#PesaroFF56 – Il numero 700 di Filmcritica, è tempo di smaterializzazione

Il n. 700 di Filmcritica, l’ultimo su carta prima di passare definitivamente online, punto di partenza per continuare quel lavoro meticoloso, paziente e ancora da praticare

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La rarefatta atmosfera del Festival di Pesaro, dettata da un rispetto assoluto delle regole anti Covid, non intacca la piacevole natura di questo appuntamento che con l’aria del “ritrovarsi” chiama a raccolta una nicchia agguerrita e sempre disponibile, di appassionati di un cinema decisamente controcorrente, sicuramente estraneo a qualsiasi mainstream culturale e attento al riprodursi della qualità. Un festival come questo che, ormai, ha abbondantemente superato il mezzo secolo di vita, è stato alimentato, criticato, lodato o messo in discussione da una letteratura critica che ha, nel passato più che nel presente, determinato le scelte e a volte anche condizionato o comunque indirizzato i giudizi sui film e sul concetto stesso di festival e di sua fruizione. È in questa prospettiva che il Festival di Pesaro per tradizione che continua diventa il luogo ideale anche per una riflessione sul tema della critica cinematografica e delle riviste che la praticano con la necessria e scrupolosa attenzione.

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Il tema della critica cinematografica ci riguarda direttamente e se poi l’elaborazione critica proviene da un pensiero costantemente rivolto ad una lettura mai superficiale del lavoro autoriale e ci spinge a ricercare il senso profondo del film, i temi dominanti del cinema, le assonanze impreviste e imprevedibili, la critica diventa piacere intellettuale perfino quando si fa riscrittura in quel sistema complesso di rimandi e di polivalenti richiami alla propria cultura intrecciando relazioni e mettendo a frutto le altrettanto complesse reti di relazioni tra le cose e il cinema.
La rivista Filmcritica che ha sempre lavorato in questa direzione, diventando arena di confronto, esaltatore di una connaturata complessità teorica e, in questa stessa ottica, anche apripista per simili esperienze, per quelle successive elaborazioni che sarebbero state messe in opera da altre testate, ha compiuto i suoi primi 70 anni e il n. 700, fresco, ancora una volta, di stampa, è lì a testimoniarlo. Al Festival di Pesaro si è voluto sottolineare questo evento e con il direttore Pedro Armocida, ne hanno parlato Bruno Roberti, Massimo Causo entrambi storici redattori della rivista e Michele Moccia, di un’altra generazione, ma già con un’anzianità nella prestigiosa testata che risale a più di dieci anni fa.

É molto probabile che questo sia l’ultimo numero cartaceo della rivista, almeno nella consecutio che conosciamo. Anche l’austera Filmcritica dovrà passare al formato digitale più facilmente collocabile sul mercato, senza escludere qualche isolata ed estemporanea uscita ancora su carta per un solo numero all’anno.
Le fondamenta della critica sono state lo scenario sul quale si è svolto il discorsivo e agile incontro. È stato Roberti a dare l’avvio per una riflessione sul concetto di critica, mutato in questi anni, ma al cui fondo vi è sempre una visione precisa delle cose dell’arte e della loro lettura in funzione di una costante e argomentata analisi. Partendo dall’idea benjaminiana di ottica critica e ottica commentatoria laddove il critico cerca la verità come quella di una fiamma vivente, mentre la conoscenza del commentatore si ferma alla cenere fredda che ricorda quel fuoco, ci si ritrova dentro le precise coordinate utilizzate dalla rivista sin dalla sua fondazione. Il cinema e lo studio della sua genesi artistica, aiutato da un dialogo sempre aperto e proficuo con gli autori, ha guidato le scelte e ha indirizzato l’intero corpus critico verso direzioni insolite fino ad arrivare a quella rielaborazione critica che come si diceva si avvale di una specie di riscrittura del film, di una reinterpretazione che, lontano da ogni vizio accademico, laddove diventano troppo schematici gli studi, si diriga, invece, verso una verità più profonda e anche più complessa da ricercare e da definire. Ma è questo il compito della critica, quello di praticare un esercizio creativo pronto a travolgere il comune sentire, in posizione dialettica e se si vuole militante, come Filmcritica ha fatto in questi anni, una militanza che si dirige verso quella non eliminabile ricerca di verità che deve guidare ogni onesta ricerca e lavoro intellettuale.
È su queste basi, ha poi aggiunto Moccia, che il lavoro di Filmcritica dovrà continuare e in una specie di ritorno al futuro i numeri a venire rispettando l’antico e comune sentire di chi scrive su quelle pagine, continueranno a dare forma a quell’esercizio critico che resta criterio non superabile per l’attività che questo lavoro vuole esercitare. La critica, ha aggiunto il più giovane dei relatori, con calzante metafora, dovrà restituire nel racconto quella stessa policromia che il dispositivo del cinema sa offrire quando la monocromia del reale attraversa il suo filtro. Filmcritica in questi anni ha assolto questo compito e questo stesso impegno dovrà mantenere nel futuro.

Proprio a proposito di passato e di presente è spettato a Massimo Causo ricordare che questa rivista, così ricca di nomi che negli anni hanno restituito valore culturale autentico a favore di chi abbia potuto e voluto valutare lo spessore di quegli approfondimenti, è stata fondata ormai settanta anni fa da Edoardo Bruno che ha investito tutta la vita su questa testata cercando, nei primi anni di vita della rivista, come alleati proprio quelle associazioni di cultura cinematografica, culturalmente e anche politicamente più vicine, come la FICC, ad esempio, fondata in quegli stessi anni da Cesare Zavattini. L’impronta che Bruno ha consegnato alla rivista, dura tutt’ora e lo stesso Edoardo Bruno, assente dall’incontro, ne resta il custode e il garante. Un’impronta che vede una stretta relazione tra cinema e politica culturale. È stato proprio il cinema poetico-politico l’emblema, si direbbe il marchio di fabbrica, della rivista. Oggi, in tempi in cui forse il bisogno di politica, di riflessione, di sensibilità culturale, è cresciuto, al crescere di un’ansia di superficiale affrancamento da questi concetti e quindi al decrescere di una volontà di approfondimento anche più faticoso, Filmcritica può rappresentare ancora un punto di riferimento per il cinema ed è per queste ragioni che il numero 700 di questa storica rivista, necessaria, frutto di una volontà precisa e origine di altre grandi esperienze culturali che nella stessa forma si sono diffuse in Italia, deve costituire un punto di partenza e non solo un punto d’arrivo, per continuare quel lavoro meticoloso, paziente e anche divertente che il cinema e il nostro intelletto vogliono continuare a praticare, con leggerezza e spontanea disponibilità d’animo.

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