Les miens, di Roschdy Zem

Ritratto familiare in salsa agrodolce recitato bene dalla meglio generazione francese nord-africana. Una riuscita commedia corale che critica ed esalta la necessità dei rapporti di sangue. Concorso

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Moussa (Sami Bouajila) è un uomo buono che cerca di tenere insieme una famiglia che si vuole bene ma ha evidenti spinte disgreganti. Un giorno, per scaricare la tensione derivante da questa attività, partecipa ad una festa della collega d’ufficio ma si ubriaca troppo ed all’uscita dalla discoteca batte la testa a terra riportando un grave trauma cranico. L’accumulo di sangue in testa gli causerà dapprima una sonnolenza continua e dopo un’aggressività verbale che metterà in crisi il suo nucleo affettivo, non pronto ad accudire quello che fin lì era stato il loro remissivo collante umano. Dopo il fallimento degli altri componenti, toccherà al ricco ed impegnato Ryad (Roschdy Zem) prendersi cura del fratello infermo che nel frattempo dovrà pure affrontare le conseguenze di un divorzio a lungo rimandato.

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L’attore e regista franco-marocchino Roschdy Zem, negli ultimi anni uno dei volti più importanti del cinema francese (anche in questa edizione della Mostra di Venezia), torna dietro la macchina da presa per un riuscito racconto familiare dalle forte tinte autobiografiche. Questo ritratto allargato di consanguinei di migranti di seconda o terza generazione schiva le trappole filmiche delle difficoltà d’integrazione culturali/religiose per divenire da subito un’autentica commedia francese, giocata sull’alternanza dei registri tonali. Tra dramma e commedia, la sopravvenuta abrasiva schiettezza verbale del mite Moussa porterà infatti ad ebollizione tutte le tensioni che la sua precedente pacatezza in gran parte contribuiva a stemperare. Così, i deliri complottistici del figlio ventisettenne (la faciloneria delle gag inerenti è l’unico punto dolente di una scrittura per il resto molto lucida: tra terrapiattismo, Big Pharma e sorveglianza digitale mancavano solo gli U.F.O.) salutati prima col sorriso adesso rivelano un bambinone suscettibile, la generosa presenza casalinga della sorella diventa sconfinamento ed intromissione nel privato, la poca presenza del fratello Ryad svela l’allontanamento che il forte ego e la differenza sociale hanno causato negli anni. In un film sempre a forte rischio inviluppamento festivaliero, Les miens trova nella medietà delle schermaglie filmate il giusto modo per rappresentare una crisi forte ma non estrema. Ecco allora che il ballo finale di tutto il clan parentale è più liberatorio di una palingenesi: di fronte alle angosce quotidiane basta un piccolo gesto per salvarci e ricominciare a sbagliare con più dolcezza, compiacendo e deludendo anche domani le persone che amiamo

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
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Il voto dei lettori
2.33 (3 voti)
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