È morto Gianni Minà

Il celebre giornalista torinese, classe 1938, è scomparso ieri all’età di 84 anni. Un professionista unico, attore protagonista della storia d’Italia e non solo

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“Ci ha lasciato dopo una breve malattia cardiaca. Non è stato mai lasciato solo, ed è stato circondato dall’amore della sua famiglia e dei suoi amici più cari. Un ringraziamento speciale va al Prof. Fioranelli e allo staff della clinica Villa del Rosario che ci hanno dato la libertà di dirgli addio con serenità”.

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È venuto a mancare ieri, 27 marzo, Gianni Minà. Se ne è andato in silenzio, con la comparsa di un breve annuncio sul suo profilo Facebook. Se ne è andato in silenzio dopo aver fatto rumore, dopo aver scritto pagine indimenticabili nella storia del giornalismo italiano.

Quella di Gianni Minà è stata una carriera come poche se ne vedono e ricordano. Una parabola iniziata nel ’59, a Tuttosport, e proseguita di lì a pochi mesi con il debutto in Rai, giusto in tempo per seguire e documentare i Giochi Olimpici di Roma del 1960. Quindi l’approdo alla corte di Maurizio Barendson, a “Sprint” (1965), costellato di inchieste, documentari e programmi passati agli annali, da “Dribbling” a “Tv7”, da “AZ, un fatto come e perché” a “Gulliver” e “Odeon. Tutto quanto fa spettacolo”. Una vita indissolubilmente legata a quella del mondo sportivo, così come testimoniano “L’altra domenica”, trasmissione fondata insieme allo stesso Barendson e a Renzo Arbore – andata in onda tra il 1976 e il 1979 – e il mondiale calcistico del 1978, da lui seguito in qualità di cronista.

Ma Gianni Minà è stato molto di più. Collaboratore del Tg2 di Andrea Barbato (da lui assunto nella seconda metà degli anni ’70); vincitore del Premio Saint Vincent, assegnatogli da Sandro Pertini nel 1981 come il miglior giornalista televisivo dell’anno; showman “a tutto campo”, prima collega di Giovanni Minoli nel programma “Mixer” e poi conduttore di “Blitz”, trasmissione di Raidue grazie alla quale ebbe modo di interagire con personaggi del calibro di Federico Fellini, Sergio Leone, Eduardo De Filippo, Robert De Niro, Jane Fonda o Muhammad Ali. Senza dimenticare le storiche 16 ore di intervista a Fidel Castro nel 1987, incontro da cui nacque il celebre reportage Fidel racconta il Che.

Minà è stato autore, inventore, rivoluzionario, scrittore. A lui sono collegati nomi di personalità straordinarie (Ray Charles, Massimo Troisi, Maradona, Dalai Lama, Jorge Amado, Luis Sepúlveda, John Kennedy), trasmissioni epocali (“La domenica sportiva”, “Alta classe”, “Storie”), testate di rilevanza nazionale (Repubblica, L’Unità, Corriere della Sera e Il Manifesto), documentari (Cuba nell’epoca di Obama, vincitore del Nastro d’Argento nel 2012), libri e saggi (Un mondo migliore è possibile, 2003; Politicamente scorretto, un giornalista fuori dal coro; Il mio Alì del 2014 e l’autobiografico Storia di un boxeur latino, edito nel 2020).

Gianni Minà è stato ed è ancora un pezzo di Storia del nostro e di molti altri paesi in giro per il mondo. Un professionista unico andatosene in silenzio, dopo sessant’anni di fragorosa carriera.

 

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