The Truman Show, di Peter Weir

Oggi attualissimo e all’epoca profetico, magistrale incrocio tra Peter Weir ed Andrew Niccol. Con Jim Carrey in una delle migliori prove d’attore degli ultimi 40 anni. Su Netflix

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Il primo film sul Covid-19 è stato realizzato 22 anni fa. The Truman Show è innanzitutto un film sulla libertà. Che cosa succede quando ci viene negata e abbiamo l’illusione che ci sia? E quando abbiamo gli occhi addosso di familiari, amici, conoscenti che si presentano come complici e invece ci controllano? E, infine, quando si vive in uno spazio che è quotidiano, abituale e non ci accorgiamo invece che è una gabbia.

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Andrebbe rivisto soprattutto oggi questo meraviglioso apologo di Peter Weir e dello sceneggiatore, anzi, creatore Andrew Niccol. Innanzitutto perché proprio in questo momento è un film non solo attualissimo ma decisivo, anzi profetico, per il modo in cui ci mette all’improvviso davanti a qualcosa che non conosciamo. L’incubo ha i colori di una fiaba, quelli della fotografia di Peter Biziou che rende questo universo totalmente artificiale nei fondali nel set della cittadina di Seahaven, traduzione di ‘rifugio di mare’, l’illusione di un porto sicuro dove anche in questo caso la casa costituisce un riparo.

Truman Burbank vive qui da 30 anni. Dalla sua nascita è protagonista, a sua insaputa, di una soap-opera che va in onda 24 ore su 24 e che è arrivata a 10.909 puntate. Ogni personaggio che ha a che fare con lui sta recitando un ruolo, dalla madre (Holland Taylor) alla moglie (Laura Linney) dal migliore amico (Noah Emmerich) ai colleghi di lavoro fino al vicino di casa. All’improvviso però la realtà perfetta inizia ad avere delle crepe: cade dall’alto un faro della proiezione, dialoghi dalla regia entrano nelle frequenze dellla radio. L’inquietudine di Truman cresce quando gli tornano in mente alcuni episodi della sua giovinezza, come quello di una ragazza di nome Lauren (Natascha McElhone) di cui si era innamorato ma che nello show aveva solo il ruolo di una comparsa. Da quel momento cerca di fuggire da quel mondo dorato che lo ha tenuto sempre intrappolato.

C’è la finzione spacciata per verità in The Truman Show. “Non c’è copione, non esistono trucchi. È la sua vita”. Con le persone comuni che sono comparse, il pubblico attaccato alla tv che segue ogni momento della sua vita da quando si sveglia fino a quando va a letto. È un film sulla creazione della vita, dell’universo. Il regista dello show, si chiama Christof (Ed Harris), chiaro riferimento a Cristo. Fa scatenare la tempesta, accende le luci di notte come un falso miracolo per agevolare le ricerche di Truman in fuga di notte. Ma probabilmente è anche un riferimento a quei grandi cineasti del passato come Eric von Stroheim a Cecil B. De Milleche controllavano tutto sul set, dall’ombra di un oggetto al respiro dell’ultima comparsa. E come spesso avviene nel cinema, come nella vita, poi c’è un elemento imprevisto che manda tutti i piani all’aria.

The Truman Show è l’inno sull’impossibilità della perfezione, costruita anche nei flashback drammatici come quella del naufragio con il padre quando era bambino o negli sguardi in macchina della moglie quando lancia gli spot. È il sentimento romantico della tempesta. La natura del cinema di Peter Weir (Picnic ad Hanging Rock, Mosquito Coast) stavolta è impetuosa nell’animo di Truman, dove la strepitosa interpretazione di Jim Carrey è tra le prove d’attore più sorprendenti degli ultimi 40 anni. Ha le ombre dell’uomo comune di James Stewart e Gary Cooper dei film di Frank Capra e la malinconia e la sottile tristezza della diversità del cinema di Tim Burton, in particolare Edward mani di forbice. Ipnotizza con le musiche di Philip Glass che sottolineano la dimensione da thriller soprannaturale che prolunga, perché no, l’incubo genetico di fine millennio di Gattaca nella scrittura/cinema di Andrew Niccol in cui sono evidenti i debiti con Philip K. Dick. Ma la stessa colonna sonora sottolinea l’estasi della dell’illusione di una storia d’amore che è l’incarnazione di un sogno, con il volto di Natasha McElhone che da eterea diventa improvvisamente un magico miraggio. Il mondo vero si fonde con l’aldilà. Una magia degna di Powell e Pressburger. Scala al Paradiso è più di una citazione, evidente nell’immagine della scalinata celeste. Ha il colore del mare che blocca il protagonista e ritarda il suo desiderio di fuga. Diventa però la sua presa di coscienza. Truman è libero nel momento in cui si affronta le proprie paure. È la nostra condizione oggi proprio durante il Covid-19.

 

Titolo originale: id.
Regia: Peter Weir
Interpreti: Jim Carrey, Laura Linney, Ed Harris, Noah Emmerich, Natascha McElhone, Holland Taylor, Paul Giamatti, Philip Baker Hall
Durata: 103′
Origine: USA, 1998
Genere: drammatico

 

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4.08 (24 voti)
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