Dei, di Cosimo Terlizzi

Opera prima del fotografo, performer e videoartista, prodotta dalla Buena Onda di Scamarcio, Golino e Prestieri, prosegue la collaborazione iniziata con il documentario L’uomo doppio nel 2012

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Il rapporto conflittuale con la terra, quel ritorno dell’uomo alle sue radici che ormai non può che avvenire traumaticamente, non trova ancora abbastanza spazio nella rappresentazione cinematografica. È altrettanto vero che riflettere sulla questione comporta una notevole dose di coraggio e necessita una forma di sensibilità dalla quale il nostro quotidiano ci sta irrimediabilmente allontanando. A indicare la retta via con tono insieme delicato e sicuro ci prova Dei di Cosimo Terlizzi, opera prima prodotta dalla Buena Onda di Riccardo Scamarcio, Valeria Golino e Viola Prestieri che prosegue una collaborazione iniziata con il documentario L’uomo doppio (2012). E per Terlizzi, fotografo, performer e videoartista attivo fin dagli anni Novanta, il cinema di produzione industriale rappresenta una nuova frontiera espressiva da esplorare con distacco per la realizzazione di un’opera che pulsa di suggestioni autobiografiche sublimate in un romanzo di formazione.

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Il giovane Martino è cresciuto in campagna e di quella è intriso il suo immaginario. Ma proprio nel pieno della sua adolescenza sente l’urgenza di spostarsi verso la città, attratto dall’ambiente universitario e in conflitto con il mondo rurale che lo ha cresciuto. Sull’attico di un palazzo di Bari troverà la leggerezza nel modo di vivere di un gruppo di ragazzi stravaganti e tornerà a casa soltanto per scoprire che la malinconia che sente è legata a una realtà che potrebbe scomparire per sempre.
A interessare maggiormente il regista è appunto un sentimento, la sensazione che ci stia sfuggendo qualcosa. Infatti oggi è importante riconoscere il disastro causato dall’illusione della supremazia, prendendo coscienza del sacro che permea tutte le cose e della profonda connessione dell’uomo con gli altri elementi della natura, l’esistenza di un corpo unico del mondo al quale non possiamo sottrarci. Gli dei sono coloro che intuiscono questo legame e lo vivono con un misto di ingenuità e impegno. Non è un caso se le lezioni di storia dell’arte a cui partecipa il protagonista insistono sul necessario equilibrio di apollineo e dionisiaco, ordine e caos, nella ricerca della bellezza confermando l’essenza doppia di una creatura composta di istinto e ragione. Sdoppiamento che si rivela infatti nel concetto classico di divinità, intesa come entità che personifica l’elemento naturale.
La fuga dalla campagna per rifugiarsi in città sempre meno armoniche, perché esclusivamente artificiali, sembra quindi il tradimento di un genitore che ci fornisce tutto ciò di cui abbiamo bisogno ma di cui finiamo col sentire l’opprimente abbraccio. Si ripropone l’antica questione dello hybris, un atto disonesto nei confronti di qualcosa che è parte di noi pur non appartenendoci affatto.

Il ritmo un po’ scomposto del film porta Martino e i suoi nuovi amici in dimensioni di alterità della coscienza prossime all’assoluto, momenti in cui le loro anime sembrano sospese ma comunicanti, come se avessero compreso in qualche modo la sostanza dell’esistere nella vita con e per gli altri. L’uno e il tutto, l’uomo e il pianeta. Inoltre il film, scritto in due anni dal regista con Jean Elia, restituisce l’archetipo del doppio nel ripetersi di alcune immagini fondamentali. La sequenza dell’incubo, per esempio, lo vede tornare in un campo attraversato in precedenza e rientrare nell’albero cavo dove ora è nascosto un agnello bianco, folgorazione dal sapore carrolliano che si aggancia però anche a molto nuovo cinema italiano, da Pietro Marcello ad Alice Rohrwacher.
La seconda parte del film è in effetti un viaggio dai tratti parzialmente onirici, seguente alle scorribande del gruppo e sovrapposto alla convivenza con una famiglia che non può più comprenderlo. A questo punto il percorso non può che farsi circolare e il protagonista viene posto di fronte a un doloroso enigma: bisogna rinunciare alle proprie origini per emanciparsi?
Una menzione speciale la meritano le musiche di Christian Rainer, amico d’infanzia di Terlizzi e artista multiforme.

Regia: Cosimo Terlizzi
Interpreti: Luigi Catani, Andrea Arcangeli, Martina Catalfamo, Angela Curri, Andrea Renzi, Andrea Piccirillo, Matthieu Dessertine, Carla De Girolamo, Fausto Morciano
Origine: Italia, 2018
Distribuzione: Europictures
Durata: 90′

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