La programmazione di Fuori Orario dal 9 al 15 luglio

L’Otello di Carmelo Bene e il rapporto tra cinema e palcoscenico con Chaplin, Fellini, Renoir, Hamaguchi e Jancsó.

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Domenica 9 luglio dalle 1.40 alle 6.00

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Fuori Orario cose (mai) viste

di Ghezzi Baglivi Di Pace Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

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presenta

RUSHES DI OTELLO (Carmelo Bene per sempre – 9) (4)

a cura di Fulvio Baglivi e Simona Fina

RUSHES DI OTELLO – 4

(Italia, 1979, col., sonoro e muto, video, dur., 180’ )

Regia, scene, costumi: Carmelo Bene

Interpreti: Carmelo Bene, Cosimo Cinieri, Michela Martini, Rossella Bolmida, Cesare

Dell’Aguzzo

Fuori Orario cose (mai) viste manda in onda, suddivise in tre notti, circa 15 ore di girato di Otello o la deficienza della donna, riemerse dagli archivi lo scorso anno. Un estratto di venti minuti è presentato in anteprima il 30 giugno a Bologna all’interno del festival Il Cinema Ritrovato.

La storia dell’Otello televisivo di Carmelo Bene è una storia travagliata, fatta di annunci, scomparse e successive apparizioni che si susseguono dal 1979, quando Carmelo Bene gira per la Rai una versione del suo Otello o la deficienza della donna da William Shakespeare. Le riprese avvennero nello Studio 1 di Torino, allestito con strumenti all’avanguardia che permettessero la sperimentazione in video, con quattro telecamere separate. Carmelo Bene, che pochi mesi prima aveva allestito lo stesso spettacolo in teatro, sa cosa cerca attraverso la televisione, come aveva raccontato a Italo Moscati su Cineforum nel 1978: “La televisione è uno strumento che consente di scavare nel paesaggio umano. Che cosa voglio dire? Il paesaggio umano è costituito dalla presenza degli attori che non sono lontani come sulla scena ma sono una realtà viva sulla quale indagare minuziosamente. La telecamera diventa una specie di occhio esplorativo che coglie tutto, anche i più piccoli dettagli, e offre la possibilità di raccontare potendo selezionare un materiale enorme.”

Terminate le riprese Bene inizia il montaggio con Marilena Fogliatti, sempre a Torino, nella stessa sede dove Michelangelo Antonioni sta montando Il mistero di Oberwald, contemporanea produzione Rai per sperimentare le potenzialità del video. Tra i due nasce un confronto quotidiano, come racconta la Fogliatti, ma durerà poche settimane perché Carmelo Bene abbandona il montaggio per riprendere l’attività teatrale. Ritornerà sul girato venti anni dopo, quando è già ammalato e richiama Marilena Fogliatti per portare a termine il lavoro. L’Otello o la deficienza della donna sarà l’ultima opera di Carmelo Bene, verrà proiettato per la prima volta al Teatro Argentina di Roma il 18 marzo del 2002, due giorni dopo la sua morte. Le cassette su cui erano state riversate le riprese in due pollici del 1979 vengono prese in carico da Fuori Orario cose (mai) viste grazie all’amicizia tra enrico ghezzi e Bene. Alcune parti del girato vengono trasmesse nella notte del 5 aprile 2002, intitolata Infinith Otello e curata da Donatello Fumarola. Da allora i nastri sono rimasti in un archivio di Fuori Orario, fino a quando lo scorso anno, durante un trasloco, sono emerse ventotto cassette contenenti tutto il girato utilizzato da Carmelo Bene per montare L’Otello o la deficienza della donna.

 

Venerdì 14 luglio dalle 0.55 alle 6.00

“TUTTO IL MONDO È UN PALCOSCENICO” 1 – L’ILLUSION COMIQUE

a cura di Roberto Turigliatto

IL CIRCO                            VERSIONE RESTAURATA

(The Circus, 1928, b/n, dur., 71’)

Regia, sceneggiatura, montaggio, musica: Charles Chaplin

Con: Charles Chaplin, Merna Kennedy. Allan Garcia, Harry Crocker

“Chaplin è l’avventura stessa del cinema, il mistero del cinema, espressi da un attore comico di circo.” (Federico Fellini)

“Il circo è una delle opere più riuscite e inafferrabili di Chaplin: passato alla storia come la lavorazione più sofferta della sua carriera, gli valse un Oscar nella prima edizione del premio. Film modernissimo, con momenti di alto cinema e un ritmo perfetto, è un vero e proprio ‘autoritratto d’artista’, che mescola ricordi d’infanzia e riflessioni sul comico, gag irresistibili e struggente poesia, e che ci regala una delle più geniali metafore dell’umana esistenza mai viste al cinema: la scena di Charlot ‘equilibrista’ che cammina sulla corda assediato dalle scimmie.” (dal catalogo di Cinema Ritrovato).

“…ad ogni istante le variazioni sui suoi temi più celebri si susseguono in tutta la loro gloria. L’inseguimento che ha luogo in una casa degli specchi; la sua apparizione così improvvisa da sorprendere perfino un mago; la maschera dell’estraneità che lo trasforma in un pupazzo da luna park. Ma la parte più straordinaria del film resta la sua conclusione…  (Walter Benjamin, frammento postumo, 1928)

Il film viene presentato nella nuova versione restaurata da Cineteca di Bologna e Academy Film Archive, accompagnata dalle musiche originali composte da Chaplin per la riedizione del 1969.

I CLOWNS                          VERSIONE RESTAURATA                    

(Italia 1970, col., dur., 87’)

Regia: Federico Fellini

Con: Anita Ekberg, Riccardo Billi, Liana Orfei, Tino Scotti, Fanfulla

Prodotto dalla Rai, il film venne presentato alla 31° edizione del Festival di Venezia

Dopo un’introduzione nella quale un bambino rapito assiste al montaggio di un tendone da circo, Fellini conduce un’inchiesta in prima persona sul mondo dei clowns e del circo. Fellini trova il modo di rievocare i sogni, le scoperte, gli stupori della sua infanzia. Special televisivo in forma di bloc-notes, di chiacchierata a ruota libera in cui Fellini continua a parlare di sé stesso attraverso il circo.

LA CARROZZA D’ORO

(Le Carrosse d’or, 1952, col., dur.,100’, versione italiana)

Regia: Jean Renoir

Con: Anna Magnani, Edoardo Spadaro, Duncan Lamont, Paul Campbell, Riccardo Rioli

“La vicenda di questa commedia è una fantasia all’italiana. Essa si svolge nel secolo decimottavo, in una colonia spagnola dell’America Latina”. (didascalia iniziale del film).

Girato in Italia, omaggio alla commedia dell’arte, è uno dei grandi capolavori di Renoir, e Jean-Marie Straub non esitò a definirlo il più bel film della storia del cinema italiano. Il film è stato enormemente ammirato anche da Jean-Luc Godard, Eric Rohmer e François Truffaut, che chiamò la sua casa di produzione, Le Carrosse d’Or.

Prodotto dalla Panaria Film di Francesco Alliata il film si ispira all’opera teatrale Le Carrosse du Saint-Sacrement di Prosper Mérimée. Nel diciottesimo secolo, una compagnia italiana di teatranti   approda in una colonia spagnola dell’America Latina per cercare nuove fortune sul palcoscenico. Colombina sulla scena, la primattrice Camilla resta affascinata da una carrozza d’oro che il viceré ha acquistato come strumento di prestigio e potere agli occhi del popolo. La donna si ritrova al centro delle attenzioni amorose di tre uomini: lo stesso viceré, un cavaliere e un torero. Alla fine l’attrice deluderà i suoi innamorati e regalerà la carrozza alla Chiesa, volterà le spalle a ogni vanità e consacrerà la sua vita al teatro chiedendosi dove cominci l’una e dove finisca l’altro. Così Don Antonio, il capocomico, si rivolge a Camille: “Tu non sei fatta per ciò che chiamiamo la vita, il tuo posto è tra noi, mimi, acrobati, clowns e saltimbanchi. La tua felicità la troverai soltanto sul palcoscenico, ogni sera, durante le due ore in cui farai il tuo mestiere di attrice, cioè dimenticando te stessa. Attraverso i personaggi che incarnerai tu forse potrai scoprire la vera Camilla”.

 

Sabato 15 luglio dalle 1.40 alle 6.30

“TUTTO IL MONDO È UN PALCOSCENICO” 2 – LA VITA È SOGNO

a cura di Roberto Turigliatto

DRIVE MY CAR

(Doraibu mai kā, Giappone, 2021, col., dur., 172’15”, v.o. sott., it.)

Regia: Ryusuke Hamaguchi

Con: Hidetoshi Nishijima, Toko Miura, Masaki Okada, Reika Kirishima

Pur essendo attivo come regista e sceneggiatore fin dal 2008 (ha lavorato anche con Kiyoshi Kurosawa, di cui è stato allievo all’Università), è stato scoperto in Italia molto tardivamente, a seguito dei premi ottenuti   prima da Il gioco del destino e della fantasia (Orso d’argento al Festival di Berlino) e subito dopo da Drive my car, vincitore a sorpresa della Palma d’oro e dell’Oscar come miglior film straniero e di molti altri premi: una vera e propria rivelazione che ha consacrato Hamaguchi come un nuovo maestro.  In realtà Hamaguchi era considerato internazionalmente uno dei nomi più importanti almeno da Happy Hour, presentato in concorso a Locarno e vincitore del premio per la migliore interpretazione conferito alle quattro attrici, e dal successivo Asako I e II, già in concorso a Cannes, cui è seguita nel 2019 la prima retrospettiva completa dei suoi film a Parigi.

In Drive My Car Yusuke Kafuku, attore e regista teatrale, sta cercando di riprendersi dopo una terribile tragedia familiare che due anni prima ha sconvolto la sua vita. Accetta di allestire un proprio adattamento di Zio Vanja di Anton Čechov all’interno di un festival che si svolge a Hiroshima. Il metodo di lavoro per cui è famoso prevede una troupe di attori internazionali in cui ciascuno recita nella sua lingua. A Hiroshima fa la conoscenza di Misaki, una ragazza che il festival gli assegna come chauffeur per tutto il periodo in cui lavorerà alla messa in scena dello spettacolo. Anche Misaki ha dei conti in sospeso con il proprio passato…

“…. Non è tanto il teatro a interessarmi, quanto la recitazione, il fatto di appropriarsi di un testo, di interpretarlo… Il caso sconvolge l’ordine delle cose, le certezze, la vita quotidiana, e a partire di lì due opzioni sono offerte al personaggio: o ritrovare l’ordine che esisteva precedentemente, oppure creare un ordine nuovo. Il caso provoca una rimessa in questione che conduce a una definizione più precisa di quello a cui vogliono tendere i personaggi… ”.  (Ryusuke Hamaguchi) 

LABORATORIO TEATRALE DI LUCA RONCONI (Il Calderón di Pier Paolo Pasolini)

(Italia, 1977, col., dur., 79’)

Regia: Miklós Jancsó

Con: Miriam Acevedo, Marisa Fabbri, Antonello Fassari, Luca Ronconi, Tullio Valli, Gabriella Zamparini

Il regista ungherese Miklós Jancsó realizza nel 1977 per Rai 2, un programma sul Calderón di Pier Paolo Pasolini (ispirato a La vita è sogno dii Calderón de la Barca), messo in scena dal Laboratorio Teatrale di Prato per la regia di Ronconi. Per Jancsó lo spettacolo è un’occasione per esplorare l’universo pasoliniano. Dalla gigantesca pedana che ingloba anche la platea e lo spazio scenico dove si muovono gli attori, il pubblico assiste dai palchi dove un enorme ritratto di Pier Paolo Pasolini, spettatore immaginario, sovrasta su tutta l’azione. Gae Aulentì è l’autrice delle scenografie, ispirate al famoso quadro di Velázquez Las Meninas. Roberto Perpignani il montatore.

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#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

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