#RomaFF16 – Incontro ravvicinato con Joe Wright

Il regista di Espiazione e del prossimo Cyrano è stato il protagonista di un incontro in cui ha ragionato di adattamenti letterari al cinema e della bellezza dei primi piani al cinema

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Il viaggio sentimentale di Joe Wright attraverso i ricordi e le immagini del suo cinema e di quello dei suoi maestri inizia nel segno di Steven Spielberg.

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Il regista inglese, ospite di uno degli Incontri della Festa Del Cinema di Roma, confessa infatti ad Antonio Monda che uno dei suoi primi ricordi cinematografici risale al disagio che gli trasmise Incontri ravvicinati del terzo tipo: Lo vidi da piccolo e mi fece molta paura”, ha raccontato Wright, che si spaventò quando vide la sequenza in cui il personaggio di Roy Neary ammassa al centro del piatto la sua porzione di purè fino a farne una piccola montagna, esplodendo successivamente in una crisi che destabilizza l’intera famiglia. “Mi ha sempre spaventato l’idea che un padre possa perdere le staffe in maniera così repentina”. La famiglia è in effetti una struttura fondamentale per Wright, a tal punto da aver contribito al suo avvicinamento al cinema. Fu la madre, infatti, che gli spiegò il principio meccanico alla base dell’immagine cinematografica: “Mi ricordo che un giorno disegnò su vari fogli i personaggi di una storia” – ha detto il regista – “poi prese questi fogli e li fece scorrere dietro ad un quadrato di cartone con un’apertura al centro, da cui quindi io potevo vedere prima il drago, poi il principe che combatteva e via dicendo. Ecco! – mi disse – questo è il cinema!”.

Ma l’incontro è stato soprattutto una Masterclass sull’adattamento letterario al cinema, complice anche la sicurezza con cui Joe Wright ha dialogato negli anni con questo spazio, a partire da Orgoglio e pregiudizio e arrivando ad Anna Karenina passando per Espiazione. In particolare, il regista considera la dimensione dell’adattamento un vero e proprio luogo di formazione, che attraverso il dialogo con autori ed opere gli permette di migliorare come creativo e di mettere alla prova il suo cinema: “Da ragazzino sono cresciuto in una zona difficile di Londra, i nostri insegnanti non ci davano ascolto ed in più sono dislessico, caratteristica che ha acuito le mie difficoltà – ha detto Wright – perciò ho sempre voluto apprendere il più possibile, confrontandomi anche con gli altri, per “dire la mia”. In questo senso, Espiazione ha ad esempio colpito Wright per il suo passo modernista e “per il modo in cui ragiona sulla verità e sul suo relativismo, che ho studiato a fondo per riuscire a conservarne l’essenza nell’adattamento”.

Ma qual è il giusto equilibrio tra fedeltà e tradimento dell’originale letterario? Wright non ha dubbi: “Ogni volta che lavoro su un adattamento, quella che sto inseguendo è la fedeltà all’idea che ho di quel romanzo – afferma il regista – ovvio che ogni lettore avrà la sua idea su quel racconto, ma il film deve preservare le sensazioni che ha stimolato in me, e solo in me”.

Joe Wright

Durante l’incontro, Joe Wright ha avuto modo di parlare anche del suo ultimo film, Cyrano, in anteprima in questi giorni proprio alla Festa Di Roma, un progetto che è forse l’apice del percorso di ricerca del regista nella dimensione dell’adattamento.
“Più che dal classico di Rostand, tutto nasce dalla versione del classico in forma di commedia musicale firmata da Erica Schmidt – ha spiegato Wright, che ne venne a conoscenza quando Haley Bennett lo invitò alle prove di un allestimento ispirato al testo. “Peter Dinklage ne era già il protagonista e quando l’ho visto non ho avuto dubbi che volevo adattare questa versione della storia e che volessi lavorare con lui” ha ricordato il regista.

Cyrano ha anche obbligato Joe Wright a confrontarsi con il COVID. I lavori sono iniziati in pieno lockdown, malgrado, come ricorda il regista, “tutti dessero appena il 5% di possibilità di riuscita alla produzione”. Ma per Wright era abbastanza per coinvolgere la MGM, che “accettò di finanziare Cyrano ma misero in chiaro che stavano rischiando per il futuro del cinema“.
Ed è su una sorta di elogio dell’esperienza in sala che si chiude l’incontro. Invitato a raccontare la sequenza del suo cinema che ricorda con più affetto, Joe Wright opta infatti per una risposta spiazzante: “I primi piani, perché, in fondo, non c’è nulla di più bello di un volto umano che esplode in tutta la sua forza sullo schermo”.

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