Basare il racconto sull’Arca di Noè, non comporta solamente reiterarne le strutture iconografiche su cui si fonda, né replicarne le traiettorie “narrative”: significa piuttosto aderire all’antropocentrismo che attraversa tutto questo segmento biblico, e connettere le figure animalesche – e quindi antropomorfizzate – su cui convergono gli intrecci della narrazione a tematiche che alludono al mondo terreno, nonché all’universo di valori, di idee – e forse, anche di pulsioni – che contraddistinguono la sfera emozionale/identitaria dell’individuo. È a partire da questo insieme di tensioni ed inferenze (culturali, ma anche tematiche) che i due cineasti brasiliani Sérgio Machado e Alois Di Leo declinano le istanze di questo Tito e Vinni a tutto ritmo. Al punto che il film d’animazione è da intendere come un veicolo attraverso cui caricare le immagini dell’Arca della Bibbia, e in particolare i “corpi” delle razze animali che vi dimorano, di connotazioni puramente allegoriche: in modo da osservare le figure dei protagonisti, in piena continuità con il racconto biblico, come lo specchio e il riflesso delle attività, delle idiosincrasie e delle storture a cui tendono gli uomini all’interno del sistema societario in cui sono immersi.

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Non a caso il film, tratto dal poema L’Arca (1975) composto da Vinicius de Moraes – a sua volta ispirato al racconto biblico da cui mutua la storia – pone sin da subito i suoi antropomorfizzati protagonisti come strumento per riflettere sulla sfera morale ed etica dell’uomo: qui Tito e Vinni, due topolini uniti dalla passione per il canto, assistono per caso al momento in cui Dio incarica Noè di iniziare la costruzione di un grande vascello che ospiti una coppia di tutte le specie animali, in modo da preservarle dall’avvento del Diluvio Universale. Ma in quanto portavoce del sesso “maschile” tra la classe dei topi, i due roditori di Tito e Vinni a tutto ritmo non possono sperare di approdare entrambi sull’Arca, per cui decidono di imbarcarsi di nascosto sulla nave, dove ad attenderli figurerà una “umanità” corrotta, egotistica, disposta a sacrificare il prossimo, pur di esercitare il proprio dominio sull’altro.

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E fino a che Tito e Vinni a tutto ritmo ragiona su queste istanze, declinando la frazione iniziale del racconto all’osservazione delle conflittualità in cui gli animali (e per estensione, gli esseri umani) sprofondano ogni qualvolta vengono messi davanti ai propri interessi egotistici, preserva concretamente la propria connessione con il materiale di partenza. Ma è nell’istante in cui il film inizia a giocare con i linguaggi più ludici dell’animazione popolare – soprattutto quella tarata su un pubblico infantile – che i due cineasti perdono il filo del discorso, dando vita ad una narrazione non solo estremamente convoluta e decentrata, ma che annega le tematiche universali del racconto in un intreccio confuso e narrativamente sfilacciato. Impossibilitato, una volta intrapresa questa direzione, ad invertire la rotta di una deriva che si fa sempre più brutalmente inesorabile.

Titolo originale: Noah’s Ark
Regia: Sérgio Machado, Alois Di Leo
Voci: Rodrigo Santoro, Alice Braga, Marcelo Adnet, Keith Silverstein, Ian James Corlett, Luis Bermudez, Laila MaCann, Debra Wilson, Christopher Corey Smith
Distribuzione: Notorious Pictures
Durata: 84′
Origine: Brasile, India, Paesi Bassi, USA, 2024

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