Notorious – L’amante perduta, di Alfred Hitchcock
Un plot dall’apparente classicità del cinema di spionaggio che si converte in un’indagine psicologica. Uno dei capolavori di Hitchcock
Con Notorious Hitchocock gioca ancora una volta sull’ambiguità, intrecciando il significato polisemico del titolo (noto, conosciuto, ma anche famigerato e malfamato) con la narrazione; il riferimento è ad Elena (Alicia nell’originale, Ingrid Bergman) e ai suoi comportamenti. Ma, altrettanto ambiguamente, tutti i personaggi portano con sé una connaturata doppiezza, chi per lavoro (Devlin), chi per convinzione (Sebastian), perfino Elena nei suoi panni di spia, il cui percorso quasi sacrificale sembra però redimerla dall’altra colpa, quella di essere figlia di una spia nazista.
Notorious quindi per le implicazioni che possiede e la rete di sentimenti che suggerisce e mostra, è un vero e proprio rompicapo sviluppato in un plot che, dall’apparente classicità del cinema di spionaggio, si converte in un’indagine psicologica, in un pedinamento introspettivo spinto alla ricerca di quelle ambiguità che rendono così veri e credibili i personaggi di Hitchcock. Non è una novità che l’autore fosse interessato al lato oscuro dei suoi personaggi e soprattutto non è una novità che il cinema del regista inglese abbia quasi esclusivamente avuto come obiettivo i sentimenti meno amati e più segreti: la paura, il sospetto, la doppiezza, costruendo su queste emozioni un cinema appassionante e quasi unico per ampiezza di risultati in rapporto all’impiego di capitali e assolutamente raro per spessore di contenuti in relazione allo svolgimento delle sue trame. Il suo cinema, troppo spesso scambiato per spettacolo di puro intrattenimento di genere e quindi di facile e rapido consumo, si è scoperto, con il passare degli anni, sempre più capostipite di una ricerca mai finita che prosegue su quelle tracce così indelebili e profonde. Solo i malati della Nouvelle Vague potevano valorizzare quei film, riaprendo le porte al piacere della loro visione. Tutti o quasi film che rileggono, invertendo a volte, il senso comune delle cose, le sottili o non percepite oscurità dei personaggi.
Per Truffaut Notorious era la quintessenza del cinema di Hitchcock, un autore che ha sempre praticato una disarmante semplicità che trasferiva nei suoi film rendendo apparentemente facile il mestiere del regista. Nella famosa intervista che Truffaut gli rivolse, così condensava la trama del film: La storia di Notorious è semplicemente quella di un uomo innamorato di una ragazza che, nel corso di una missione ufficiale, è andata a letto con un altro uomo ed è stata costretta a sposarlo. La storia è tutta qui. Una lezione di radicale sobrietà.
In fondo Notorious è proprio questo e là dove c’è un’indagine che occupa il servizio segreto americano, c’è ne un’altra che occupa solo la mente di Devlin e di Elena e presto, da spettatori, ci accorgiamo che è solo quella che tiene occupato il nostro interesse. Mistificazione e ambiguità, relazioni d’amore camuffate da spionaggio internazionale e in questo modo Hitchcock rimette a nuovo le strutture del noir dimostrando come differenziare contenitore e contenuto, trasformando un traffico d’uranio, materia per un film intero, in uno straordinario deviante ed efficace McGuffin. Rivoltare il senso della visione come accade nella sequenza del risveglio di Elena dopo l’ubriacatura. La visione che ha di Devlin è misteriosamente ambigua, imponente e minacciosa, un po’ sprezzante, ma protettiva. Ma forse non è neppure quello l’interesse di quella sequenza, uguale a molte altre, il vero effetto è quella di averla resa credibile, non giustapposta, evitando il manierismo di mestiere e praticando, invece, un realismo surreale perfettamente coerente sia con gli effetti visionari di un risveglio da dopo una ubriacatura, sia con le dinamiche amorose dei due personaggi.
Notorious è quindi puramente e semplicemente una storia d’amore tormentata, la storia della sofferenza di due amanti alla ricerca della felicità dopo un lungo e tortuoso percorso di gelosia e finta indifferenza. Ma anche qui, nella costruzione di questa storia d’amore, Hitchcock manipola con esperienza gli eventi, mostrando una direzione, ma guardando a volte verso un’altra. La sua innata e conosciuta inibizione in materia sessuale è riversata qui sul personaggio di Devlin che dirà: Sono sempre stato spaventato dalle donne, ma che consuma la sua passione nel disprezzo di Elena come accade nella sequenza in cui crede che lei si sia lasciata andare al bere, quando invece il suo male sta nel lento avvelenamento che subisce da parte della tirannica suocera. La sfrontatezza invece appartiene a Sebastian che comprende di non avere i numeri per affrontare Devlin sul piano del fascino, ma gioca le sue carte su quello dell’esibito desiderio. Elena che ha sempre disprezzato Sebastian è spinta tra le braccia di quest’ultimo proprio da Devlin. Hitchcock enfatizza il rapporto tra dovere e amore, altro leit motiv delle sue narrazioni. Il capovolgimento della situazione, il rimescolamento delle carte e la riapertura dei giochi è, invece, affidata alla straordinaria sequenza nella cantina. Il bacio, intravisto da Sebastian dal vetro della porta, ricompone le posizioni. Quello che dovrebbe costituire una improvvisata messa in scena per ordire l’inganno ai danni di Sebastian che così ha in mano le prove dei suoi sospetti circa la tresca tra Devlin e sua moglie, è, invece, la realtà per i due amanti e fornisce allo spettatore la prova che non sta assistendo ad un film di spionaggio ma ad una romantica storia d’amore per due personaggi stretti tra i loro doveri, il loro passato e la loro passione.
Ogni volta che ci accostiamo al cinema del regista inglese ci accorgiamo di quanto tese siano le sue storie, quanta ricchezza di temi sia sottesa alle sue messe in scena e quanto conti il dubbio, il sospetto e la paura. Ci accorgiamo anche di come questi sentimenti siano così equivalenti, per forza emotiva, all’amore, all’amicizia e alla solidarietà, ma ritroviamo anche la semplicità disarmante di quel cinema che ormai è materia così rara da essere quasi introvabile. Un cinema credibile eppure così onirico, capace di agire sulla realtà guardandola dall’alto e manipolando il colpo d’occhio attraverso un particolare: una piccola chiave stretta tra le dita di Ingrid Bergman.
Titolo originale: Notorious
Regia: Alfred Hitchcock
Interpreti: Ingrid Bergman, Cary Grant, Claude Rains, Louis Calhern, Leopoldine Konstantin
Durata: 102′
Origine: USA, 1946
Genere: spionaggio/mélo