La programmazione di Fuori Orario dal 2 all’8 gennaio

Su Fuori Orario da stanotte a sabato 8, No Home Movie di Akerman in prima tv. E poi Laurie Anderson, Glauber Rocha, Paulo Rocha, Gomes Sokurov e 2 puntate di Nella terra di Don Chisciotte di Welles

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Domenica 2 gennaio dalle 1.25 alle 6.00

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Fuori Orario cose (mai) viste

di Ghezzi Baglivi Di Pace Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

presenta

IO È UN ALTRO

autoritratti, memorie, sdoppiamenti (8)

a cura di Fulvio Baglivi Lorenzo Esposito, Simona Fina, Roberto Turigliatto

NO HOME MOVIE                  PRIMA VISIONE TV

(Francia/Belgio, 2015, col., dur., 113’, v.o. sott. it.,)

Regia, sceneggiatura, fotografia: Chantal Akerman

Con: Chantal Akerman, Natalia Akerman

Il film, presentato in Concorso al Locarno Film Festival, è l’ultimo film della grande cineasta belga scomparsa solo due mesi dopo la prima al festival svizzero.

Il film è un ritratto a due facce in cui la Akerman filma gli ultimi giorni della sua anziana madre sopravvissuta a Auschwitz e già a lungo presenza ossessiva nei suoi film (da News from Home a bas). In una scena in particolare le due donne si ritrovano in cucina e, durante il commovente dialogo, pelano patate (chiaro riferimento al capolavoro di Akerman Jeann Dielman). Il resto del film si snoda attraverso lo schermo del computer in cui avvengono le chiamate skype tra le due donne da anonime stanze d’hotel dove la Akerman si ferma durante i suoi viaggi e lunghe carrellate nel deserto israeliano.

“Ho avuto la sensazione per molto tempo – mia madre è stata prigioniera nei campi e non ha mai detto una parola al riguardo – che io dovessi parlare per lei, il che è assurdo perché non si può parlare per qualcun altro. Così ero ossessionata da questo, dalla sua vita. Ero ossessionata anche dal modo in cui quando è uscita dai campi ha trasformato la sua casa in una prigione. Questo è Jeanne Dielman. Ora posso raccontarlo, ma non ne ero consapevole quando l’ho fatto. Così ho pensato che ero io che dovevo fare, perché lei non diceva niente, che ero io che andavo a testimoniare al posto suo”.

(D. Kasman, Chantal Akerman discusses No Home Movie, Agosto, 2015).

HEART OF A DOG                   

(USA, 2015, col., dur., 75’, v.o. sott. it.)

Regia, produzione, musica: Laurie Anderson

Fotografia: Laurie Anderson, Toshiaki Ozawa, Joshua Zucker Pluda

Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia del 2015

Film-saggio autobiografico, Heart of a Dog è un racconto personale dell’artista che esplora i temi dell’amore, della morte e del linguaggio. La voce della regista è una presenza costante mentre, in un canto senza soluzione di continuità, si snodano, come in una corrente, la e storie del suo cane Lolabelle e di sua madre, le fantasie dell’infanzia, oltre a teorie filosofiche e politiche. Il linguaggio visivo spazia tra animazione, film in  8 mm. Dell’infanzia dell’artista, immagini stratificate e grafica in movimento ad alta velocità. La musica,  firmata dalla regista, percorre tutto il film con brani per violino solista, quartetti, canzoni ed elettronica ambient.

“Come artista ho fatto musica, dipinti, installazioni, scultura e teatro. Ma sono soprattutto una narratrice. Fare Heart of a Dog mi ha permesso di tradurre la mia opera in una forma che non avevo mai utilizzato in  questo modo. Benché io abbia spesso usato immagini su schermi multipli in una performance multimediali, questa è la prima volta che cerco di collegare le storie in un film narrativo a struttura libera., ricorrendo a immagini e animazione per finire le frasi. La questione al centro di Heart of a Dog è: che cosa sono le storie? Come sono fatte e come sono raccontate? Dall’inizio alla fine mi ha guidato lo spirito di David Foster Wallace, il cui “ogni storia d’amore è una storia di fantasmi” è stato il mio mantra. Altre guide sono state per me Wittgenstein e Kierkegaard”. (Laurie Anderson, dal catalogo della Mostra del Cinema di Venezia)

 

Venerdì 7 gennaio dalle 1.10 alle 6.00

IO È UN ALTRO

autoritratti, memorie, sdoppiamenti (9)

a cura di Fulvio Baglivi, Lorenzo Esposito, Simona Fina, Roberto Turigliatto

SE FOSSI UN LADRO…RUBEREI           PRIMA VISIONE TV

(Se eu fosse ladrão… roubava, Portogallo, 2013, b/n e col., dur., 87′, v.o. sottotitoli italiani)

Regia e produzione: Paulo Rocha

Sceneggiatura: Paulo Rocha, Régina Guimarães, João Viana

Fotografia: Acácio de Almeida

Con: Luís Miguel Cintra, Isabel Ruth

Presentato al Locarno Film Festival nel 2013

Negli ultimi anni della sua vita Paulo Rocha aveva immaginato una sorta di “ultimo film”, che portasse a compimento la sua opera. Basata sulle memorie della vita del padre che era emigrato in Brasile, ambientato agli inizi del secolo a Porto e nel Furadouro, era anche un modo di tornare sui luoghi della sua infanzia, dove aveva girato Mudar de vida: il   mondo contadino ancestrale, la vibrazione dei corpi nel paesaggio, il passaggio delle generazioni, il ciclo della nascita e della morte, la tensione escatologica verso un altro mondo.  Vi aveva riunito i suoi attori (da Isabel Ruth a Luís Miguel Cintra, e la piu giovane Joana Barcia), insieme all’équipe degli ultimi film, da Rio do ouro a Vanitas, e la fotografia di Acácio de Almeida. Terminato poco prima della morte del suo autore il film è un vero miracolo, una grande riuscita artistica, molto più che una ricapitolazione di tutto il suo cinema: piuttosto una nuova metamorfosi cosmica della sua mitologia poetica. Jorge Silva Melo lo definisce “un immenso addio”, “un film estremamente commovente, doloroso, realizzato alla frontiera della morte, filmato in modo magistrale”.  Della sceneggiatura Rocha aveva girato solo una parte (con sequenze stupende, tra cui quelle con Isabel Ruth sulla stessa spiaggia di Mudar de vida che sembrano scaturire da un’esperienza spiritica). Ben presto nella sua mente si era fatta avanti l’idea di montare insieme al nuovo girato estratti dai suoi film precedenti secondo un’idea di rimontaggio operata sul corpo dei propri stessi film. Questo film magnifico ed unico riunisce due pulsioni fondamentali del regista: la poetica visionaria del narratore, con le sue  infinite storie popolate dai fantasmi e dalle memorie del luogo,  e il “collage” modernista, plastico e pitturale dell’ artista d’avanguardia(Roberto Turigliatto) 

CANCER                                               

(Id. Brasile/Italia, 1968-72, b/n, dur., 85’)

Regia: Glauber Rocha

Con: Odete Lara, Hugo Carvana

Tre personaggi discutono della violenza psicologica, sessuale e razziale in 27 piani sequenza. Improvvisato nel 1968, girato in 4 giorni e montato 4 anni dopo per la RAI nella serie Programmi Sperimentali per la TV.

NELLA TERRA DI DON CHISCIOTTE  (8° e 9° puntata)

(edizione 2005 curata e voluta da Enrico Ghezzi e Ciro Giorgini) 

(Italia, 1961, b/n, dur., 49’)

Regia: Orson Welles

8° puntata: Tempo di flamenco, dur., 27’

9° puntata: Roma e Oriente in Spagnadur., 22’

In vista del film che progettava di realizzare su Don Chisciotte, Welles fece un lungo viaggio in Spagna insieme alla moglie Paola Mori e alla figlia Beatrice. Girò per la RAI una sorta di diario in nove parti. Non avendo registrato alcun commento, consegnò alla RAI solo i negativi, corredati di una colonna sonora fatta di musiche e rumori. LA RAI mandò in onda le nove puntate aggiungendo un commento fuori campo. Questa versione fu riscoperta da Marco Melani e Enrico Ghezzi e mandata in onda a Fuori Orario. Nel 2005 Ciro Giorgini e Enrico Ghezzi ripristinarono il materiale originali, ristampando il film da negativo ed eliminando il commento aggiunto nel 1962. Questa nuova edizione mandata in onda su Fuori Orario è stata presentata in prima internazionale al Festival di Locarno nella Retrospettiva dedicata a Orson Welles.

 

Sabato 8 gennaio dalle 1.45 alle 6.30

Fuori Orario cose (mai) viste

INVENZIONI A DUE VOCI

CORRESPONDÊNCIAS                  

(Id., Portogallo, 2016, col., dur., 146’, v.o. sott.italiano)

Sceneggiatura e regia: Rita Azevedo Gomes

Interpreti: Rita Durão, Luís Miguel Cintra, Mário Barroso, Tânia Dinis, Anna Leppänen, Pierre Léon, Francisco Nascimento, Luna Picoli-Truffaut, Hugo Tourita, Eva Truffaut

Presentato in concorso al Festival di Locarno nel 2016

Il film trae ispirazione dalla corrispondenza epistolare tra due poeti portoghesi, considerati fra i più importanti letterati lusitani del Novecento: Sophia de Mello Breyner Andresen e Jorge de Sena, all’epoca in esilio in California (1957-1978). Decine di lettere in cui emerge il profondo legame di amicizia che unisce i due poeti, un laccio affettivo che va oltre l’interesse comune per la poesia. Una corrispondenza che si protrasse per vent’anni, tracciando il racconto di un’amicizia. Nelle missive i due poeti affrontano la situazione politica portoghese (alcune lettere furono sequestrate dalla Polícia Internacional e de Defesa do Estado, PIDE), parlano di letteratura, del 25 Aprile e del silenzio mantenuto da tanti intellettuali portoghesi. In quegli scritti vi è anche spazio per esprimere il proprio disagio esistenziale, o lo sfogo causato dall’ingiusta attribuzione di premi letterari ad altri colleghi, rappresentano la testimonianza di quanto fosse importante, per entrambi, la lotta per la libertà, l’impegno civile e politico (tanto nella vita quotidiana quanto nell’opera poetica e letteraria), in un paese duramente oppresso dal regime di un uomo mite e poco carismatico come António de Oliveira Salazar. L’assenza di un leader forte contribuì sensibilmente a delegare agli apparati di controllo la repressione di qualsiasi forma di dissenso al regime. La Polícia Internacional e de Defesa do Estado (PIDE), fu senza subbio il pilastro principale dell’Estado Novo.

Jorge de Sena fu costretto a un lungo esilio proprio a causa della sua dura opposizione al regime di Salazar. Si trasferì prima in Brasile e successivamente negli Stati Uniti, intraprendendo una brillante carriera accademica. Non fece mai ritorno nel suo paese di origine. Sophia de Mello è unanimemente considerata la più grande e più amata poetessa portoghese della seconda metà del Novecento, candidata al Premio Nobel per la Letteratura nel 2002. L’oceano Atlantico (l’acqua, elemento così centrale nella poesia della Andresen e unico orizzonte verso il quale tanta lirica portoghese ha teso il suo sguardo) divide la prossimità fisica tra i due amici, ma la distanza non estingue il sentimento che li unisce, le profonde affinità politiche e intellettuali, la consapevolezza dell’importanza della poesia e del ruolo del poeta, testimone e cantore del suo tempo. In Correspondências le lettere e i poemi costruiscono un dialogo tra la saudade e il desiderio di colmare la distanza vissuta durante lunghi anni. Gli scritti emergono come ‘testi vivi’ che attraversano corpi, luoghi, lingue, paesi e immagini, in un film in cui storia e politica, passato e futuro si misturano in assoluta libertà. Il cinema di Rita Azevedo Gomes è, fin dal suo esordio, uno ‘spazio’ misterioso, intimo, atemporale e discontinuo. La contaminazione del cinema con la musica, la pittura e la poesia è possibile e incessante, come la trama dell’immagine non è mai eterogenea in questo film, dalla risoluzione perfetta del digitale alla irregolarità del super 8, è un cinema di immagini fragili come il mondo. Frágil como o mundo, secondo lungometraggio della Gomes, è una celebre poesia della Andersen, che trova voce anche in Correspondências, stabilendo, tra la Andresen e la Gomes, quel legame misterioso che solo la poesia intuisce e suggerisce per frammenti.

“All’inizio pensai di realizzare un documentario, ma il film ha assunto una struttura diversa e si è trasformato in una sorta di film-saggio in cui voci diverse, di amici e attori, portoghesi e stranieri -come Eva Truffaut, Pierre Léon, Rita Durão, Luís Miguel Cintra o Anna Leppänen – leggono il carteggio tra i due poeti, permettendo che la vita e i luoghi d’elezione di entrambi possano scorrere davanti ai nostri occhi.” (Rita Azevedo Gomes) 

ELEGIA DELLA VITA – ROSTROPOVICH, VISHNEVSKAYA

(Elegija zhizni: Rostropovic, Vishnevskaja, Russia 2006, col., dur. 101′, v. o. sott. it.,)

Regia: Aleksandr Sokurov

Con: Galina Vishnevskaya,  Mstislav Rostropovich

Vita di Galina Vishnevskaya, soprano, leggenda dell’opera a livello mondiale, e del marito Mstislav Rostropovich, grande musicista celebre anche per le sue battaglie in favore di un’arte senza frontiere e libera di esprimersi.

Sokurov svela, tramite un flusso di note e parole, conversazioni confidenziali e uscite pubbliche, le sorprendenti personalità di due grandi figure della cultura musicale europea. Un omaggio all’arte, alla lirica. E a una storia d’amore. Un viaggio attraverso la storia, tramite due pedine straordinarie, interlocutori colti, profondamente umane, capaci di proporre uno sguardo critico sul mondo.

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