Final Report, di István Szabó

Nella sua ultima opera, Szabó mette in scena un racconto semplice ma oltremodo lucido sulla società e sull’inesorabile caducità della vita. Dal Festival del Cinema Europeo

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Un luminare della cardiologia, che da giovane sognava di fare il cantante lirico, torna nel paese d’origine dopo il pensionamento per esercitare come medico di base. In paese si trova ad affrontare conflitti irrisolti, atteggiamenti servilistici, a scoprire come i pettegolezzi e le false notizie possano influenzare l’opinione generale, e la rete intricata di rapporti interdipendenti.

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Per la sua ultima opera, presentata al Festival europeo di Lecce in conclusione  del sentito omaggio riservatogli per tutta l’edizione (che l’ha insignito dell’Ulivo d’oro alla carriera), István Szabó sceglie di mettere in scena una solida commedia dalle tinte allegoriche e drammatiche, che nella sua cruda malinconia sembra portarsi tutto il peso di un percorso florido, vissuto e lunghissimo. Un ritratto, quello del piccolo villaggio ungherese in cui il dottore interpretato (come “sempre”) da Klaus Maria Brandauer sceglie di tornare per ribellarsi al pensionamento, che nella sua apparente e dolce leggerenza, nasconde in realtà una crudezza forte e spietata. Il microcosmo costruito da Szabó poggia infatti su di una semplicità palpabile, quasi dichiarata, dove tutti i suoi abitanti recitano uno specifico e ben “inquadrato” ruolo, a cui si appella a più riprese la cinica madre del protagonista: il “prete”, suo confidente e aiutante; la “maestra”, il suo interesse amoroso e al centro dei pettegolezzi del villaggio; il vanesio “sindaco-ex preside”, suo acceso antagonista.

Proprio la madre rappresenta la vera “anima” della storia in tal senso, espressione del “dovere” nei suoi confronti e di quello della comunità a cui il dottore si vede costretto a sottostare, che cozza con la sua apertura, il suo desiderio di spezzare il limite di quei “ruoli” predefiniti. D’altronde è lei che instilla al figlio l’idea di tornare, lei che gli ricorda il rispetto e la riconoscenza che il defunto padre si era guadagnato da tutta la comunità, e di cui lui vorrebbe ancora nutrirsi. La componente sociale della pellicola non fa quindi che legarsi a doppio filo con il conflitto esistenziale che lo perseguita da una vita. Votato alla sua professione ma continuamente attratto da altre passioni, ciò finisce col riflettersi nelle sue azioni e nei suoi rapporti personali (specie con le donne), che Szabó fa abilmente corrispondere con le sue frustrazioni per lo status quo fermo, immobile e “antico” del villaggio. Ne emerge così il dilemma attorno alla quale ruota tutta la pellicola: c’è ancora “tempo” per cambiare o a un certo punto è davvero troppo tardi per trovare il proprio posto nel mondo?

Se da una parte è chiaro, come detto, l’intento “politico”, nell’analisi sociale dei comportamenti ottusi e colmi di pregiudizio del villaggio, dall’altro questa eterna lotta tra conservatorismo contro progresso passa dai bisogni del singolo individuo contro quelli della collettività. È qui che Szabó fa elevare, molto sottilmente, l’ironica rappresentazione, non fermandosi quindi alla superficie ma riservando lati oscuri ad ogni personaggio, in primis per lo stesso protagonista. Il suo percorso sarà infatti caratterizzato dall’egoismo, dall’orgoglio, che accecano la bontà e la sincerità del suo operato, per poi sfociare in terribili e indesiderate conseguenze per chi gli sta intorno.

Quello ideato da Szabó è allora un finale sì amaro ma oltremodo coerente e “felice” nella sua cinica ambivalenza, diviso com’è tra il fallimento della collettività e la crescita interiore del protagonista, che troverà finalmente risposta ai suoi drammi esistenziali nella disillusione più profonda. Final Report sancisce così l’ultima fase di una brillante quanto importante carriera, ossia evidenziandone ancora la lucidità incredibile, il suo sguardo meticoloso e consapevole verso la società, infine l’estrema abilità dettata da una narrazione semplice e al tempo stesso acuta e intima.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3 (1 voto)
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