Prigione 77, di Alberto Rodríguez

Ispirato a fatti realmente accaduti, è un solido film carcerario che si contamina con il thriller a tratti troppo trattenuto ma pieno anche di momenti coinvolgenti come il finale.

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Nel 1978 in Spagna ci sono state 79 evasioni e 175 detenuti sono scappati. Prigione 77 si muove tra la Storia e il filone carcerario. Da una parte i detenuti, dall’altra le guardie dove non ce ne sta nessuna con un po’ d’umanità. Sullo sfondo c’è ancora l’ombra del franchismo mostrato come minaccia ancora evidente come il Cile di Pinochet nei film di Pablo Larraìn.

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Sommerso dalle tonalità marrone scuro della fotografia di Alex Catalán, Prigione 77 punta a un realismo immediato con un’attenta ricostruzione nella finzione. Ispirato a fatti realmente accaduti e ambientato prevalentemente a Barcellona, tra febbraio 1976 (tre mesi dopo la morte di Franco) e giugno 1978, il film ricostruisce la vicenda di Manuel, un contabile accusato di essersi appropriato indebitamente di quasi un milione di pesetas che rischia una lunga detenzione. All’inizio la prigione è un inferno. Ha solo un secchio d’acqua per bere e lavarsi e viene derubato del suo vestito nel cortile della prigione. Però riesce a trovare anche qualcuno su cui contare a cominciare da Del Negro, che gli passa le sigarette di nascosto fino al suo compagno di cella Pino, che all’inizio è diffidente nei suoi confronti ma con cui poi si metterà a capo della rivolta dei detenuti che combattono per ottenere l’amnistia.

C’è il dentro e il fuori, il carcere e le vedute su Barcellona, la cella e le luci al neon. Prigione 77 è un’altra ricostruzione spazio/temporale del cinema di Alberto Rodríguez dopo quella del villaggio del sud della Spagna nel 1980 terrorizzata da un serial killer di La isla minima e dello scandalo di corruzione che ha coinvolto l’ex-agente dei servizi segreti Francisco Paesa che ha inscenato la sua stessa morte in L’uomo dai mille volti. Segnato da una robusta scrittura molto attenta ai dettagli (la tenda chiusa, il braccio tagliato dei detenuti durante la protesta) e all’evoluzione dei personaggi (dalla presa di coscienza di Manuel al rapporto del protagonista con Pino che è tra le cose migliori del film fino ai suoi sguardi/desideri con Lucía in parlatorio), Prigione 77 forse si affida fin troppo alla scrittura dello stesso regista e del suo fedele sceneggiatore Rafael Cobos ed è per questo che in alcuni momenti appare fin troppo trattenuto (soprattutto nelle scene di massa) e la rabbia implosa, racchiusa nei primi piani su Miguel Herrán e l’ottimo Javier Gutiérrez nel ruolo di Pino, che per Rodríguez aveva già interpretato uno dei due detective della omicidi che danno la caccia al serial killer in La isla minima. Eppure quando Prigione 77 si smarca dalla sua struttura narratva, trova quei momenti liberatori propri del cinema carcerario, dai fogli gettati dalla cella, alle violenze fisiche e psicologiche subite dai protagonisti che riportano all’impeto di Fuga di mezzanotte di Alan Parker fino alla scatto di Manuel contro la guardia carcerario che ironizza su amnistia e libertà. Al di là della lunghezza forse eccessiva, Prigione 77 è uno spaccato comunque riuscito che contamina il prison-movie con tracce di thriller con un finale teso e coinvolgente che resta impresso nella memoria.

 

Titolo originale: Modelo 77
Regia: Alberto Rodríguez
Interpreti: Miguel Herrán, Javier Gutiérrez, Jesús Carroza, Catalina Sopelana, Fernando Tejero, Xavi Sáez, Víctor Castilla, Alfonso Lara, Iñigo de la Iglesia, Iñigo Aranburu, Javier Lago, Javier Beltrán, Aimar Vega, Julián Valcárcel
Distribuzione: Movies Inspired
Durata: 125′
Origine: Spagna, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.6
Sending
Il voto dei lettori
2.54 (13 voti)
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