"Two Mothers", di Anne Fontaine
Anne Fontaine è incapace di andare oltre la vetrinizzazione dei notevoli corpi attoriali a sua disposizione, mettendo in scena un eros da spot televisivo, unicamente basato su un’estetica della superficie. Il suo cinema appare sempre più scollato dalla realtà, fintamente ribelle, e invece retrogrado e anestetico.
Tratto dal racconto Le nonne di Doris Lessing, Two Mothers vive unicamente della presenza di Naomi Watts e Robin Wright, il cui coinvolgimento nel film può essere spiegato soltanto come un veniale peccato di vanità e una risposta indiretta alla vecchia polemica delle attrici hollywoodiane verso gli Studios, colpevoli di relegarle ai margini con l’avanzare dell’età. Ma affidarsi alla sciatteria di un simile copione e a una regia patinatissima ma piatta che guarda alla soap opera o al fotoromanzo, è una strategia fallimentare. E sì, si uscirà anche pensando che le due protagoniste vantano ancora un’incredibile forma fisica, a nuotare, biondissime e abbronzatissime nel mare blu della loro Australia, ma il pensiero successivo è “Come hanno fatto a cadere così in basso?”.
Neanche tanto per l’improbabile trama che vede due amiche di una vita, isolate in una piccola cittadina della costa neanche fossero gli adolescenti naufraghi di Laguna blu, che dopo aver cresciuto i propri figli iniziano con loro delle relazioni incrociate (figlio della Watts con la Wright/figlio della Wright con la Watts) la cui divorante passione avrà esiti nefasti sulle future vite dei giovani.
Come accennato, il vero problema di Two Mothers – oltre all’assoluta inutilità – sta nella visione della Fontaine, incapace di andare oltre la vetrinizzazione dei notevoli corpi attoriali a sua disposizione, mettendo in scena un eros da spot televisivo, unicamente basato su un’estetica della superficie, mai interessato a tentare la via di un approccio intimo o emotivo, tanto che non è neppure possibile parlare di mélo data la totale mancanza di qualunque emozione.
Dopo il sottotesto retrivo de Il mio miglior incubo, in cui la sceneggiatura da guerra dei sessi metteva in ridicolo la cultura e teorizzava una donna tanto più serena quanto più soddisfatta sessualmente dal suo uomo, qui la Fontaine allarga il suo teorema, precisando “un maschio giovane e aitante”. E il suo cinema appare sempre più dannoso: fastidiosamente scollato dalla realtà, fintamente ribelle, e invece retrogrado e anestetico.
Perché, siamo sinceri, a parte un po’ di curiosità pruriginosa, a chi può interessare ancora delle avventure sessuali di due milf e dei loro figli toy boy?
Titolo originale: Adore
Regia: Anne Fontaine
Interpreti: Naomi Watts, Robin Wright, Ben Mendelsohn, Xavier Samuel, James Frecheville
Origine: Australia, Francia 2013
Distribuzione: BIM
Durata: 97'