L'ANGOLO DI CINEMAFRICA – "Mange, ceci est mon corps" di Michelange Quay: Ultimo balletto cannibale

Locandina_Mange ceci est mon corpsL’afrohaitiano Michelange Quay era molto atteso alla prova del primo lungometraggio, Mange, ceci est mon corps (2007), presentato in anteprima mondiale a Toronto, e poi via via al Sundance, a Rotterdam, Hong Kong, Edimburgo, New York, Miami – dove ha vinto il Gran Premio della Giuria – fino a sbarcare a Cannes, all’interno della rassegna organizzata dall’Association du Cinéma Indépendent pour sa Diffusion (ACID) – VIDEO TRAILER

--------------------------------------------------------------
CORSO DI SCENEGGIATURA ONLINE DAL 6 MAGGIO

--------------------------------------------------------------

Locandina_Mange ceci est mon corpsdi Leonardo De Franceschi

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

 

Il corto L’Evangile du cochon creole (2004) aveva rivelato in tutto il mondo il suo straordinario talento visivo: lanciato in competizione a Cannes, lo short ha poi portato a casa il premio per il miglior film a Locarno, Stoccolma, Milano, Rio de Janeiro, San Paolo, Tokyo. L’energia icastica e disturbante di questo poema visivo dedicato alla miseria e allo spirito religioso del suo paese ha scosso tra gli altri anche gli spettatori della VI edizione di Panafricana (2006). L’afrohaitiano Michelange Quay era quindi molto atteso alla prova del primo lungometraggio, Mange, ceci est mon corps (2007), presentato in anteprima mondiale a Toronto, e poi via via al Sundance, a Rotterdam, Hong Kong, Edimburgo, New York, Miami – dove ha vinto il Gran Premio della Giuria – fino a sbarcare sulla Croisette, all’interno della rassegna organizzata dall’Association du Cinéma Indépendent pour sa Diffusion (ACID).

 

Interpretato da un cast chimicamente composito – Silvie Testud, giovane musa del nuovo cinema francese di frontiera (che vedremo presto nel biopic sulla Sagan diretto da Diane Kurys), insieme a una veterana della Comedie Française come Catherine Samie, due folgoranti interpreti non professionisti (Hans Dacosta St Val e Jean-Noel Pierre) e dieci ragazzini haitiani, ex-bambini di strada e ora performer inquadrati dalla Fondazione KromaMange, ceci est mon corps non delude quanti auspicavano un’opera prima in grado di confermare il vigore plastico e surreale di Quay, ma non mancherà di sconcertare lo spettatore-tipo del cinema del sud, africano o delle diaspore, che pretenda di verificarne la spendibilità ai fini di un discorso didascalico sui rapporti nord-sud in epoca di crisi della globalizzazione.

 

Mange ceci est mon corpsDifficile mettere ordine nel flusso visivo di immagini, suoni, suggestioni liriche che Quay consegna all’esperienza dello spettatore. Il racconto, che galleggia in una dimensione sospesa fra tempo storico e tempo ideologico, assai povero di dialoghi, è incentrato su un’ambigua dinamica servo-padrone che lega la misteriosa Madame (Silvie Testud) e il suo maggiordomo nero Patrick (Hans Dacosta St Val), che vivono in un enorme palazzo d’epoca, al cui interno si muovono, senza mai incontrarsi, due altre figure-doppio, la madre di Madame (Catherine Samie) e un albino (Jean-Noel Pierre). Alcuni passaggi del lacerante monologo cristologico pronunciato dalla Samie, evocato dal titolo e anticipato nel trailer del film, sintetizzano i caratteri di generosità fino al sacrificio di sé che si autoattribuisce questa personificazione del nord neocapitalistico e neocoloniale nei confronti di un sud affamato, sovraffollato, superstizioso.

 

Un rigore bunueliano contrassegna una delle sequenze politicamente più limpide del film. Quella in cui dieci bambini neri trotterellano in fila indiana nel palazzo, vengono rasati e rivestiti di tutto punto per incontrare Madame, che li accoglie cortesemente e li fa sedere attorno a un grande tavolo circolare. Non ha nulla da offrire alle loro pance vuote («Se avessi saputo che venivate tutti…»), ma non importa, sussurra loro che, per gioco, faranno finta di avere davanti a loro tutto il cibo del mondo, e gliele descrive pure, alcune di queste mirabolanti portate, per poi bisbigliare nell’orecchio del bambino vicino un flebile «merci» che viene prontamente ripetuto da ognuno dei presenti, innescando un agghiacciante mantra. Ancora più disturbante, Mange ceci est mon corpsnell’ultimo blocco del film, in cui Madame, uscita dal castello, entra in contatto con il coro dei dannati della terra di Haiti, la sequenza, narrata visivamente nei termini di un naturalismo alla Dogma, che vede la giovane signora entrare in una sorta di ospedale deserto, richiamata dal grido disperato di un neonato, lo vede disteso sul pavimento, gli si avvicina lentissimamente, si denuda il busto e se lo stringe al seno, come un gelido automa.

 

Il registro discorsivo del film è contrassegnato da un alto grado di ibridazione, aperto com’è a incursioni antropologiche – nei termini di un’osservazione partecipante, alla Rouch – nel patrimonio sincretico di cerimonie e riti haitiani, fra possessione e travestimento carnevalesco, e a immersioni in presa diretta nel quotidiano di un mercato. Assai più densa e figurativamente composta la sezione di racconto confinata nello spazio del palazzo, girata in Francia, che oscilla fra uno sguardo tutto fenomenologico, condotta sul filo dei linguaggi della prossemica, e improvvise intensificazioni plastiche, che insistono sulle dominanti cromatiche del bianco. Colore che mangia tutti gli altri, inghiottendo i complessi e fantasmi di dominio nelle relazioni (post)coloniali, da Fanon in qua, fra attrazione e repulsione, sacrificio ed imitazione.

 

Articolo a cura di www.cinemafrica.org

 

TRAILER

 

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array