L’arte della gioia – Episodio 1, di Valeria Golino

Nel primo sorprendente episodio della serie Sky da Goliarda Sapienza, Golino scatena gli elementi della natura in risposta ai turbamenti del corpo della protagonista. CANNES 77 – Séances Spéciales

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La Modestina di Goliarda Sapienza non si è mai vista in uno specchio, non conosce ancora le proprie fattezze al momento degli avvenimenti narrati nel primo episodio della serie Sky che Cannes proietta in anteprima in occasione della masterclass con la regista Valeria Golino: è per questo che cerca disperatamente di specchiarsi nelle acque che stagnano in fondo al pozzo nel cortile del convento, non sa come è fatta eppure la sua bellezza è già in grado di far perdere la testa a chiunque, i popolani della sua terra come l’algida Badessa Leonora di Jasmine Trinca che veglia sulle suore (e sui propri desideri pericolosi…).
Sarà forse per questo che la versione, più matura, di Modestina che si occupa di narrare la vicenda della serie (Tecla Insolia), guardi invece puntualmente nell’obiettivo, ormai sicura del proprio magnetismo, oppure scruti se stessa proprio attraverso uno specchio, per quanto semi-ossidato. La Modestina del racconto non è in grado di spiccicare una parola al di là del dialetto siciliano, mentre la voce narrante si esprime nella lingua preziosa e intarsiata di Sapienza: cos’è cambiato nel frattempo? La protagonista ha scoperto il linguaggio, non solo la parola ma anche a padroneggiare la lingua del proprio corpo, a dare il nome giusto alle cose, come fa con le stelle in cielo in più di una sequenza.

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Alla terza prova registica, è ormai chiaro come lo sguardo di Valeria Golino faccia ruotare i suoi exploit dietro la mdp intorno al tema del corpo, e a come le relazioni tra gli esseri umani siano irrevocabilmente legate ai turbamenti dei corpi, al loro splendore o alla loro decadenza (come appunto in Miele o in Euforia), all’attrazione, alla capacità dei corpi di spingerci a scelte irrazionali, impulsive, liberatorie o autolesioniste.
Intorno al desiderio scatenato da Modestina ne L’arte della gioia, già dal primo episodio visto a Cannes, si liberano le forze primarie della natura, il temporale, il fuoco, il paesaggio stesso sembra mutare in “risposta” al dispiegarsi dell’energia provocante e irresistibile della ragazza, non senza lasciare traccia né senza procurare danni anche fatali, anche terribili.
Golino si conferma qui autrice di soluzioni visive capaci di smarcarsi dal canone di appartenenza delle storie a cui si rivolge (basti guardare alla clamorosa sequenza con Modestina e Leonora sul campanile, climax della puntata): in questo caso, l’intero apparato formale de L’arte della gioia, costruito insieme al direttore della fotografia Fabio Cianchetti, si rivela come esplicitamente votato alla ricercatezza autoriale, al riferimento cinefilo “alto”, le tonache di queste suore disegnano simmetrie stilizzate e geometriche come in un Powell & Pressburger, e certe penombre torride del pomeriggio pulsano come un Roger Vadim.
Tra le incredibili esperienze di interprete collezionate da Valeria Golino su scala internazionale nella sua carriera, è probabile che quella con Céline Sciamma per Ritratto della giovane in fiamme possa aver costituito la scintilla originaria per far sì che Golino escogitasse il sorprendente impianto su cui si fonda questo suo esperimento seriale.

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La valutazione della serie di Sentieri Selvaggi
4
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Il voto dei lettori
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