RoFF18 – “Esser pronti per la chiamata”. Masterclass con Shigeru Umebayashi

Il compositore di In the Mood for Love e La foresta dei pugnali volanti si racconta al pubblico della 18ª Festa del Cinema di Roma, raccontando la ricerca per la dimensione alternativa dell’immagine

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In sala Petrassi, nel primo giorno della 18ª Festa del Cinema di Roma, viene chiesto al pubblico quanti abbiano conosciuto Shigeru Umebayashi attraverso le note di In the Mood for Love di Wong Kar-wai. Una metà abbondante della sala alza la mano. Una dimostrazione visiva chiara di quanto le melodie del compositore giapponese si siano incise nell’immaginario collettivo. Un’influenza che ovviamente non si ferma qui. Soltanto qualche ora prima, nella stessa sala dell’Auditorium, è stato proiettato La foresta dei pugnali volanti, iconico cappa e spada per la regia di Zhang Yimou con le musiche di Umebayashi.

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Una carriera ricchissima, che passa dalla musica live fino ai videogiochi (la musica di Ghost of Tsushima composta insieme a Ilan Eshkeri), nella quale splendono le collaborazioni con due dei registi cinesi più rappresentativi della scena. “Kar-wai e Yimou sono due registi opposti. Il primo spesso non ha una sceneggiatura. L’ho conosciuto quando sono stato chiamato per 2046 e quando ci siamo visti a Hong Kong mi ha proposto di fare anche In the Mood for Love. Mi ha raccontato a cena la storia e mi mandava delle sequenze come riferimento per scrivere la musica. Yimou, invece, aveva una sceneggiatura di ferro, dettagliatissima, anche con il tipo di musica che voleva in ogni scena. Il tipo, non la musica. Sono stato comunque molto libero di scrivere la mia musica. Pensate che per La foresta dei pugnali volanti avevo inizialmente la musica per i titoli di coda. Yimou la sente e gli piace così tanto che è diventata il centro di tutta la colonna sonora del film. Quindi c’era controllo, ma anche una grande flessibilità, mentre Wong Kar-wai mi sembra abbia sempre fissi dei principi di base, la sua filosofia”.

L’inizio di tutto è, comunque, nel segno dei Beatles. “Negli anni ’80 era molto influente il rock proveniente dagli Stati Uniti, c’era il West Coast Sound. Con il mio gruppo, gli EX, invece guardavamo molto al Regno Unito, in particolare ai Beatles. Poi siamo andati più verso l’elettronica”. A Londra, da solista, crea anche Ume, album realizzato in collaborazione con Georg Kajanus dei Sailor, band glam britannica. La libertà è da sempre al centro della sua musica. “La mia educazione non è classica. Conoscete Norwegian Wood dei Beatles? È una canzone d’amore, ma l’intro è col sitar. Una scelta inusuale, ma anche geniale, originale. Bisogna essere liberi. Più siamo liberi e più si riesce a creare qualcosa di originale. Bisogna avere un sentimento di amore per il film per il quale si sta creando la musica, per questo bisogna mantenere la mente libera. Sono stato fortunato, ho creato musiche in diversi paesi. Se creo musica in Cina, non è detto che userò strumenti provenienti da quel paese. Se inseguiamo troppo le nostre elucubrazioni ci perdiamo nella nostra mente”.

Con leggerezza, quindi, a metà degli anni ’80 conosce l’attore Yusaku Matsuda, che lo introduce al mondo del cinema. Il punto di svolta è, però, il terzo film a cui Umebayashi lavora, Sorekara. “Nei primi due film a cui ho partecipato, andavo nello studio, in cui avevo una batteria e una chitarra, e mostravo al regista cosa potevo fare. Era una sorta di prolungamento della mia attività con gli EX. Con Sorekara ho acquisito consapevolezza di cosa volesse dire comporre una colonna sonora. Per questo film, mi sembrava quasi che non servisse una colonna sonora. Non mi veniva nulla. Gli studi di prova non erano attrezzati anche per la registrazione, quindi mi portavo un registratore e poi, con un mangianastri, facevo sentire al regista. Quando sentì ciò che avevo creato, gli piacque moltissimo. Ma mi disse di non utilizzare solo il pianoforte perché ero scarso. Qui c’è stato il punto di svolta. Per la prima volta era musica che usciva direttamente da dentro di me”. Col tempo, Umebayashi ha individuato il modello di colonna sonora al quale aspira: le musiche composte da Anton Karas per Il terzo uomo di Carol Reed. “Il regista lo incontrò per caso in una taverna e gli disse che senza le sue musiche non avrebbe fatto il film. Karas compose un tema semplice, ma che fa acquisire al film un’altra dimensione. Ho capito che il compositore può creare una prospettiva diversa della stessa opera”.

C’è, quindi, la ricerca di un qualcosa di più profondo, che si annida sotto la superficie delle immagini e tra i fili della narrazione. Come un rabdomante che si aggira alla ricerca di falde acquifere nascoste nelle profondità, Umebayashi procede a tentativi sulla tastiera del pianoforte. “Cerco il tono giusto. Se premo il tasto sbagliato è come se la melodia si allontanasse fisicamente da me. Alcuni compositori vogliono leggere la sceneggiatura prima di comporre, io preferisco vedere direttamente le immagini. Alcune di queste mi rimangono dentro e richiamano certi toni. Il compositore è come fosse un cercatore di suoni nel bosco dell’immagine. Sembra solo una maniera cool di descrivere quel che faccio, ma è molto importante. Il compositore non timbra il cartellino, viene chiamato. Per di più, ha solo un certo tempo per intervenire sul film, come un giocatore che può intervenire solo per il breve tempo in cui ha la palla. Abbiamo comunque il compito di esser pronti per la chiamata. Dobbiamo vedere e conoscere il mondo attorno a noi per essere pronti a sentire i singoli film”.

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