Creed III, di Michael B. Jordan

È sempre più una storia afroamericana ma non rinnega nessuna situazione tipica di un balboa-movie. Soffre molte ingenuità ma alla fine regge bene sia sul piano emotivo che su quello del ritmo.

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La domanda principale che riguarda Creed III non può che essere scontata: il film riesce a funzionare anche senza l’empatia e il carisma del suo eroe principale? In breve, l’epopea del delfino di Rocky Balboa è ancora uno spin-off oppure è diventato un franchise autosufficiente? Sul piano narrativo, la risposta è interlocutoria. Infatti, il polemico allontanamento di Sylvester Stallone dalla sua saga più popolare non ha modificato la struttura tipica di un balboa-movie. Il climax liberatorio verso il terzo atto resta il punto di fuga di tutta la sceneggiatura, fino a far riecheggiare persino le note della celebre colonna sonora di Bill Conti.

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Non è un mistero che la pre-produzione abbia accarezzato l’idea di riesumare anche il figlio di Clubber Lang. Fortunatamente, Keenan Coogler e Zach Baylin hanno evitato che lo script fosse un’altra sfida tra eredi. Tuttavia, il profilo caratteriale del villain di Rocky III (1982) e le motivazioni che alimentavano il suo arrogante risentimento si sono imposte come un chiaro modello di riferimento. Inoltre, Adonis Creed si è ritirato e gestisce una academy di pugili che ha sfornato il nuovo campione del mondo. Ha una splendida villa ad Hollywood e sua moglie ha inciso e prodotto diversi dischi d’oro. Le analogie con l’imborghesito stallone italiano che aveva perso gli occhi della tigre sono fin troppo evidenti.

Tuttavia, il suo difficile passato torna a fargli visita proprio all’apice della sua vita. Il suo vecchio amico del ghetto torna a trovarlo dopo diciotto anni di carcere. Damien Anderson era finito in prigione per difenderlo la sera stessa in cui aveva vinto il golden glove. Ora, ha una gran voglia di riprendersi il radioso futuro sportivo che gli è stato tolto. Il confronto tra la rabbia primitiva di Clubber Lang e quella addomesticata di Rocky Balboa era soprattutto quello tra i pezzenti che ce l’avevano fatta e quelli che erano ancora al palo. Invece, Creed III sposta l’attenzione dalla questione sociale e abbraccia quella razziale. Il film descrive il grande conflitto tra due modi diversi di essere afroamericano. È meglio dimenticare e pacificarsi oppure serbare rancore per sempre verso il mondo dei bianchi?

Adonis Creed è perfettamente integrato nel sistema ma non parla mai del suo difficile passato mentre Damien Anderson ce l’ha sempre davanti agli occhi per vendicarlo. La sequenza migliore del film è senza dubbio lo straniante combattimento in assenza di ogni elemento esterno. Michael B. Jordan elimina il rumore del pubblico, le voci dei telecronisti, le grida di incitamento dei secondi, la musica di accompagnamento e i rimproveri dell’arbitro. Il ring è spoglio e i due pugili si accaniscono l’uno con l’altro ma è come se si stessero punendo da soli. Il protagonista deve espiare di aver dimenticato l’amico caduto in disgrazia. Il rivale non può fare a meno di odiarlo per avergli sottratto il suo destino. Come si può venire a patti con il fatto di essere stati ragazzini neri che non avevano scelta?

Creed III rinnova tutti i luoghi comuni di un balboa-movie con una tematica particolarmente significativa. L’esordio alla regia della sua star si è appoggiato molto alla sua precedente esperienza di Black Panther (2018). Infatti, anche in quel caso il feud tra T’Challa e Killmonger trovava origine nell’usurpazione percepita dal figlio negletto. Tuttavia, lo spettatore non vive mai questo senso di ingiustizia come un mero espediente narrativo. Michael B. Jordan ha appreso la lezione fondamentale del suo mentore Sylvester Stallone e le dinamiche tra i suoi personaggi si preoccupano di apparire sempre spontanee.

Il film soffre molte ingenuità ma alla fine regge bene sia sul piano emotivo che su quello del ritmo. Rocky Balboa ha insegnato al pubblico a riconciliarsi con i fallimenti, con le miserie, con i lutti e con le delusioni. Creed III è credibile quanto basta per fare altrettanto. La sintonia tra i due rivali è invidiabile anche per merito del loro talento e le scene d’azione sono ben orchestrate. La visione non tradisce le aspettative delle solite pietre miliari: il discorso motivazionale della moglie o l’immancabile training montage. La storia si affida spesso alla sicurezza di quello che ha sempre funzionato ma ha anche l’audacia di rielaborarlo. Così, le nuove avventure di Adonis Creed non sono mai stantie e possono tranquillamente farsi strada con le proprie gambe.

 

Titolo originale: id.
Regia: Michael B. Jordan
Interpreti: Michael B. Jordan, Jonathan Mayors, Tessa Thompson, Wood Harris, Phylicia Rashad, Florian Munteanu, Tony Bellew, Mila Davis-Kent, Canelo Álvarez, Spence Moore II, Thaddeus J. Mixson, Jacob ‘Stitch’ Duran, Jose Benavidez, Patrice Harris
Distribuzione: Warner Bros. Pictures
Durata: 116’
Origine: USA, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
Sending
Il voto dei lettori
1.82 (22 voti)
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