Triple Frontier, di J. C. Chandor

Figlio di più padri. O più madri. Tra Boal, Bigelow e Chandor. Dove più che il tempo dell’azione contano gli effetti sui protagonisti. E un cast davvero all’altezza. Su Netflix

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Che prezzo si paga per essere un guerriero? Tutte le pulsioni dell’azione. Dove la scrittura frenetica di Mark Boal, costruita sul cinema di Kathryn Bigelow (che inizialmente avrebbe dovuto dirigere il film ma resta comunque tra i produttori esecutivi) incrocia invece quella apparentemente più classica di J.C.Chandor. Ma in entrambi i casi ancora un’ipnosi. Il deserto assolato di The Hurt Locker – il film dove è cominciata la collaborazione tra Boal e la regista proseguita poi con Zero Dark Thirty e Detroit – con il mare aperto di All Is Lost.

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Ci sono cinque ex-membri delle forze speciali che derubano un narcotrafficante. Sembra che abbiano fatto il colpo del secolo. Poi però la fortuna gli volta le spalle. E si trovano a combattere per la sopravvivenza. Inoltre la situazione che si è verificata mette alla prova la lealtà del gruppo.

Quella sporca cinquina. La squadra e il gruppo. Con uno slancio sull’avidità umana che sembra arrivare da Huston di Il tesoro della Sierra Madre. I soldi che volano. Ma come spesso è avvenuto nel cinema di Chandor, l’ambiente si può trasformare in un inferno. Come la Grande Mela nell’ottimo 1981: indagine a New York. Al tempo stesso, sembra iniziare con tutte le contaminazioni belliche del cinema della Bigelow. Tra ralenti e un impeto sonoro trascinante. Dove ogni rumore trascina direttamente in campo. E se le scene d’azione forse erano più costruite per il cinema della regista di Strange Days, Triple Frontier appare al tempo stesso un cammino che può apparire infinito come nel cinema di Chandor. L’acqua di All Is Lost mutano nella giungla e nelle montagne di Triple Frontier. Sospeso tra Paraguay, Argentina e Brasile. Più frontiere. Con improvvisi abissi. Come il mulo e i soldi che precipitano dalla montagna. E dove ogni protagonista sembra combattere la propria battaglia personale.

Diversi attori sono passati per questo progetto prima che Netflix acquistasse i diritti nel 2017. Prima Tom Hanks, Johnny Depp e Will Smith. Poi Tom Hardy, Channing Tatum e Mahershala Ali. Ma la ‘cinquina’ di Chandor è davvero all’altezza. A cominciare da Oscar Isaac, già protagonista di 1981: indagine a New York. Per proseguire con Ben Affleck. La sua entrata in scena è vertiginosa. Con la figlia adescente che non parla in macchina e poi quando scende Santiago/Isaac le dice: “Tuo padre è un brav’uomo. Non essere dura con lui”. E anche il resto del team, reclutati da Santiago, è all’altezza: Charlie Hunnam, Garrett Hedlund e Pedro Pascal. Triple Frontier decolla dal momento della rapina. Con la casa che è come una cassaforte. E non conta tanto, come si è visto, il tempo dell’azione. Ma quello che succede vissuto attraverso gli occhi dei protagonisti. Nell’elicottero che sta per schiantarsi, sono sospesi tra la paura della morte e, insieme, quella di perdere tutto il denaro. Oppure il conflitto con il villaggio ostile. Dove, ancora i soldi, diventano mezzo di sopravvivenza. Come nella scena in cui vengono bruciate per riscaldarsi dal gelo.

Un cinema portentoso. Figlio forse di più padri (o più madri). Che, se anche non convivono forse pacificamente, alimentano un conflitto che lo arricchisce ulteriormente. E il finale lascia il segno.

 

Titolo originale: id.
Regia: J.C. Chandor
Interpreti: Oscar Isaac, Ben Affleck, Charlie Hunnam, Garrett Hedlund, Pedro Pascal, Adria Arjona
Distribuzione: Netflix
Durata: 125′
Origine: Usa 2019

 

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