Incontro con Enrico Ghezzi

Incontro degli allievi della scuola di Sentieri Selvaggi con Enrico Ghezzi: confessioni di una mente pericolosa.

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Dov'è finito il cinema? Difficile e tortuoso sentiero attraverso il quale la geniale e labirintica mente di Enrico Ghezzi si perde per poi ritrovarsi un istante dopo; sotto l'invito di Massimo Causo, Federico Chiacchieri e anche dei perplessi e curiosi interrogativi rivolti dalla giovane platea, il dibattito sul tema dello sviluppo e dello sfondamento da parte di quest'ultimo dei limiti e delle certezze consolidate in passato è stato condotto da Ghezzi con la sua afffascinante e caratteristica ars poetica che ha affabulato e al contempo fatto vacillare gli spettatori, ponendoli in una condizione di continua perdita delle proprie convinzioni per esplorare nuove prospettive attraverso cui osservare non solo il "fatto cinema", ma l'intero flusso storico del quale siamo parte determinante. L'attesa, si sa, aumenta il desiderio ed è proprio in merito a ciò che gli animi del pubblico continuavano ad ardere sempre più impetuosamente in tutta la loro apparente compostezza. Salito in cattedra senza proferir parola alcuna, l'ospite venne percepito come una sorta di apparizione mistica, un austero illuminato disceso fra i mediocri;è bastato, tuttavia, un piccolo gesto insignificante come la caduta di una pasticca e la spasmodica ricerca per restituirgli

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tutta la sua rassicurante umanità, eccezionale nella sua imperfezione.
Ghezzi risale immediatamente al cuore del problema: il peso del cinema. La sua eclettica mente vaga avanti e indietro lungo il continuum temporale parlando di Chaplin e Keaton per passare poi a Kubrick e terminare con il fenomeno Avatar di James Cameron.
Gli allievi, Massimo Causo, Federico Chiacchieri e Carlo Valeri pendono tutti dalle labbra di questo filosofo incantatore inabissandosi con lui (e con le immagini di The Wild Blue Yonder di Werner Herzog  proiettate sullo schermo) nelle enigmatiche incognite sul cinema e sull'oltre cinema, nonchè morte stessa di quest'ultimo. Godard come pumto di riferimento per spaziare da un capo all'altro, non solo della storia, ma anche degli interrogativi irrisolti che essa stessa ci ha tramandato. Ghezzi si conceda lasciando il suo pubblico non con delle  comode risposte, ma con un bagaglio di tre tonnellate e mezzo di dubbi in più rispetto a prima, ma in fondo se ci fossero solo certezze non solo il cinema, ma l'affascinante mondo che ci circonda nella sua interezza sarebbe privo di qualsiasi interesse ad essere vissuto.

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