Seguimi, di Claudio Sestieri

Un film-saggio animato da una passione epidermica e sensuale, una pulsazione sospesa che non rivela mai tutti i segreti, ma che scuote la tensione onirica di una Matera fantastica

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Se è vero che il cinema è un ritratto ovale, Claudio Sestieri con questo suo ritorno sullo schermo rinnova il proprio impegno d’autore nel cercare di salvare sia il ritratto che il reale che dipinge, l’immagine che prende vita sulla tela e insieme la donna che ha funto da modello della creazione. Ma la maledizione del cinema è ancora una volta quella di riuscire nel prodigio di donare un corpo a una figura immaginaria, mentre incastra per sempre la vita in un loop inestricabile, quello per cui al vertiginoso tuffo in piscina dell’incipit di Seguimi corrisponde nel finale un destino acquatico gemello che svela, ancora una volta, la dimensione liquida del cinema di Sestieri, affascinato da simmetrie e riflessi allo specchio, balli di corteggiamento e ossessioni letali.
Una visione colta che non limita i propri riferimenti ad Edgar Allan Poe ma intreccia una serie di note a margine tra letteratura e rimandi cinefili e pittorici: se ne rimane in quest’ottica innegabile la natura di film-saggio, Seguimi è allo stesso tempo animato da una passione epidermica e sensuale, una pulsazione sospesa che non rivela mai tutti i propri segreti, ma che in questa maniera non fa che scuotere la tensione onirica di una Matera fantastica. Una città che assume da subito la topografia tortuosa e porosa di un paesaggio interiore.

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Sestieri disperde i segni delle sue letali storie d’amore tra i personaggi di Angelique Cavallari, Maya Murofushi, Pier Giorgio Bellocchio, Antonia Liskova, in modo che il film sia sempre in equilibrio precario e volutamente indefinito tra le diverse visioni che incrocia: il risultato è che non è mai davvero riconoscibile l’ottica del personaggio attraverso la quale osserviamo la vicenda, e dunque mai davvero possibile distinguere il fantasma dall’umano, il soggetto dall’oggetto, la quinta dalla scena. Ha ragione chi ha scritto che Seguimi è un film “poco italiano”, pur recando forti le tracce di un certo percorso morboso del genere nostrano: e lo è non soltanto per l’immaginario orientaleggiante e vicino a certa nuova autorialità visionaria che attraversa, ma soprattutto per il coraggio di affidare quasi interamente la forza di questa serie di innamoramenti e raddoppi (tra il pittore e la propria musa, poi tra quadro e spettatore, specchio e figura, ma anche tra padri e figlie, civiltà e natura, acqua e terra, colore e bozzetto in biancoenero…) alla qualità evocativa delle immagini e dell’armamentario stesso del cinema, mantenendo al minimo l’apporto fornito da informazioni e dialoghi – soprattutto la prima sezione del film è di fatto abitata da pochissime parole tra le varie “stanze” che si susseguono, tra il museo, Barcellona, gli appartamenti-caverna scavati nella pietra.
Tanto che, a conti fatti, e come forse svela la visione finale, alla domanda su quale sia l’appartenenza certa della soggettiva che guarda questa storia, non si può che rispondere con la rivelazione che Seguimi sia un film visto dagli occhi stessi del ritratto ovale, rovesciando Poe, attraverso il punto di vista della creatura per sempre nascente da quella tela.

Regia: Claudio Sestieri
Interpreti: Angelique Cavallari, Maya Murofushi, Pier Giorgio Bellocchio, Antonia Liskova
Distribuzione: Stemo Production srl
Durata: 90′
Origine: Italia, 2017

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