FESTIVAL DI ROMA 2009 – Linea Cinema

linea cinema
Prendi la navetta a Piazza Barberini, quella che ti porta direttamente al festival… All’altezza di Villa Borghese, comincia la discesa, si costeggia la Casa del Cinema veltroniana e la navetta “alemanna” prende improvvisamente velocità, sembra scappare, il rumore del motore si alza e pare una sirena allarmante…

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linea cinemaPrendi la navetta a Piazza Barberini, quella che ti porta direttamente al festival, sei solo in tarda mattinata e ti accorgi in un istante che il bus è elettrico (ad emissione zero) ed anche le borsette ufficiali sono fatte con materiale riciclato, tutte diverse, ognuna dedicata ai titoli della storia. “Fuori dallo schermo” c’è ancora più cinema, almeno quello agognato. Risali via Veneto e tornano le scene di Totò, Peppino e la dolce vita, proprio quando la mitica coppia comica chiede a due giovani americane, più o meno in inglese, da quanto tempo sono a Roma, in Romagna, Romania và…  Festival che sposa la decrescita (non quella che chiede urgentemente un'inversione di tendenza rispetto al modello dominante della crescita illimitata e a tutti i costi), perché ha meno soldi (dopo i fasti delle prime edizioni), è sempre meno internazionale, è ancor meno festa. All’altezza di Villa Borghese, comincia la discesa, si costeggia la Casa del Cinema veltroniana e la navetta “alemanna” prende improvvisamente velocità, sembra scappare, il rumore del motore si alza e pare una sirena allarmante. Contorto… Senza freni, corrono nella memoria  squarci del film collettivo realizzato da 42 registi per 42 corti di 42 secondi, sul tema del sogno, Onedreamrush. Tra gli altri, ci sono Lynch, Ferrara, Kenneth Anger, Jonas Mekas, Mike Figgis, Asia Argento, Bodrov. Una vera e propria celebrazione audiovisiva sulla forma breve del linguaggio o semplicemente del pensiero breve, antitetico al pensiero debole. Il pensiero breve, però quello costringente e non di concisione. Quello che al festival persevera. Brevemente, giunti a Piazzale Flaminio, sale un altro passeggero. È basso, grassottello, quasi calvo, vestito di nero, giubbotto in pelle e una borsetta di cuoio firmata Boss. Fantasticare sulla sua identità con voce interna: è un uomo benestante che campa di rendita e perde tempo con il cinema, è un controllore che fa il critico mortificato, ma potrebbe essere anche un semplice cinefilo solitario come tanti. La voce interna però, quella che sentiamo tutti e che ci fa sentire anche un po’ sceneggiatori, scrittori, registi, è strana, la senti proprio chiaramente, limpida, senza interferenze: è come se il cinema che stai per raggiungere ha un segnale debole, ormai flebile, dal respiro corto che non ha la forza di creare caos, sinestesia sensoriale. Viale Flaminio è piatto, come ormai la linea cinema, mancano pochi metri e poi si scende. La navetta ha un ultimo sussulto, riprende velocità e trafugando tra le immagini di questa edizione, ripensi all’emissioni zero e appare d’incanto il pianoforte calato dall'alto sui monti valtellinesi, ai bordi di un lago, che Ermanno Olmi, tra le rupi del vino, trasforma finalmente in una sensazione che vorremmo definire ma che continua a sfuggirci, come l’aguaplano. Ultima fermata, peccato…                
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