanzo d’appendice, tra colpi di scena e svelamenti è evidentemente un innesto posticcio, in cui nessuno pare credere davvero e della supposta “ribellione” di Pio e Amedeo rimane, emblematicamente, una battuta pronunciata in chiusura dal prete amico dei protagonisti, che afferma che, a volte “fa bene essere disobbedienti”, quasi un’epitome al potenziale inespresso del film.

 

Regia: Gennaro Nunziante
Interpreti: Pio D’Antini, Amedeo Grieco, Francesca Valtorta, Claudio Bigagli, Christina Andrea Rosamilla
Distribuzione: Vision Distribution
Durata: 90′
Origine: Italia, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
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Il voto dei lettori
2.75 (117 voti)
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