Romulus – Episodi 1 e 2, di Matteo Rovere

La serie Sky rielabora in 10 puntate il mito sulla Fondazione di Roma con attenzione alla confezione e soprattutto alla esportabilità del brand “inventato” da Rovere ne Il primo re. #RomaFF15

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Il Mito della nascita di Roma by Matteo Rovere ricomincia da capo. Sulle ceneri di quell’ambizioso esperimento in costume e lingua protolatina che è stato Il primo re – uscito in Italia a inizio 2019 e venduto all’estero – prende vita questa serie televisiva prodotta da Sky, Cattleya e Groenlandia fatta di dieci episodi, i primi diretti dallo stesso Rovere gli altri da Michele Alhaique ed Enrico Maria Artale, che andranno in onda sullo stesso canale satellitare a partire dal 6 novembre. Non abbiamo a che fare con un proseguimento del film, bensì con un reboot dagli aggiustamenti narrativi e consolidamenti stilistici. Insomma si riparte dai droni, dalla foresta stregata e dal villaggio di Alba, ma allo stesso tempo si rielaborano personaggi e intrecci così da dare una nuova forma alla leggenda, più consona al formato seriale.

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Se da un lato infatti Romulus rischia di perdere la componente materica, fisica e gibsoniana che caratterizzava la grande prima ora de Il primo re, dall’altra garantisce una narrazione meno sbrigativa rispetto alla seconda parte dello stesso prototipo, appoggiandosi su un numero di personaggi maggiore, più intrecci e relazioni, più scrittura insomma. E forse anche una versione più plausibile sulla fondazione dell’Urbe. Ecco allora che, in modo per certi versi sorprendente, quella dei due fratelli gemelli appare una falsa pista da troncare, coraggiosamente, già alla prima puntata. Nessun fatricidio vaticinato si concretizza per mano di uno dei due, ma la morte arriva dall’aspirante re nella più classica congiura romana che va da Cesare ai Romanzi criminali di comprovata fortuna televisiva ed editoriale. E non a caso l’intero progetto di Romulus è legato alla parallela pubblicazione di una trilogia letteraria firmata da Luca Azzolini per la HarperCollins. Del resto nella sua lotta tra villaggi e bande rivali, assassinii e alleanze non siamo per niente distanti da una tipica Suburra spostata nell’ VIII secolo a.C..

Certo è che la confezione ci sembra una volta ancora più esportabile che fruibile e alle prime puntate di Romulus forse un po’ di action in più non avrebbe guastato, ma questa è la perversa abilità delle serie di “genere” nostrane: girare intorno all’epopea e alla spettacolarità senza arrivare mai all’azione pura. A Rovere, anche produttore e sceneggiatore insieme al fedele Filippo Gravino e a Guido Iuculano, va comunque dato merito di aver plasmato un brand affascinante, che mette insieme con solido mestiere immagini pagane, violenza, sesso e paesaggi. E di avere un ottimo fiuto per i volti attoriali (Andrea Arcangeli, Francesco Di Napoli, Ivana Lotito, Marianna Fontana, Gabriel Montesi) “sporchi” di barbe, fango, sangue e tutti credibili nel loro latino arcaico dai dialoghi tanto essenziali quanto pronti per i mercati di mezzo mondo.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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