Le fil, di Daniel Auteuil

Il quinto film da regista dell’attore francese fa fatica a portare sullo schermo l’anatomia di un delitto e la sua teatralità diventa sinoonimo di rigidità. CANNES77. Séances Spéciales.

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Nella notte. Le fil, quinto lungometraggio dell’attore francese Daniel Auteuil ha il clima di tardo polar che procede parallelamente a quello del cinema processuale. Il film, che adatta il romanzo Au guet-apenssids: chroniques de la justice pénale ordinaire del penalista Jean-Yves Moyart alias Maître Mô, vede lo stesso Auteuil interpretare l’avvocato Jean Monier che deve difendere un padre di famiglia, Nicolas Milik (Grégory Gadebois) accusato dell’omicidio della moglie. Il caso gli sta facendo tornare la passione per la sua professione ed è convinto dell’innocenza del suo cliente. L’accusa però ha delle prove che possono inchiodare il suo assistito.

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Anche se non più dichiarata, c’è sempre l’ombra di Marcel Pagnol nei film di Auteuil regista. Il celebre drammaturgo che aveva ispirato i suoi primi film – La fille du puisater (remake di Patrizia del 1940), Marius e Fanny – ritorna in un’impostazione teatrale della scena evidente nell’aula giudiziaria ma anche nell’inquadratura di Nicolas seduto a tavola con i figli prima dell’arresto. La teatralità però in questo caso è sinonimo di rigidità soprattutto per come la parola sia usata prevalentemente come esecuzione del testo, anche nella rivelazione narrativa del finale. Auteuil cerca Oliver Marchal da cui è stato diretto in 36 Quai des Orfèvres e L’ultima missione ma anche Michele Placido per cui ha interpretato il commissario di polizia Mattei in Il cecchino. Auteuil è ancora un avvocato con un segreto da nascondere come in Un silence ma il suo personaggio è meno torbido di quello del film di Lafosse.

Le fil è come frenato nel mettere in scena la sua anatomia di un delitto. Sparge indizi (i disegni dei figli di Nicolas), cerca il clima del cinema di Chabrol per mostrare gli spazi della scena (il bar Chez Roger, il luogo dell’assassinio) e non approfondisce invece il passato del protagonista, il suo rapporto con la moglie interpretata da Sidse Babett Knudsen né le inquietanti zone d’ombra dell’accusato. Nei flashback prima troppo timidi e poi colpevolmente rivelatori, c’è tutta la prudenza di un film che non vuole mai spingersi oltre. La rappresentazione però è fiacca, spompata e mostra come il film di Auteuil della notte prende solo l’ambientazione. L’anima criminale resta invece nella pagina scritta.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.2
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Il voto dei lettori
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