PESARO 2004 – Prima e dopo Ceaucescu, il cinema di Lucian Pintilie

La Mostra del Nuovo Cinema compie quaranta anni e ritorna ad un suo grande amore. Nei giorni del festival è passata sulle asfittiche coscienze occidentali la retrospettiva completa del più amato regista rumeno, vecchia conoscenza da queste parti. Ma a smorzare la festa del cinema ci ha pensato Lino Miccichè che ha lasciato orfana la sua creatura.

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Non aveva ancora compiuto settanta anni e Lino Miccichè è morto a Roma. Creatore della mostra di Pesaro e direttore della stessa fino al 1988, è stato il punto di riferimento e la forza propulsiva per gli studi sulle immagini in Italia. "Il cinema bisogna saperlo scrivere e leggere, non solo vedere", ricordava…

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Tra i registi che amava molto c'era sicuramente Lucian Pintilie, grande maestro di cinema e teatro (Cechov, Ionesco, Pirandello). A Pesaro quest'anno è passata la retrospettiva completa. Autore dello humour macabro e della pazzia come ancore di salvataggio. Adorato in Francia, nel nostro Paese solo grazie a questo festival e a qualche apparizione a Venezia (vedi Terminus Paradis, 1998), si è potuto colmare un vuoto insopportabile ed inspiegabile. I suoi film, saggi di sopravvivenza, sono adottati da una comunità umana in condizioni di catastrofi incatenate, di catastrofi perpetue. Ancora una volta resistenza vuol dire adattarsi, conformarsi: all'Apocalisse culturale e sociale si conferisce lo statuto di normalità, quando l'incontrollabile diventa banale, quotidiano. Cinema in trincea, sepolto in un fossato che si alimenta dell'irresponsabilità e dello spirito macabro di cui i popoli dell'est vanno fieri. Tutti i film di Pintilie sono legati da un cordone primordiale così duro da tenerli lontani dalle mode e dai regimi. Districati dalle maglie dell'autocensura ancor prima della censura di stato. Si perchè a far male al cinema è l'ambigua connivenza con il potere. Per troppi anni i registi dei Paesi totalitari (forse ad eccezione della Cina e dell'Iran) si sono fatti numi tutelari della castrazione, incapaci o tacitamente allineati nel difendere l'ordine ancor meglio che nei sogni pazzi dell'istituzione regnante.       


L'occidente è distratto, regala le luci della ribalta solo a Forman, Skolimowski, Polanski, Kieslowski, Michalkov, Kusturica e non si è accorta (tranne che in alcune poche eccezioni) di un grande autore che non ha mai voluto appiccicarsi l'etichetta di anticomunista e non è mai riuscito ad entrare nella schiera degli esuli doc, ma continua a battere, con intransigenza e tensione, la strada cinica del grottesco: unica forma di lucidità e di comprensione ironica. Con Pintilie non c'è da tergiversare: già nelle prime sequenze dei suoi film si sprofonda immediatamente nella terra che dal 2008 andrà a rimpinguare la folta "Eurolandia". Accorcia i tempi per economizzare, per accedere prima possibile in quell'unione caotica dalle tante stelle e poca luce.

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