L’innamorato, l’arabo e la passeggiatrice – Intervista a Iliès Kadri

L’ultimo film di Guiraudie esce nelle sale italiane il 27 aprile. Incontriamo l’attore coprotagonista Iliès Kadri per un’intervista esclusiva alla ventesima edizione del Busto Arsizio Film Festival

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Il nuovo film diretto da Alain Guiraudie, L’innamorato, l’arabo e la passeggiatrice, è stato presentato alla ventesima edizione del BAFF (B.A. Film Festival), appena conclusosi a Busto Arsizio (VA). Il film è una commedia che rievoca la recente stagione di attacchi terroristici che hanno colpito la Francia. Abbiamo incontrato l’interprete co-protaganista del film, Iliès Kadri, per un’intervista esclusiva. Si tratta di uno di quei giovani talenti che bisogna tenere d’occhio perché in pochi anni ha già conquistato la Francia. Cominciando con la serie tv politica, Les Sauvages di Rebecca Zlotowski, arriva adesso sul grande schermo.

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Sei coprotagonista de L’innamorato, l’arabo e la passeggiatrice, film che uscirà nelle sale italiane il 27 aprile. È un film politico ma allo stesso tempo si nutre di una forte comicità. Come hai scelto di far parte di questo film?

In realtà per questo lungometraggio ho fatto il casting ed è stato un processo molto lungo. Alain Guiraudie cercava davvero una personalità che corrispondesse a questo personaggio. Ho fatto tante prove e poi abbiamo cominciato a lavorare insieme per inquadrare davvero Selim.

Ci puoi raccontare la tua esperienza con il regista, Alain Guiraudie?

È un grandissimo cineasta. È stato davvero un onore per me poter lavorare con lui. Ha questa sua maniera di presentare le cose, di filmare, di raccontare una storia. È molto preciso, segue la sceneggiatura fedelmente e non si può cambiare niente. Ha un modo di fare che ti mette subito a tuo agio, infatti sa portarti dove vuole arrivare. È davvero facile recitare con lui, è stata una delle migliori esperienze che io abbia vissuto, a dire il vero.

Nel film interpreti il ruolo di una vittima di pregiudizi. Hai vissuto esperienze simili nella vita reale?

È un qualcosa che mi capita di continuo a dire il vero. In Francia, tristemente, se fai parte di una minoranza etnica o sociale, come me, si vive certo, ma… Ecco, è proprio questo che mostra il film, del resto, il convivere con tutto ciò che è bello e anche con tutto ciò che è brutto. Forse non voglio dire che lo vivo tutti i giorni, però sì, l’ho vissuto certamente sulla mia pelle. In realtà Selim è un personaggio che mi somiglia tanto, davvero. Abbiamo vissuto delle esperienze molto simili.

In Francia in questo momento si sente ancora la paura degli attentati?

Dagli attentati del 2015 purtroppo c’è sempre questa paura. Non so veramente oggi cosa pensi la gente, però quella tragedia è stata un’esperienza che ci ha davvero segnato, sarà impossibile dimenticarlo. È stato uno degli avvenimenti più violenti e spaventosi che ci siano mai stati sul suolo francese. 140 innocenti hanno perso la vita. È importante in qualche modo rendere omaggio alle vittime e al contempo denunciare quest’ideologia mortifera. Certo, però, posso dire che dal 2015 i francesi hanno sviluppato una sorta di paranoia, giustificata, però il problema è che ci sono tante persone che generalizzano e non fanno distinzioni tra i crimini commessi da persone orribili e le persone tranquille, musulmane che non hanno fatto niente di male. E sono in tanti a generalizzare. Bisogna mettere in conto che le prime vittime di terrorismo sono i musulmani nei paesi musulmani.

La paura si è attenuata, anche perché non possiamo mostrare di avere paura, altrimenti non vivremo più. Non possiamo dargliela vinta, dobbiamo continuare a vivere e difendere la libertà d’espressione e il diritto di vivere. Ripetersi che non hanno vinto loro e non vinceranno mai. È importante questo.

Alain questo l’ha voluto mostrare nel film: malgrado le diversità e le difficoltà, il popolo francese resta unito. Nell’edificio e, in particolare, nell’appartamento della storia, dove troviamo personaggi con ideologie diverse, ciò non importa alla fine, perché ci si batte insieme e si resta uniti. E penso che questo sia proprio il ritratto della Francia.


Hai recitato anche nella serie politica Les Sauvages, diretta da Rebecca Zlotowski. Puoi parlarci di quest’esperienza?

È stato il mio primo grande progetto. È stato incredibile recitare accanto ad attori come Marina Foïs, Roschdy Zem. Mi sentivo molto piccolo ed inesperto al loro fianco, soprattutto considerando che Roschdy Zem è uno dei miei attori preferiti. Da un punto di vista artistico è stata un’esperienza davvero incredibile. Penso che Rebecca Zlotowski sia una delle più grandi cineasti francesi: una donna che ha carisma da vendere. Sono molto fiero di aver fatto parte di questo progetto anche perché è una delle prime serie francesi che ha un cast composto da attori che vengono da minoranze etniche e sociali. È un progetto che mi ha dato molta soddisfazione sia dal punto di vista artistico sia da quello politico.

Sono molto diversi i metodi di Guiraudie e di Zlotowski?

Beh ogni regista ha il suo metodo, personale e particolare. Guiraudie segue la sceneggiatura molto fedelmente, è scritta da lui e vuole ricreare proprio ciò che c’è sulla carta. Zlotowski è meno rigida, le ho potuto proporre una serie di cose che non erano nella sceneggiatura. Hanno due visioni completamente diverse. Certo, poi non è la stessa cosa lavorare a un film o a una serie. Per me sono i due più grandi registi francesi del momento. Ecco, hanno una cosa in comune ora che ci penso: hanno entrambi questa facilità, sanno mettere gli attori a proprio agio e così riescono a ottenere esattamente la performance che cercavano.

Hai cominciato a lavorare nel cinema nel 2016, se non erro?

Sì nel 2016, prima ero arruolato nell’esercito.

Puoi raccontarci quest’esperienza che hai vissuto?

Ho cominciato nel 2015 e avevo un contratto fino al 2020. Ero un combattente. È un percorso abbastanza atipico, perché mentre ero nell’esercito ho cominciato a entrare nel mondo del cinema. È stato davvero molto complicato dividermi tra questi due mondi e infatti nel 2020 ho scelto di abbandonare l’esercito e concentrarmi esclusivamente sul cinema.

Sei anche un cantante o fai i video musicali che abbiamo visto sui tuoi canali solo per hobby?

La maggior parte dei miei amici sono dei rapper. Sono cresciuto con loro e la musica è una grande passione, amo suonare e cantare. A volte facciamo dei piccoli progetti insieme ma non è altro che un hobby; il mio mestiere è il cinema.

Oltre a Guiraudie e Zlotowski chi sono i tuoi registi preferiti?

Il mio regista preferito è Christopher Nolan. Forse suonerà un po’ infantile ma confesso che il mio film preferito è The Dark Knight, e ce n’è un altro che ho amato tantissimo che è Interstellar. In tutti i suoi film c’è la questione del tempo che è centrale, ed è sempre in grado di giocare con questo concetto in modo sorprendente. Anche la sua maniera di filmare è sempre incredibile. È il Cristiano Ronaldo del cinema. E poi c’è Jacques Audiard. Il profeta è un altro film importantissimo per me.

L’anteprima mondiale de L’innamorato, l’arabo e la passeggiatrice è stata al Festival di Berlino. Com’è stata quest’esperienza?

È stata un’esperienza formidabile. Non me l’aspettavo assolutamente così. La sala era piena e il film è stato accolto molto bene. Abbiamo avuto modo di parlare anche con gli spettatori. Mi ha sorpreso il pubblico di Berlino, mi ha reso molto felice.

Stai già lavorando ad altri progetti, ce ne puoi parlare?

Ho lavorato in una serie francese che s’intitola Mercato, con Arnaud Ducret e Manon Azem, che uscirà a breve in Francia. Poi ho il ruolo da protagonista in due lungometraggi. Il primo è La chambre du Sultan e cominceremo a girare adesso, a maggio. L’altro, invece, è un film sull’universo calcistico, diretto da Camille Perton. Cominceremo le riprese a settembre. Se tutto va bene tra il 2024 e il 2025 mi ritroverete sul grande schermo come protagonista di due film.

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