"L'amore ritorna", di Sergio Rubini
Ultimo capitolo di una trilogia imperniata sull'armonizzazione dei conflitti e il confronto con le origini, il settimo film da regista di Sergio Rubini è un affresco prezioso e sincero, capace di pensare il cinema come mezzo in grado di svelare l'intima bellezza del mondo
"La malattia non è la fine della vita, ma una sua parte", asserisce con convinzione il Sergio Rubini attore (prima ancora che personaggio) de L'amore ritorna ed è la frase che più di ogni altra racchiude l'intimo segreto del film. Una pellicola ancora una volta dolce e intima, con la quale il bravo attore/regista pugliese conclude una trilogia iniziata nel 2000 con Tutto l'amore che c'è, poi proseguita nel 2002 con L'anima gemella e imperniata sull'armonizzazione del conflitto.
Gli spettatori più attenti ricorderanno che la figura del conflitto è presente da sempre nel cinema di Rubini, sia nelle prove registiche (basti pensare al lacerante e pessimista La bionda) che in quelle d'attore (buon ultima quella che lo ha visto opposto a Luigi Lo Cascio in Mio cognato). Tuttavia, in questo trittico, Rubini ripensa al passato dal quale ha voluto fuggire, ai ritmi sonnacchiosi di un Sud in perenne e affannato ritardo rispetto allo sviluppo dell'Italietta post-Boom (Tutto l'amore che c'è), alla sovraeccitazione di un mondo che insegue l'ideale astratto della superficiale bellezza (L'anima gemella) e, buon ultimo, al cinema nel quale finalmente sembra avere trovato il mezzo di espressione più consono alla catarsi finale.
La malattia di Luca, attore in crisi, insoddisfatto e nevrotico, fornisce dunque al regista Rubini l'occasione per tornare a occuparsi ancora una volta dei suoi demoni, delle sue radici meridionali (quel "filo maledetto" che non si riesce a spezzare), attraverso un manipolo di amici/familiari/collaboratori/colleghi che sembrano ronzare intorno al protagonista come avvoltoi intorno a un cadavere, inutili e spietate appendici di una vita vissuta come penitenza. Ma qualcosa è cambiato nell'animo di questo regista inquieto, piccoli scarti emozionali, incarnati nei corpi e nei volti di questa umanità derelitta, assumono valenze meravigliose che ridisegnano le geometrie del mondo e lo fanno apparire un posto magico, dove il tempo (già protagonista di Tutto l'amore che c'è), i colori (centrali anche ne L'anima gemella), i suoni e le figure regalano un'idea di pura bellezza, distante dalle logiche plastificate dell'immaginario para-televisivo.
Perché Rubini forse non lo ha mai ammesso, ma lui ama questo universo apparentemente disprezzato e disprezzabile. Il suo occhio corteggia i sapori, i colori, gli umori sovraeccitati del profondo Sud con generosità, ne sa esaltare gli aspetti meravigliosi, fiabeschi e la macchina da presa sa reinventare il suo rapporto con la realtà seguendo anche soltanto una carta portata dal vento. E così riesce a materializzare figure angelicate, le quali estrinsecano l'animo gioioso di un artista che ha saputo venire a patti con la solarità delle sue rinnegate origini per farne un obiettivo in grado di rifrangere la complessità del mondo (tutto il mondo) e restituirne la ricchezza.
Così, davanti ai nostri occhi, L'amore ritorna assume la caratura di un'opera scomposta, piena di false piste e personaggi forse non completamente abbozzati, pieni come sono di debolezze e contraddizioni: ma emerge anche il valore di un film vitale e sincero, complesso e cangiante come la vita, quella che tanto piace all'uomo Rubini che finalmente ha ritrovato se stesso, che è riuscito a scoprire le cause della malattia (come il suo alter ego Giacomo), a riavvolgere e non spezzare il "maledetto" filo delle origini.
Regia: Sergio Rubini
Soggetto e sceneggiatura: Domenico Starnone, Sergio Rubini
Collaborazione alla sceneggiatura: Carla Cavalluzzi
Fotografia: Paolo Carnera
Montaggio: Massimo Fiocchi
Suono: Tullio Morganti
Musica: Ivan Iusco, Pierluigi Ferrandini
Scenografia: Luca Gobbi
Costumi: Patrizia Chiericoni, Florence Emir
Interpreti: Fabrizio Bentivoglio (Luca Florio), Margherita Buy (Silvia), Giovanna Mezzogiorno (Lena), Sergio Rubini (Giacomo), Antonio Prisco (Picchio), Dina Valente (Antonietta, la madre), Alberto Rubini (Mario, il padre), Mariangela Melato (Federica)
Produzione: Donatella Botti per Bianca Film
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Durata: 110'
Origine: Italia, 2004