La città delle donne, di Federico Fellini

Un film prigioniero dei propri sogni e accende il set per mettere in moto un repertorio visivo dove i momenti riusciti sono completamente isolati. Stasera, ore 21.10, Rai Movie

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C’è poco da girarci intorno. La città delle donne forse resta il peggior film di Fellini e accende quasi controvoglia la macchina-set, si rimettono in moto sfilate, visioni, fantasie. Marcello di La dolce vita si reincarna in Snaporaz. Il ‘grande sonno’ è quello del cinema che si attiva dal momento in cui il protagonista incontra un’affascinante donna sul treno, decide di seguirla e si ritrova nella città del titolo.

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Può essere una specie di Mago di Oz al maschile in versione horror. Il vento e la nebbia nascondono e poi mostrano improvvise rivelazioni, i miracoli di un cinema fantastico in cui lo sguardo di Fellini è sempre presente ad ogni visione. Le donne che assediano Snaporaz somigliano agli zombie. C’è l’assedio, l’incubo, il piacere, il desiderio. Appaiono i fantasmi di Laurel e Hardy, Fred Astaire (Mastroianni si mette a ballare come lui e anticipa i passi di Ginger e Fred). Si ricicla il viaggio onirico di 8 1/2, la spiaggia del finale di La dolce vita. La città delle donne è un cinema che procede per segmenti, che sono per il cineasta la continuità tra il passato e il futuro. Tra questi quello più attraente è nella scena notturna con le auto sul brano The Visitors di Gino Soccio che richiama i fari delle moto di Roma. Uno squarcio geniale e isolato in un vecchio progetto riadattato dallo stesso cineasta con Bernardino Zapponi e con la collaborazione di Brunello Rondi. La nostalgia (del passato, del cinema) non è più contagiosa ma artificiale, come è evidente in tutta la sequenza nel castello di Katzone, il santone dell’erotismo, interpretato da Ettore Manni morto tragicamente durante le riprese. La festa fa parte di un enorme e dichiarato luna-park, un carnevale della vita che si vorrebbe che durasse per sempre. La crisi di Guido Anselmi di 8 1/2 diventa probabilmente quella dichiarata dallo stesso Fellini in La città delle donne. Qui però l’opera del cineasta rischia un’involontaria (o forse anche volontaria) autocelebrazione in cui già si costruisce prematuramente il proprio museo. Certo, c’è la paura della perdita del piacere, della morte, evidente nelle voci delle tombe. Ma è un film che si smarrisce quasi per puro gioco estetizzante, che vuole volare alto ma mai come stavolta resta prigioniero dei propri sogni.

Presentato fuori concorso al 33° Festival di Cannes, è stato criticato dai movimenti femministi all’epoca della sua uscita. In realtà, più che quello che mostra, La città delle donne è la sintesi di un cinema sull’immaterialità. Il risveglio finale ne è una dimostrazione. Un punto di arrivo. O anche la ripartenza per un nuovo viaggio. Quello in nave, del successivo e molto più riuscito E la nave va.

 

Regia: Federico Fellini
Interpreti: Marcello Mastroianni, Ettore Manni, Anna Prucnal, Bernice Stegers, Donatella Damiani, Jole Silvani
Durata: 135′
Origine: Italia/Francia, 1980
Genere: grottesco

 

 

 

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.63 (8 voti)
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