Firenze sotto vetro, di Pablo Benedetti e Federico Micali

Costruito come un mosaico di video di persone comuni che raccontano la quarantena, Firenze sotto vetro segue talmente tanto la retorica ripulita da #AndràTuttoBene da smascherarla involontariamente

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Il primo periodo di quarantena nazionale è iniziato il 9 marzo 2020 e non è difficile credere che già dal giorno successivo sia cominciata l’esigenza di raccontare quel periodo. L’accessibilità estrema di mezzi di ripresa quali i cellulari, affiancati da canali di distribuzione praticamente senza filtri come i social network, sembrano da subito uno scacco immane nei confronti di qualsiasi telegiornale, documentario o film. I settori più tradizionali dell’audiovisivo, però, non sono rimasti a guardare: già a giugno escono i primi prodotti documentari a tema quarantena, poi affrontato da diversi registi e sotto diverse forme, da Molecole di Andrea Segre a Fuori era primavera di Gabriele Salvatores. Per questo, Firenze sotto vetro, racconto del primo lockdown fiorentino di Pablo Benedetti e Federico Micali, appare terribilmente in ritardo sotto diversi aspetti.

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I due registi scelgono la via del social film, lanciando un appello a chiunque voglia raccontare la propria quarantena. Firenze sotto vetro è un mosaico originato dalla selezione dei 1600 video giunti a Benedetti e Micali. Una risposta entusiasta che non sorprende, visto quanto sia fondamentale il racconto di sé stessi in una contemporaneità in cui la propria persona è il brand più importante di tutti. Si potrebbe temere un’eccessiva dispersività di fronte a una tale mole di materiali, invece il documentario è estremamente coerente nel portare avanti una visione ripulita di un periodo tanto doloroso. Il nucleo traumatico di una reclusione forzata viene sommerso da inni cantati dai balconi e bambini incuranti nella loro innocente ingenuità. Non c’è spazio per le conseguenze sociali, psicologiche ed economiche della quarantena, fatta eccezione per una testimonianza pudicamente privata del video di una donna che, rinchiusa in ospedale, si dice in procinto di “perdere la testa”.

Qui, però, rientra in campo il fattore tempo. Il ritardo con il quale Firenze sotto vetro esce è un distacco che ne esaspera la retorica infantile e propagandistica da #AndràTuttoBene, smascherandone anche l’apparente mancanza di una presa di posizione. Allo stesso modo, i video presenti nel documentario assumono il valore testimoniale di una collettività frantumatasi in individui incapaci di leggere il presente (se non sotto forma di lamentela) e di confrontarsi con il dolore. Più che testimonianza di un periodo che vorrebbe passato, allora, Firenze sotto vetro diventa tristemente sintomo del suo e del nostro presente.

Regia: Pablo Benedetti e Federico Micali
Durata: 78′
Origine: Italia, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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