Il mio amico Massimo, di Alessandro Bencivenga

Il documentario vorrebbe svelare il lato meno conosciuto di Troisi, ma la promessa viene meno, causa anche il registro linguistico scarno e poco delineato. In sala fino al 21 dicembre

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Si è ampiamente parlato di Massimo Troisi. Della sua vita, la bontà, l’ascesa nell’olimpo degli indimenticabili volti (partenopeo, mondiale). Dal teatro poi la televisione e il cinema. La dialettica inimitabile mista ad un pessimismo alla Woody Allen; gli amori, le donne. La pagina più triste: l’epilogo. La malattia, che lo accompagnerà sul set de Il postino, e infine la morte. Proprio da quest’ultima pellicola il documentario Il mio amico Massimo diretto da Alessandro Bencivenga getta le basi del racconto che sceglie di portare avanti.

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L’imput è il racconto/testimonianza di Gerardo Ferrara. La controfigura di Troisi sul set de Il postino ci mostra il libro di poesie di Pablo Neruda (Philippe Noiret) utilizzato nel film, e la dedica che porta. Attraverso le voci narranti di Lello Arena e Cloris Brosca veniamo guidati alla scoperta del lato meno conosciuto del comico (come d’altronde ci viene promesso dai primissimi istanti).

La narrazione è coadiuvata dalle testimonianze dei colleghi Carlo Verdone, Maria Grazia Cucinotta, Ficarra e Picone, Pippo Baudo, Renzo Arbore.

Purtroppo sin dai primi momenti emergono le criticità de Il mio amico Massimo. Il documentario parte sulla base di ricostruzioni che ci raccontano la spensieratezza di un’infanzia passata per le strade di San Giorgio a Cremano, località natale di Troisi. Questi momenti di fiction appaiono fuori liogo. Lo spettatore si trova in equilibrio tra storie d’archivio, classiche interviste e pura finzione (seppure di vicende biografiche). In questo trittico linguistico è difficile mettere a fuoco un tocco autoriale, quasi inesistente, che quindi snatura il prodotto fino a lasciare stralci di nozioni storiografiche che non incalzano la commozione di certi intervistati, come Clarissa Burt. Il registro stilistico è scarno e non lascia indizi che aiutino lo spettatore a empatizzare col mondo che sta esplorando.

Sotto questo punto di vista abbiamo avuto un esempio concreto da seguire con Louis Armstrong’s Black & Blues (2022) di Sasha Jenkins, nel quale l’exploit visivo segue perfettamente quello narrativo; educando lo spettatore e motivandolo a ricordarsi del film. L’empatia che si vuole costruire vive in brevi fugaci momenti, nel finale. Le poesie del comico napoletano vengono lette sullo sfondo di immagini poetiche, ma ancora una volta troppo deboli.

Regia: Alessandro Bencivenga
Interpreti: Gerardo Ferrara, Carlo Verdone, Nino Frassica, Clarissa Burt, Maria Grazia Cucinotta, Ficarra e Picone, Pippo Baudo, Renzo Arbore

 

Distribuzione: Lucky Red
Durata: 79′
Origine: Italia, 2022

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
1.8
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Il voto dei lettori
2.04 (25 voti)
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