GERMANIA 2006 – Un Totti a caso o un Totti di meno

Da pietra dello scandalo a eccezione positiva. Come in un film di Tarantino che in un frullatore impazzito acceleri le giocate di Rivera, Totti è “una” quintessenza dell'immagine ambigua della civiltà moderna. Breve viaggio attorno alla figura del giocatore più "bello e impossibile" della storia del calcio italiano.

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Ci sono enormi ed indiscutibili meriti nell'attività quotidiana svolta da Beppe Grillo col suo famigerato blog. Un'attività di denuncia e/o monitoraggio che certo ha trovato terreno fertile in un paese dove, per dirla con parole sue, "esiste ancora, checchè se ne dica, la libertà di stampa, ma son scomparsi i giornalisti…" e che ha potuto godere anche di riconoscimenti internazionali. Ma ogni tanto travalica. Come ogni comico di razza è portato naturalmente all'eccesso, l'eccesso sudato che porta a sostituire il termine denuncia col termine invettiva. E così per esempio l'operazione Clean up Parliament! ha un senso se finalizzata alla ricerca di un senso di moralità della cosa pubblica o a ricacciare la corruzione di taluni nostri rappresentanti e dei loro protettori. Ma non se nel calderone si inseriscono poi anche Lino Jannuzzi, condannato come editore di giornale per un reato di opinione (una di quelle bazzecole la cui abolizione resta in sala d'attesa per decenni) o Sergio D'Elia che, con dodici anni di carcere per un concorso morale di cui si è assunto dall'inizio responsabilità pur dissociandosene clamorosamente da subito, rappresenta in modo mirabile la funzione riabilitativa e non repressiva che l'istituto di pena dovrebbe avere. Rendendo il giusto valore agli anni di un percorso nonviolento nell'Associazione Nessuno Tocchi Caino per l'abolizione della pena di morte nel mondo. Conquiste che Grillo e i familiari delle vittime dovrebbero considerare come miglior risarcimento possibile al dolore immenso di una perdita. Da qui a Totti il salto è molto più che acrobatico ma ci si ritrova nella stessa dimensione: il non voler toccare con mano il vissuto delle persone.

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Un Totti a caso è una di quelle maledette eccezioni che nella melma italiana di questi giorni di scandali ed inchieste avrebbe dovuto dare l'esempio standosene a casa. Per molti invece le eccezioni da considerare ed eventualmente allontanare sono l'altra faccia della medaglia, i soliti Lippi, Buffon, Cannavaro…Questo gruppo di pensiero ha voluto chiaramente far emergere i propri distinguo nei festeggiamenti per la vittoria col Ghana indossando una maglietta inequivocabile. Ma Totti i suoi distinguo li aveva già espressi chiaramente molto tempo prima e quel momento è stato un passaggio chiave della sua carriera di calciatore in azzurro. Ricordate la conferenza stampa successiva a Roma-Juventus del campionato 2004/05, quella per intenderci del ritorno all'Olimpico di Capello ed Emerson, del gol in fuorigioco di Cannavaro e del rigore fischiato per un fallo fuori area? Beh, in quell'occasione il capitano della Roma fece ciò che il buon Beppe fa molto spesso ma i calciatori (specie se in attività) mai: denunciò. L'impossibilità di giocare certe partite con arbitraggi comandati e di competere ai vertici con l'asse di potere Milan- Juve. Lippi se ne ricordò e alla prima occasione, era una partita di qualificazione al Mondiale, evitò di convocarlo per "meglio preservarlo in un momento difficile, come concordato con lui". Totti era stato squalificato in campionato per cinque giornate e si trovava a poche settimane dal matrimonio con Ilary Blasi. Ma lui quella telefonata di Lippi in realtà non l'ebbe mai ricevuta, negli ambienti a lui vicini ciò è risaputo. La cosa sfumò così. Ma resta emblematica della storia di un uomo che è anche calciatore, simbolo e personaggio.

Una storia che è stata da sempre un diaframma tra esplosione e trattenimento. La voglia di farsi accettare, giudicare, amare o odiare per quello che si è e la necessità di fronteggiare o di nascondersi dallo stereotipo da subito cucitogli addosso scientificamente. Il naturale flusso di energia vitalistica che sale e lo scudo di riservatezza eccessiva per proteggersi dai cecchini. E così come in un tao abbiamo da sempre in lui connessi il bene e il male. La giocata ad effetto, il cucchiaio o l'appoggio di prima smarcante, difficile e naturale insieme. Il fallo di reazione o la protesta con un arbitro che non lo tutela adeguatamente. Ma anche qui i conti non tornano né torneranno mai. Se gioca facile (come lo Sconcerti di Sky ieri rimproverava) non fa vedere i numeri che servono per fare la differenza, se il gesto c'è è un colpo da teatro spesso fine a sé stesso. Se fa beneficenza è per farsi pubblicità, se fa pubblicità non è un giocatore di livello internazionale perché gli mancano le stellette. "Bello e impossibile", diremmo noi. Capitano-leader dell'era mediatica racchiude in sé il paradosso del campione moderno di football, che finalizza su di sé il proprio gioco (nel senso che vedendo una squadra in cui gioca Totti si pensa inevitabilmente più a lui che al contesto) ma che fa in modo di sobbarcarsi la squadra che finisce quasi per dipendere dalla sua presenza. Figlio di una città che lo ama ma da cui si deve nascondere, una città alla cui storia sportiva si è legato sacrificando i successi conquistabili in altre sponde. Calciatore moderno e classico insieme. Fisicità e tecnica,  avanguardia e citazione. Come in un film di Tarantino che in un frullatore impazzito acceleri le giocate di Rivera, Totti è una quintessenza dell'immagine ambigua della civiltà  moderna. Da odiare, amare, rigettare, subire. Mai da ignorare. Esempio di scorrettezza (lo sputo a Poulsen) o di serietà professionale (il recupero lampo dopo il grave infortunio subito dal calciatore dell'Empoli Vanigli). C'è un Totti per ogni stagione (calcistica e non). Ora è il momento delle percentuali. Col Ghana era al 50%, al 70%, all'80%? I colpi regalati in 55 minuti (uno su tutti, la palla per Gilardino) sono monetizzabili/quantificabili? Perché il mesto Pirlo con un gol, un recupero e decine di palloni sbagliati deve essere considerato da molti commentatori il migliore in campo, a scapito del selvaggio Perrotta? Misteri della fede calcistica. Noi ci teniamo questo Totti, un altro Totti o, se si vuole, un Totti di meno 


 


 

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