Nostra signora del silenzio, di Francesca Lolli

All’interno dell’esposizione virtuale mynameisfrancesca.com trova spazio, visibile gratuitamente fino al 3 aprile, il primo lungometraggio della videoartista. La nostra recensione

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My Name is Francesca è il titolo di una mostra virtuale che la modella e giornalista Francesca Interlenghi cura con la collaborazione delle videoartiste Francesca Fini, Francesca Leoni e Francesca Lolli. Un progetto affascinante e innovativo che unisce esperienze e sensibilità anche molto diverse al servizio della divulgazione in materia audiovisiva. Ma naturalmente è il tema dell’identità a spiccare come trasversale a tutte queste modalità espressive, tese come sono a raccontare il ruolo della donna nella società contemporanea, il rapporto fra i sessi e non solo. In questo contesto, in esclusiva sul sito della mostra, fino al 3 aprile sarà possibile vedere gratuitamente Nostra signora del silenzio, primo lungometraggio di Francesca Lolli.
Quest’ultima ha un curriculum di tutto rispetto: laureata in filosofia, diplomata in scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, attrice presso la scuola del Teatro Arsenale di Milano, diplomata in regia cinematografica a Roma, videoperformer riconosciuta. Un profilo multiforme caratterizzato da una curiosità costante nel confronti dei mezzi espressivi e del cinema come possibilità.

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Il suo film è catalogabile come sperimentale ma solo nel senso che si interroga sul modo più efficace per veicolare un senso del reale filtrato da una consapevolezza estetica straordinaria. Nei suoi 67 minuti di magico bianco e nero, l’opera contiene con successo una riflessione sull’inquietudine (citando direttamente Pessoa) e sulla comunicazione come straniamento. Il film rinuncia con risolutezza all’uso della parola come forma relazionale fra i personaggi e la relega ai filmati di repertorio che l’attrice Alice Spito ha fornito per accompagnare il percorso dell’omonima protagonista. Il film mostra infatti un mese estivo della vita di una ragazza in un casolare di campagna, nella solitudine di un presente che attraverso i social network vorrebbe abolirla e invece paradossalmente la potenzia. Alice sembra abitare questo spazio-tempo come un’anima del purgatorio, subendo di volta in volta il ricordo-sogno di un’adolescenza spensierata fra feste e recite e il peso di un’aspettativa sociale che si concretizza del vociare indistinto di una folla di ombre nella sua testa.
Lolli ci travolge con un montaggio sonoro che presto, per contrasto prima e per sovrapposizione poi, coinvolge anche i suoni naturali e integra a quel vociare anche i versi degli animali presenti. Un lavoro di fino sulla percezione difficile da dimenticare, che si arricchisce di suggestioni visive nel momento in cui compare un personaggio maschile con cui la ragazza dovrà relazionarsi. Il tutto sempre senza parole. Qui apprezziamo la presenza scenica di Stefano Baffetti, che come Alice è un volto storico della produzione di Lolli perché protagonista del precedente cortometraggio Fausto (2017) come lei lo era di Dentro la casa (2018) e diversi altri video.

Dal punto di vista del linguaggio filmico, Nostra signora del silenzio riduce la grammatica e il movimento all’essenziale ma senza mai negarli o rigettarli. Anzi, nel costruire il montaggio alternato con il viaggio di un’entità munita di falce che forse Alice presto o tardi dovrà incontrare, riesce a creare una tensione e un ritmo davvero speciali. L’operazione, nella sua interezza, risulta espressivamente composita e sempre interessante perché non cerca mai di dare risposte sicure, anzi si interroga fino alla fine sul senso della realtà che sta componendo e sul suo possibile impatto con l’emotività dello spettatore. Ha affermato la regista: «Vorrei che il mio film fosse guardato con la pancia e non con la testa».

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