La programmazione di Fuori Orario dal 17 al 23 marzo

Il ciclo ‘F for Femmine’ con Mariuccia Ciotta, Sara Fgaier, D’Anolfi-Parenti e Claire Denis. Versioni restaurate di I bambini ci guardano, Zero in condotta e Green, Green Grass of Home. Da stanotte.

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Domenica 17 marzo dalle 2.05 alle 6.00

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#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

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Fuori Orario cose (mai) viste                                                     

di Ghezzi Baglivi Di Pace Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

presenta

F FOR FEMMINE 4 – Aggettivo donna

a cura di Fulvio Baglivi

EVA RINATA – INCONTRO CON MARIUCCIA CIOTTA

(Italia, 2017, col., dur., 10’)

Un programma di: Fulvio Baglivi

Con: Mariuccia Ciotta

Mariuccia Ciotta è una delle figure principali della critica cinematografica e del giornalismo italiano, è stata un faro della sezione Visioni de Il manifesto, quotidiano che ha anche diretto, autrice di libri fondamentali come Walt Disney Prima stella a sinistra e Spettri di Clint L’America del mito nell’opera di Eastwood (Baldini e Castoldi 2023, con Roberto Silvestri). In questa intervista Mariuccia Ciotta ricorda l’avventura della trasmissione I mille volti di Eva, realizzata per la Rai nel 1978.

I MILLE VOLTI DI EVA – IMMAGINI FEMMINILI NEL CINEMA  (puntate 1 e 2)

(Italia, 1978, b/n, dur., 92’)

Regia: Rosalia Polizzi

Un programma di: Tilde Capomazza e Rosalia Polizzi con la collaborazione di Ada Acquaviva

Testi: Mariuccia Ciotta

Prima puntata – GARBO E PERFIDIA

Seconda puntata – LE RAGAZZE DEL SECOLO

Andata in onda tra il 28 agosto e il 27 settembre del 1978 e poi mai più riproposta, I mille volti di Eva fu una trasmissione fatta da donne che ripensa i ruoli e le immagini che hanno segnato il femminile nella storia del cinema. Divisa in cinque puntate, la trasmissione ripercorre la storia del cinema focalizzandosi sui ruoli, spesso stereotipati, assegnati alle donne soffermandosi sulle figure che hanno rotto gli schemi e hanno portato una nuova femminilità. In questa notte presentiamo le prime due puntate, introdotte di un intervento di Mariuccia Ciotta che ne è stata autrice.

IL CRATERE

(Italia, 2017, col., dur., 93’)

Regia: Luca Bellino, Silvia Luzi

Con: Sharon Caroccia, Rosario Caroccia

Primo lungometraggio di “finzione” della coppia di cineasti già autori di diversi documentari, Il cratere è la storia della famiglia Caroccia con il padre Rosario, ambulante e giostraio, che vede nella figlia Sharon, giovanissima aspirante cantante, la possibilità di un riscatto economico e sociale.

Ritratto di un’adolescente sospesa tra paure e desideri, Sharon, condizionata da una cultura atavica che non riusciamo a superare.

 

Venerdì 22 marzo dalle 1.40 alle 6.00

LE PAROLE DEI BAMBINI ovvero CRONACA DELL’INFANZIA

a cura di Lorenzo Esposito

I BAMBINI CI GUARDANO                    VERSIONE RESTAURATA               

(Id., Italia, 1942/43, b/n, dur., 80’)

Regia: Vittorio De Sica

Con: Luciano De Ambrosis, Emilio Cigoli, Isa Pola, Adriano Rimoldi, Ernesto Calindri

In una famiglia borghese di Roma, Dina, moglie di Andrea e madre del piccolo Pricò, decide di abbandonare il tetto coniugale per scappare con l’amante. Andrea, sorpreso per questa fuga inaspettata, chiede aiuto ai parenti per accudire il figlio. Sballottato da un luogo all’altro, Pricò finisce per ammalarsi gravemente. La malattia del bambino induce Dina a tornare indietro e a chiedere di essere riaccolta. Il marito accetta il ritorno della moglie solo grazie alle insistenze del piccolo. Poco

per volta in famiglia le cose migliorano: il piccolo guarisce, Dina e Andrea sembrano riscoprire la serenità coniugale. Tuttavia, durante una vacanza “madre-figlio” al mare, l’amante di Dina si ripresenta. Pricò, scoperto per caso il ritorno di fiamma della coppia, tenta di scappare a Roma dal papà. La paura per la fuga del bambino non ferma la donna dall’intenzione di filare via di nuovo con il compagno. Per Andrea il colpo è tremendo: sistemato Pricò in un istituto, si uccide. A Dina non servirà un mesto ritorno dal figlio per riacquistare la sua fiducia. Sarà lui, questa volta, a rifiutarla e a preferirle la vita in un convitto. Gli occhi di Pricò sono gli stessi di Edmund, il bambino che vaga per le macerie di Berlino in Germania anno zero di Rossellini del 1948.

I bambini ci guardano, tratto dal romanzo Pricò di Cesare Giulio Viola, segnò la prima collaborazione di De Sica con Cesare Zavattini e il primo tassello di una trilogia di capolavori sull’infanzia che comprende Sciuscià e Ladri di biciclette. Fu anche il primo film in cui De Sica non comparve come attore, una scelta compiuta per marcare il distacco dalla sua precedente carriera di divo del cinema dei telefoni bianchi. Il film di De Sica fu realizzato tra il 1942 e il 1943, ma uscì solo l’anno dopo, in piena guerra mondiale. È unanimemente considerato, con Ossessione di Visconti e Quattro passi tra le nuvole di Blasetti, uno dei precursori del Neorealismo a cui De Sica aggiunge tuttavia una personalissima vena di surrealismo (soprattutto nelle sequenze del sogno) che verrà confermata in Sciuscià.

GREEN, GREEN GRASS OF HOME         

(Tsai na ho-pang ching-tsao-ching , Taiwan, 1982, col.,  dur. 87’, v.o. sott. it.,)

Regia: Hou Hsiao-hsien

Con: Kenny Bee, Chang Ling,  Meifeng Chen, Ling Jiang (Xian-Wang) 

Film restaurato da Cinematek (Cinémathèque Royale de Belgique)

La maestra di un villaggio si trasferisce in Indonesia per seguire suo marito e si fa sostituire dal fratello, Ta-nien, originario di Taipei. Il nuovo maestro fa la conoscenza dei bambini della sua classe, e in particolare dei “tre moschettieri”. Attratto dalla sua collega Chen Su-Yun e dall’atmosfera della campagna, dimentica le seduzioni della vita cittadina e scopre una nuova vita.

Col suo titolo ripreso da una canzone famosa, è la terza “commedia romantica” del regista, dopo Cute Girl e Cheerful Wind del 1981.  Vi  ritroviamo la star di Hong Kong Kenny Bee, ma la maggior parte degli attori lavorano per la prima volta col regista. Si può seguire da un film all’altro l’affascinante progredire dello stile che sarà compiutamente  proprio del regista nei suoi film successivi.  I bambini sono coprotagonisti e alcuni di loro furono premiati al Golden Horse Film Festival, dove il film ebbe  la nomination anche come miglior film e migliore regia. Dallo stile in  parte improvvisato, girata quasi completamente in campagna, la storia d’amore “classica” lascia il posto alla cronaca quotidiana dell’infanzia, non senza  variazioni comiche che possono far pensare ai film di Ozu degli anni Trenta.

“Tutti i miei ricordi di gioventù sono ricordi di campi, di alberi di cocco, di treni… Questi ricordi contano molto per me e sarebbe impossibile non ritrovarli nei miei film”. (Hou Hsia-hsien)

ZÉRO DE CONDUITE (ZERO IN CONDOTTA)                          

(Francia, 1933, b/n, dur., 47’, v. o. sott., it.)

Regia: Jean Vigo

Fotografia: Boris Kaufman

Con: Jean Dasté, Robert Le Flon, du Verron, Delphin, Louis Lefebvre, Gilbert Pruchon, Coco Goldstein, Gérard de Bédarieux, Léon Larive

Il film racconta la rivolta dei ragazzi all’interno di un collegio maschile. “L’empatia di Vigo verso i piccoli insorti è acuita dalla sfrontata, esilarante descrizione dell’imbecillità delle autorità scolastiche. Indiscutibilmente uno dei più grandi film sull’infanzia, venne messo al bando dalla censura francese e non ha avuto una proiezione pubblica fino al 1945”. (Michael Almereyda)

“I capolavori consacrati all’infanzia nella letteratura e nel cinema si contano sulle dita di una mano (…) Come in tutte le opere prime, c’è in Zéro de conduite un aspetto sperimentale, idee di ogni tipo più o meno bene integrate nella sceneggiatura e girate con l’aria di dire “proviamo anche questo per vedere che effetto fa”. Penso, ad esempio, alla festa del collegio in cui su una tribuna, che è nello stesso tempo un tirassegno di fiera, alcuni manichini sono messi in mezzo a personaggi reali. Cosa che poteva fare René Clair nello stesso periodo, un’idea comunque datata. Ma per un’idea intellettualistica di questo tipo, quante superbe invenzioni si possono contare, comiche, poetiche o strazianti, tutte comunque di una grande forza visiva e di una crudezza ancora ineguagliata! (…) Qual era il segreto di Jean Vigo? É probabile che vivesse più intensamente della media della gente. Si sa che era già malato mentre girava i suoi due film e anche che ha girato certe sequenze di Zéro de conduite steso su un letto di campo. Per questo sembra plausibile che Vigo, sapendosi condannato, sia stato stimolato da questa scadenza, da questo tempo contato. Dietro la cinepresa doveva trovarsi nello stato d’animo di cui parla Ingmar Bergman: “Bisogna girare ogni film come se fosse l’ultimo”. (François Truffaut, Les Films de ma vie, 1975)

 

Sabato 23 marzo dalle 2.30 alle 7.00

F FOR FEMMINE 5 – Terramadre

a cura di Fulvio Baglivi 

GLI ANNI                                                

(Id., Italia/Francia, colore e b/n, 2018, dur., 20’)

Di: Sara Fgaier

Realizzato da Dugong Film nell’ambito del progetto Re-Framing Home Movies, sostenuto dalla Cineteca Sarda, Gli anni mescola immagini di una Sardegna fuori dal tempo: filmati di famiglia, frammenti di vita e luoghi riemergono mutati e mutanti sotto una nuova luce. Fuori campo la voce di una donna (Sara Fgaier stessa) riprende pezzi dell’omonimo libro della scrittrice Annie Ernaux dando vita a uno scambio tra archivio e parola, immagini e scrittura che diventano scoperta di sé.

HIGH LIFE – BELLA VITA           

(High Life, Francia/Germania/Regno Unito/Polonia/Usa, 2018, col, dur. 108’ v. o. sott., it.)

Regia: Claire Denis

Con: Juliette Binoche, Robert Pattinson, Mia Goth, André Benjamin, Agata Buzek, Lars Eidinger, Ewan Mitchell, Victor Banerjee

Presentato al Festival Internazionale del Film di Toronto

Un gruppo di criminali condannati a morte viene inviato in missione nello spazio per estrarre energia alternativa da un buco nero. Ogni prigioniero viene trattato come una cavia dalla dottoressa Dibs per i suoi esperimenti. La dottoressa è fissata con il tentativo di creare un bambino nello spazio attraverso l’inseminazione artificiale, ma non ci è ancora riuscita. Dibs trova il modo di far nascere una bambina, ma ormai l’equipaggio è fuori controllo e la nave precipita nel buco nero. Rimane un solo membro, Monte, che chiama la bambina Willow. Monte cresce la bambina fino a quando è adolescente e insieme decidono di fare un tentativo estremo per allontanarsi dal buco nero.

“Quando ho fatto le ricerche preliminari ho trovato la luce gialla inventata da Olufar e questa luce gialla per me era la fine. Come l’istante della singolarità, ma per me non c’era un’altra fine. Mai. Per me c’è speranza in questo finale. Non è un finale triste. “Vogliamo? Sì.” L’inizio e il finale, voglio dire, se non ti aggrappi ad alcune cose, fisicamente, mentre scrivi una sceneggiatura, come alcuni temi… Come la fuckbox, per esempio, è qualcosa che conoscevo, e il giardino, il mangiare la fragola, cose del genere. Puoi fare un film in questo modo, sai? Perché un giardino è così importante quando sei così lontano dalla Terra e non c’è ritorno, capisci? Per me il giardino è sempre stato un obbligo. Non so perché. Ora continuo a dire che sì, è per via di Andrei Tarkovsky. Ma in un certo senso, mi piace anche il giardinaggio e ho pensato che, se c’è un giardino, allora il film andrà bene”. (Claire Denis)

SPIRA MIRABILIS

(Italia, 2016, col., dur., 122’)

Regia: Massimo D’Anolfi, Martina Parenti

Con: Marina Vlady, Leola One Feather, Moses Brings Plenty, Felix Rohner, Sabiona Schȁrer, Shin Kubota

In concorso a Venezia nel 2016.

Il fuoco: Leola One Feather e Moses Brings Plenty, una donna sacra e un capo spirituale, e la loro piccola comunità di nativi americani Iakota da secoli resistenti a una società che li vuole annientare. La terra: le statue del Duomo di Milano sottoposte a una continua rigenerazione per rimediare all’erosione del tempo. L’aria: Felix Rohner e Sabina Schärer, musicisti “alchimisti” svizzeri inventori di strumenti/sculture in metallo le cui sonorità possono curare e salvare. L’acqua: Shin Kubota, uno scienziato-cantante giapponese che studia la Turritopsis nutricula, una piccola medusa “immortale”, capace com’è di rigenerarsi fino a dodici volte. L’etere: Marina Vlady, che dentro un cinema fantasma ci accompagna nel viaggio narrando L’immortale di Borges. Sono i protagonisti di Spira Mirabilis, girato in diversi luoghi del mondo, una sinfonia visiva che racconta l’immortalità.

“Venuti a conoscenza di Shin Kubota e dei suoi studi sulla medusa immortale abbiamo subito capito che questo era il punto di partenza del nostro film: un uomo alle prese con l’immortalità. Nei nostri precedenti lavori abbiamo indagato il rapporto fra l’uomo e le istituzioni, in Spira Mirabilis ci interessava invece realizzare un film in cui l’uomo si confrontasse con i propri limiti e le proprie aspirazioni. (…) Se l’immortalità è un’utopia, qui viene declinata in vario modo attraverso la rigenerazione, la resistenza, attraverso l’idea che l’immortalità possa tradursi nel lasciare nel tempo qualcosa di migliore dopo il nostro passaggio”. (Massimo D’Anolfi, Martina Parenti)

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