Incontro con Costanza Quatriglio per Il cassetto segreto

La regista ha presentato il suo nuovo documentario, Il cassetto segreto, in sala dal 18 aprile: nell’archivio si incontrano la storia intima e familiare di Costanza Quatriglio, la Storia e le storie

--------------------------------------------------------------
CORSO DI SCENEGGIATURA ONLINE DAL 6 MAGGIO

--------------------------------------------------------------

Abbiamo incontrato Costanza Quatriglio alla Casa del Cinema di Roma in occasione dell’anteprima de Il cassetto segreto, presentato lo scorso febbraio alla Berlinale nella sezione Forum. Quatriglio è direttrice artistica del Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo, è stata due volte vincitrice del Nastro d’Argento (per Terramatta e Triangle), ha esordito nel 2003 con L’isola, presentato a Cannes, per poi esplorare sia la forma di finzione che documentario. Il cassetto segreto segue e ragiona sulla biblioteca e su un’immensa mole di materiale accumulato in più di mezzo secolo di professione giornalistica del padre della regista (più di 60 000 negativi, fiumi di parole, riprese in 8mm…). Un viaggio intimo nella storia di suo padre, ma anche nella Storia del ‘900 e delle storie che in essa si sono dischiuse. Ecco che si presenta l’occasione di ragionare sull’archivio (come già fatto in occasione di DOCUSFERA), concetto fondamentale per la nostra contemporaneità. Il cassetto segreto uscirà nelle sale cinematografiche a partire dal 18 aprile, giorno in cui la regista presenterà il film al Cinema Quattro Fontane di Roma alle 20:30 e alle 21:15. La sera del 20 aprile, invece, Costanza Quatriglio parteciperà a un dibattito al Cinema Aquila successivo alla proiezione del documentario.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

 

Che tipo di viaggio emotivo rispecchia Il cassetto segreto?

Il film restituisce lo sguardo giocoso che ha coinvolto la casa. Quando mi sono ritrovata le bibliotecarie e le archiviste lì, nonostante la fatica fisica immane, ho preso con gioia il fatto che amassero ogni singolo libro che trovavano, come fosse un tesoro. Quindi questa loro gioia del fare mi ha contagiata. Ho vissuto davvero un sentimento di giocosità, di piacere, di stupore nel fare questo lavoro. C’è anche stata una riconnessione con uno sguardo infantile, che si ha quando si aprono i cassetti e si trovano le cose: questa è la parte più sincera di quello che ho vissuto. D’altronde quando si trovano 60 000 scatti fotografici, è un po’ come la caccia al tesoro. Il film cerca di restituire tutti queste strade, questi vicoli che sono confluiti nella casa.

Una biblioteca è un punto d’accesso privilegiato sulla vita di un padre, che difficilmente è conosciuta davvero dai figli. Cosa hai scoperto di tuo padre?

Conoscendo i libri ho scoperto che anche la biblioteca aveva un aspetto ludico. Non era una biblioteca statica, c’era il senso del gioco, i libri erano vissuti e c’erano connessioni divertenti. Ho scoperto che questa meticolosità era un modo di stare al mondo: la precisione della parola, la precisione dello sguardo. Ho scoperto la precisione come valore. Sono stata sempre circondata da questo, nonostante l’apparente caos.

La macchina da presa è molto mobile, fino alla centrifuga. Volevi restituire la mole ubriacante dell’archivio?

Per quanto riguarda lo stile, ho filmato queste bibliotecarie e archiviste lavorando insieme a loro, per cui fisicamente lavoravo ma non volevo perdere la possibilità di immortalare quei momenti. Ero io che filmavo e mi sono resa conto che le ho filmate esattamente come ho filmato mio padre nel 2011, un corpo che si fa macchina da presa. Sei un tutt’uno come sguardo, fino alla vertigine del momento in cui hanno finito la catalogazione, nella quale capisci che a un certo punto devi mollare. La macchina si quieta nel momento in cui la figlia e regista capisce che la casa, per forza, cambia. Il cinema può ancora intervenire nella trasformazione dello spazio e portare la casa in una dimensione altra, anche dal punto di vista simbolico rispetto alla cronaca dell’immediata. Quando ho portato il cinema ufficiale nella casa ho capito che non potevo fare altro che entrare anche io nel racconto. Altrimenti sarebbe stato solo fare la bella inquadratura. C’è quindi un doppio sguardo, uno legato all’urgenza dell’immediato e uno che si distacca.

Come hai lavorato sui tempi della fotografia?

Ho cercato di usare le fotografie cercando di restituire proprio l’urgenza che lui sentiva nel momento in cui scattava le fotografie. Non lo faceva per esigenza compositiva, ma perché aveva bisogno di quellimmagine per illustrare quell’articolo, per dare corpo alla parola. La macchina da presa era come un taccuino e di conseguenza ho usato la foto non per farle ammirare allo spettatore, ma anche per restituire un aspetto di accumulo senza limiti. Era come un Pozzo di San Patrizio. Si trovavano i negativi imbustati ovunque, anche tra le pagine dei libri, nelle borse, nelle scatole, ognuno di essi datato. Nel film, quindi, il montaggio cerca di restituire l’idea che si possa anche sorvolare, che non bisogna per forza ammirare.

Un’idea molto simile a internet…

Già dal 1947, dal primo viaggio, mio padre per ogni evento ha conservato diversi strumenti di riproduzione e quindi differenti punti di vista mediali. La fotografia, la parola, a volte delle riprese in 8mm. I libri erano già praticamente degli ipertesti, dentro ci si trovava di tutto. Era come una continua connessione. Di conseguenza, mi sono confrontata in quanto regista con un Novecento analogico, ma che allo stesso tempo veniva affrontato con uno sguardo estremamente contemporaneo. Perché il film è un viaggio nel Novecento, nei suoi costumi, nella sua memoria e nel suo immaginario che fa parte di noi. Ci sono immagini che sembrano uscire da un film di Billy Wilder, come quelle scattate nella redazione che condivideva con Sciascia. In quelle foto ci sono le mode, le donne, un intero immaginario. Lo dicevano anche le bibliotecarie e le archiviste. Loro stesse si sono stupite di questa ricchezza e sono diventate delle mediatrici tra me e la casa. Erano entrate nella sua logica e prevedevano dove poteva aver nascosto qualcosa. Ho trovato in qualche modo delle complici.

Era un archivio che era già pensato per essere storicizzato?

Era un archivio suo, di servizio e molto vissuto. Se per esempio gli serviva la foto di un asino, sapeva esattamente in che faldone andare a trovarlo, in che data aveva scattato la foto. La catalogazione era tutta nella sua mente. Quando ho cominciato a riprenderlo aveva 90 anni e non voleva essere filmato. Poi accetta il gioco ed entra nella logica. Lì cambia tutto. Per questo credo nel potere trasformativo del cinema: nel momento in cui c’è una macchina da presa, cambia tutto. Comunque, le biblioteca è un essere vivente, cambia.

Il film contiene diversi mondi che si compenetrano: la provincia e le capitali, la Sicilia e il mondo, la Storia e le storie.

Se non facessi il mestiere che faccio, probabilmente non avrei fatto tutto questo lavoro. Accogliere le archiviste, mappare la biblioteca e tutto il resto sono gesti narrativi. Man mano che si andava avanti, posizionavo gli eventi in un flusso narrativo. Mi sembrava importante raccontare alcuni luoghi perché potessero uscire dalla casa e potessero diventare di tutti. Quando sono stata al Festival di Berlino, Il cassetto segreto è stato proiettato al Delphi Palace. Uscita dal taxi, ho alzato lo sguardo e ho visto la scritta Savoy Hotel: lo aveva raccontato mio padre nel 1949 e la foto era stata scattata proprio da dove sarebbe stato poi proiettato il film. È stata quindi un’occasione di raccontare un mondo racchiuso in quattro mura, però anche la possibilità di uscire. Per questo poi ci sono i turisti, ci tenevo tanto a raccontarli: è lo sguardo degli Altri. Mio padre scriveva libri su coloro che scoprivano per esempio la Sicilia. È stato oltretutto narratore del grande cinema in Sicilia. Mio padre ha raccontato i set di Rossellini e de La terra trema. Vedere foto di Visconti con Rosi e Zeffirelli che fanno da assistenti è impressionante. Per esempio, un giorno ha raccontato della famosa conferenza stampa nella quale venne chiesto ad Anna Magnani del distacco con Rossellini. Lei comincia a parlare col suo cane, a dire che gli rimaneva solo lui, quindi glissando. E lui ha scritto: “Il collega capì e si passò ad altri argomenti“.

Ora che le immagini non sono più segrete, sono cambiate?

Il titolo Il cassetto segreto si riferisce a quando, da piccola, aprii un cassetto tirando fuori un libro di poesie d’amore e lui mi disse: “Hai proprio aperto il cassetto segreto“. Quindi nasce prima il titolo del film. La segretezza sta nel sentimento più che una segretezza assoluta. Le immagini sono cambiate perché è cambiato il modo di vederle. All’inizio mi stupivo, ora è subentrata una sorta di consuetudine, che è pure normale. Poi ho giocato ad aggiungere altri elementi mediali a ciò che era di mio padre, con accostamenti e sonorizzazioni. Si è instaurato un dialogo attraverso lo strumento del fare.

Qual è il limite, se c’è, del giocare con le immagini?

Prima la vita e poi il film. Oggi più che mai c’è necessità di ragionare su come utilizzare il nostro patrimonio di immagini. Quando parliamo del loro riutilizzo non dobbiamo includere solamente le immagini del passato, ma anche quelle che stiamo producendo in questo momento. Credo ci sia la necessità di una visione critica delle immagini, di rielaborarle e di non essere passivi davanti a esse. Pensiamo alle immagini della guerra, che arrivano da fronti vari: cosa resta se non un profondo anonimato? Una città vale l’altra, vita e morte si sfumano. Abbiamo bisogno, e ci arriveremo più avanti perché non credo che ne siamo attualmente in grado, di uno sguardo critico.

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array

    Scrivi un commento

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *