Gli anni belli, di Lorenzo D’Amico de Carvalho

Il regista ha mano più leggera nel racconto degli amori estivi adolescenziali che quando si tratta di raccontare satiricamente il 1994 come l’anno di fondazione dell’italianità tossica del presente

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Che cinema si faceva in Italia nel 1994? Nell’anno dei mondiali di calcio in USA, la produzione nostrana viaggiava tra Il mostro e I mitici – Colpo gobbo a Milano, SPQR (sempre Vanzina) e Una pura formalità, Il postino e Perdiamoci di vista. È probabile che Elena (Romana Maggiora Vergano), la 16enne zecca protagonista del film di Lorenzo D’Amico de Carvalho, non sarebbe andata al cinema a vedere nessuno di questi titoli, ma dato che Gli anni belli sembra voler intraprendere il tentativo di rievocare l’immaginario tutto proprio di quell’annata, ha senso chiedersi se in qualche maniera ne voglia riattraversare anche lo sguardo cinematografico “d’epoca”. Nel 1994, per dire, esordisce anche Paolo Virzì con La bella vita, e Ferie d’Agosto, che è un film concettualmente non lontano dall’esperimento di D’Amico (che guarda forse in realtà più a Caterina va in città), lo segue due anni dopo. Tarda ancora ad entrare in scena (lo farà nel ’98) Gabriele Muccino, i cui primi racconti generazionali tra occupazioni liceali e amori in gita è impossibile non richiamare seguendo i patemi d’animo di Elena che esplodono come la tromba d’aria nella sezione finale, la più riuscita e probabilmente “sentita”, de Gli anni belli.

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Questo è perché in verità il film, scritto dal regista insieme a Anne-Riitta Ciccone (i due avevano già lavorato insieme al precedente di Ciccone, I’M – Infinita come lo spazio), più che abbandonarsi alla nostalgia vanziniana per la felicità perduta di un passato senza problemi e responsabilità, pare volerne in realtà annullare la carica neutra, come il mitologico rigore di Baggio che Elena “censura” all’intera comunità del camping turistico, e come le immagini di quell’intera finale che intravedremo solo a sprazzi.
Negare la facile gloria pop di quel periodo significa perciò farne venire fuori l’anima più oscura, la discesa in politica del berlusconismo e di tutta una certa mentalità che ha figliato comportamenti tossici del nostro presente, in un continuo gioco di riferimenti con l’oggi che fanno assomigliare l’idea del campeggio “Bella Italia” che parodizza la macchina di propaganda del biscione e relativo premier (nel personaggio di Stefano Viali) alla satira fumettistica di un Max Bunker periodo “tardo”. L’umorismo che ammicca allo spettatore contemporaneo fatica un po’ ad ingranare infatti, rischiando di far girare a corrente alternata tutta la prima parte del film, quella maggiormente attenta all’aspetto comico-farsesco dell’impianto, alleggerito da inusuali innesti nonsense come le continue apparizioni in ruoli surreali e grotteschi della coppia fuoriclasse Sinibaldi-Marcone.
Lorenzo D’Amico de Carvalho, che fino a questo esordio nella finzione ha dato il suo apporto soprattutto al mondo del documentario, come il contributo fondamentale a The Rossellinis o il bel Rua do Prior 41, ha mano più leggera quando si tratta, come detto, di raccontare le tribolazioni adolescenziali, aiutato qui dalla freschezza delle prove del cast “giovane”, la vera anima del film ben al di sopra della linea narrativa sulla crisi coniugale Cucinotta-Bruschetta.

Regia: Lorenzo D’Amico de Carvalho
Interpreti: Maria Grazia Cucinotta, Romana Maggiora Vergano, Ninni Bruschetta, Stefano Viali, Gianvincenzo Pugliese, Riccardo Sinibaldi, Beniamino Marcone, Riccardo Maria Manera, Bebo Storti, Costantino Comito, Paola Lavini, Lorenzo Attadia, Giorgia Spinelli, Ana Padrão, Francesca Ziggiotti, Gabriele Stella, Alexia Turchi
Distribuzione: Bendico
Durata: 100′
Origine: Italia/Portogallo/Serbia, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
Sending
Il voto dei lettori
1.5 (2 voti)
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