FESTIVAL DI ROMA 2008 – "Parlami di me", di Brando De Sica (Anteprima Première)

parlami di meEsordio al lungometraggio di Brando De Sica, figlio di Christian De Sica. Parlami di Me è la trasposizione dell'omonimo musical teatrale scritto da Maurizio Costanzo ed Enrico Vaime. Una sorta di “unplugged” in famiglia, girando dal vivo una delle numerosissime serate della tournè del fortunatissimo spettacolo interpretato dal padre del regista

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parlami di meEsordio al lungometraggio di Brando De Sica, figlio di Christian De Sica. Parlami di Me è la trasposizione dell'omonimo musical teatrale scritto da Maurizio Costanzo ed Enrico Vaime ed interpretato dallo stesso Christian De Sica. Successo eccezionale al botteghino per lo spettacolo teatrale che per due anni consecutivi ha ricevuto il Biglietto d'Oro, riconoscimento attribuito ogni anno all'evento più visto dal pubblico. Ben 600 mila spettatori e un incasso record di oltre 11 milioni di euro. Il ventiquattrenne autore, laureatosi in regia cinematografica alla University of Southern California di Los Angeles, decide di partire con una sorta di “unplugged” in famiglia, girando dal vivo una delle numerosissime serate della tournè. Come in uno dei salotti del Costanzo Show, De Sica prova a risaltare il tentativo del musical di aprire un dialogo diretto con il pubblico, attraverso l'uso delle luci, continue carrellate e dolly, campi e controcampi dal palco. Opera che ricorda una pratica creativa spesso utilizzata per i concerti e che rievoca il capolavoro di Martin Scorsese, Shine a Light sui Rolling Stones. Attraverso un punto di vista a 360 gradi, Brando abbraccia lo spettacolo con macchine disseminate su tutto il perimetro del teatro e insiste con inquadrature dal basso per favorire una maggiore enfatizzazione dei passaggi più cristallizzati ed emotivamente forti. Persegue il linguaggio cinematografico dei musical anni '50, seguendo gli attori anche dietro le quinte. L'angolo, il formato e il tempo sembrano essere dettati dalla musica. Un buon lavoro che dimostra sicuramente una certa perizia e un evidente trasporto emotivo. Non è certamente facile venire a capo di questi progetti che probabilmente, come spesso accade, sono costituiti da montagne di girato sulle quali bisogna fare un enorme lavoro di montaggio. In più, particolarmente stimolante è l'incipit del lungometraggio, che parte con una carrellata all'esterno del teatro ancora chiuso e che sembra rievocare atmosfere più torbide e destabilizzanti, non certamente consone, a primo impatto, con il seguito. È forse il segnale di un talento visivo che potrebbe migrare anche su altri generi, verso altri mondi cinematografici.

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