ROTTERDAM 37 – "Two in One", di Kira Muratova (Concorso)

two in oneDopo una fuggevole apparizione al Tribeca di De Niro, il nuovo film di Kira Muratova (2 in 1) arriva a Rotterdam e pare davvero porsi come una summa della geniale moldava-ucraina. Teatro e cinema si rincorrono all'infinito come il desiderio e la morte

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two in oneDopo una fuggevole apparizione al Tribeca di De Niro, il nuovo film di Kira Muratova (“2 in 1”) arriva a Rotterdam e pare davvero porsi come una summa della geniale moldava-ucraina. Si comincia in teatro, con una comparsa che davanti a una platea vuota strapazza il monologo di  Amleto, e poco dopo si accorge del cadavere di uno degli attori della sua compagnia. Davanti al tutto esaurito dei botteghini, non c’e’ scelta: bisogna andare avanti, mettere in piedi lo spettacolo anche a costo di ammazzare uno spazzino che voleva fare la spia.
Con questa seconda morte, si chiude la prima meta’: l’altra è la piece vera e propria, in cui un vecchiaccio cechoviano circuisce un’avvenente passante con cagnolino (ovviamente, la musa muratoviana di sempre Renata Litvinova) costringendo la figlia ad avvicinarla. La morte del satiro apre anche questo segmento, ma non si chiudera’ circolarmente con essa, bensi’ sulla ragazza adescata che la fa franca truffando il vecchio e continua la sua vita.

L’“Entre deux mort” di Maurice Blanchot è a sua volta raddoppiato, perché  sono il cinema e il teatro ad essere due diversi modi di trovare la vita non in opposizione alla morte ma tra due diverse morti. Il “Mulholland Drive” della Muratova, spaccato a meta’ tra cinema e teatro, che si intrecciano senza posa e si rimirano reciprocamente perseguitati dal dubbio di essere la stessa cosa. Già, perche’ il teatro dell’assurdo da cui ha sempre evidentemente preso le mosse la Muratova scopre che le dimensioni non sono due (la scena e la platea), ma sono infinite (INLAND EMPIRE?), cosicche’ il continuo, grottesco eccedere i limiti della presenza teatrale che si compiace dell’espressivita’ sfinita dei gesti e delle invenzioni sceniche non puo’ che debordare nel cinema, nella mutevolezza inesauribile delle angolazioni, dei punti di vista, delle deviazioni improvise ed esilaranti che sbattono la testa contro il labirinto dello spazio. Perche’ il set non è piu’ “qualcosa che la cinepresa riprende”, ma il luogo incollocabile dove mille sipari si aprono e chiudono su tutte le mille direzioni dello spazio, che si sfoglia con inaudita, esaltante libertà.

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La vitalissima sarabanda di bizzarrie inaugurata nella prima metà da un morto si muta nella cadaverica compulsione a ripetere del desiderio, nel proiettore che in un lussuoso salone vuoto continua a mandare a intervalli regolari diapositive pornografiche d’antan. Il teatro e il cinema, appunto. La morte e il desiderio: il fiore trovato sul primo cadavere è quello che la Litvinova afferra per suggellare felicemente l’ennesima eccezionale elegia della truffa di Kira Muratova.
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