"Passaporto" per l'Europa

Si è svolta a Lecce dal 2 al 9 giugno scorsi la II edizione del Festival del Cinema Europeo. Una giovane manifestazione in crescita, con un Concorso e due Omaggi: a Ugo Tognazzi e a Carlos Saura

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LECCE – Rinasce nella prospettiva europea l'ambizione plausibilissima di un festival cinematografico pugliese di dimensioni nazionali e orizzonti internazionali. Dopo il tradimento di una fastosa edizione di "EuropaCinema" portata a Bari dall'oriundo Felice Laudadio nel 1988, profugo da Rimini e in cammino per la successiva sede di Viareggio, infatti, la Puglia (che pure ora si riconosce terra di ampie ambizioni cinematografiche) ha dovuto attendere sino a quest'anno per ritrovare le coordinate giuste per proporre al proprio pubblico un festival nazionale.
E guarda caso è sempre l'Europa il punto di vista privilegiato, anche se la sede si è spostata ancora più a Sud, nella punta estrema del tacco pugliese, in quel di Lecce, bella e nobile città mediterranea, ricca di Barocco e di luce, sorretta da una vivace Università e pronta ad accogliere la seconda edizione del Festival del Cinema Europeo, reduce ancora una volta da un trasferimento forzato ancorché proficuo nel capoluogo salentino, dopo una prima edizione di rodaggio tenutasi lo scorso anno a Corato, cittadina del barese dimostratasi poco interessata a dare seguito all'iniziativa.
Un piccolo festival in crescita, dunque, forte della buona volontà necessaria ai difficili esordi e indubbiamente bisognoso di ulteriore sostegno. L'edizione di quest'anno, svoltasi dal 2 al 9 giugno 2001, ha focalizzato sostanzialmente tre punti d'interesse: un Concorso Internazionale e i due Omaggi a Ugo Tognazzi e Carlos Saura. In più una serie di cortometraggi polacchi e alcuni eventi speciali di contorno.
Per quanto riguarda il Concorso, erano otto i film sui quali ha dovuto lavorare la Giuria Internazionale presieduta da Krzysztof Zanussi e composta da Veronica Lazar, Francesco Maselli, Paolo Vecchi e Edoardo Winspeare. Il Premio per il Miglior Film è andato meritatamente all'ungherese "Passport" di Péter Gotár, commedia amara di un amore impossibile tra un contadino ungherese e una giovane donna ucraina, della quale parliamo ampiamente nella rubrica NordSudOvestEst.
Sempre dall'Est proviene l'altro film interessante visto a Lecce, lo iugoslavo "Mechanism" di Djordje Milosavljevic, film durissimo, dramma della dispersione umana sospeso sul paesaggio desertificato di una "no man's land" che ospita il gioco al massacro di tre presonaggi diversissimi per estrazione e destinazione, ma alla fine accomunati dal medesimo destino di brutalità e morte. Nell'arco di 24 ore, una insegnante in viaggio per raggiungere il suo primo incarico e un tassista reduce da una guerra di cui porta ancora vivi i segni addosso si trovano prigionieri sulla strada di un carico di droga e di uno spietato killer, che concepisce l'esistenza come un disumano "meccanismo" di sopraffazione e violenza di cui tutti, anche i più puri, alla fine finiscono col far parte. Diretto con lucidità d'impatto e fermezza stilistica dal giovane Djordje Molosavljevic, il film comprime le dinamiche psicologiche in un serrato gioco al massacro che coinvolge la macchina da presa in un tour de force asciutto ed estenuante, anche se molto in linea con similari parabole sulla disumanità raccontate dal cinema dell'Est in queste stagioni. In questo caso, comunque, la firma forte è quella di Gordan Mihic, sceneggiatore storico del cinema iugoslavo, già collaboratore di Pavlovic, Paskaljevic e Kusturica. Apprezzabile, per quanto fragile, è apparso anche un altro lavoro sloveno visto a Lecce, "Porno film" di Damjan Kozole, commedia sfumata su sfondo malavitoso, che ha per protagonista un giovane vetrinista coinvolto per caso nel giro delle estorsioni e altrettanto casualmente determinato a divenire il regista del primo film pornografico sloveno, in cui coinvolge una squinternata banda di dilettanti e la giovane prostituta della quale s'è perdutamente innamorato. Il tono scanzonato e divertito alleggerisce un film di semplici ambizioni ma di buona fattura, che gioca tutto sulla contrapposizione dei caratteri e sulla storia d'amore tra il protagonista, patologicamente incapace di godere dei piaceri del sesso, e la prostituta, che per prima riesce a dargli la gioia dell'amore…
Più esile è apparso invece il greco "Fading Light" di Vassilis Douros, film sull'infanzia fragile di un ragazzino dislessico, incompreso in famiglia e sostenuto solo da un anziano violinista che gli comunica la gioia della musica. Legato alla fievole tradizione greca del cinema per ragazzi, il film si giova di un intelligente lavoro sulla luce, che contrappone il solare paesaggio della pittoresca isola dell'Egeo dove è ambientato alla ombrosa parabola del piccolo protagonista. Si soffre però la prevedibilità della metafora musicale come possibilità di una comunicazione alternativa per gli affetti e una cerca lentezza dell'ordito, scarsamente capace di animare le pieghe della vicenda raccontata.

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