Sem Coração, di Nara Normande e Tião

Un’autobiografia fantastica che unisce semplicità e profondità che gli garantisce un impatto immediato e ne favorisce la comprensione pur restando dentro dei confini autoriali. VENEZIA80. Orizzonti

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Guaxuma sembra un paradiso. La spiaggia che si perde a vista d’occhio tra il mare ed il cielo, i piedi nudi sulla sabbia ed un estate che sembra non debba finire mai. La storia è ambientata nel 1996 in uno dei posti più poveri del Brasile, un mondo dorato dove la bellezza e la violenza camminano di pari passo. Più che una vera è propria trama il film ripercorre attraverso Tamara, la giovane protagonista, l’esperienza episodica della regista Nara Normande cresciuta in quei luoghi, ed attraverso la rinuncia di una struttura rigorosa lo sviluppo segue piuttosto un discorso emozionale. Il mare, le feste, i balli, il sesso; ogni frammento è un piccolo pezzo del quadro. Guardato nell’insieme diventa un coming of age. Il film restituisce la paura e l’insicurezza dell’adolescenza, e nello stesso tempo affonda nel contesto sociale ed economico del villaggio dentro una distinzione di classe di origine etnica. L’altra protagonista è una ragazza meticcia orfana di madre, che dal padre ha ereditato un mestiere, quello della pesca, chiamata Senza Cuore per una vistosa cicatrice alla base superiore del petto. La sua aria misteriosa, il viso imbronciato, la straordinaria energia esercitano su Tamara un fascino irresistibile proprio alla vigilia della partenza per il college. A queste figure centrali si affiancano il cerchio di amicizie e quello familiare che muovono la storia tra peccati di gioventù, errori e pulsioni, lasciandola sospesa in un carico di tensione mitigato dalla onde.

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Nato da un cortometraggio vincitore di un premio alla Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes nel 2014, il film è un’autobiografia fantastica pieno di ingenuità giovanile e desideri incontrollabili che invece di iniziare dai fatti ricostruisce un’atmosfera. Sfugge alla razionalità, lascia fare agli istinti da apripista verso un retroterra fatto di razzismo e pregiudizio, frutto di un anacronistico stile coloniale in cui è rifugiata la parte benestante, oltre ad affrontare il tema dell’omofobia  con le avventure amorose dei ragazzi, alle prese con i turbamenti legati all’età e privi di complessi di fronte alle sacche di resistenza di una mentalità bigotta. Aspetti che presi nella loro totalità, e riferiti all’area di appartenenza, possono decidere il destino di ognuno di loro, assegnandogli un futuro o una condanna. Lo stile del racconto resta asciutto, orientato dal senso estetico dai magnifici paesaggi, ed anche quando diventa più introspettivo, più che ai dialoghi, fa ricorso ai silenzi, all’espressività di uno sguardo o alle mani che si intrecciano nel buio mentre il cuore batte all’impazzata. Presentato in concorso ad Orizzonti, unisce semplicità e profondità, un approccio spontaneo che gli garantisce un impatto immediato e ne favorisce la comprensione pur restando dentro dei confini autoriali.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
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Il voto dei lettori
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