Una classe per i ribelli, di Michel Leclerc

Una commedia politica che pone domande e ironizza su questioni attuali come l’eterogeneità sociale, la laicità e il razzismo. Più Molière che cinema sociale

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Andare a scuola in centro in un istituto prestigioso porta tutta una serie di privilegi, senza contare il futuro radioso che si prospetta per i giovani alunni!

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Sono in molti a cercare casa nei quartieri più centrali e dispendiosi delle città francesi, investendo capitali pur di vedere i proprio figli accettati in uno di questi istituti. Ma Sofia e Paul decidono di ribaltare la tendenza, trasferendosi nella banlieue di Parigi, ed iscrivendo il figlio Corentin in una scuola pubblica. Lei, interpretata da Leïla Bekhti, è un’avvocato d’origine magrebina, lui (Eduard Baer) un batterista punk in declino. Due idealisti, convinti che l’ambiente multiculturale della periferia di una cittadina come Bagnolet non possa che giovare alla formazione dei più giovani. Una palestra di democrazia ed apertura all’altro, davanti  al classismo imperante nei quartieri alti. Le cose si complicano quando Corentin inizia ad esser emarginato proprio per il suo essere il piccolo bambino bianco e borghese, insomma per essere, agli occhi dei compagni, un privilegiato.

Sono queste le premesse della nuova commedia politica di Michel Leclerc, Una classe per i ribelli, che per i più romantici potrebbe richiamare alla mente Zéro de conduite di Jean Vigo, film imprescindibile se di scuola si vuol parlare. La lutte de classe è invece il titolo originale, preso in prestito, senza girarci troppo attorno, da Karl Marx in persona. E non è un caso.

Il più grande problema dell’istituzione scolastica in Francia (ma in Italia non siamo da meno) è, di fatto, un problema di classe, una questione di differenze sociali e di possibilità, che oltretutto in epoca pandemica risultano tragicamente acuite. Sulle spalle degli alunni vige un determinismo molto difficile da scardinare, che va ad intrecciarsi con un più grande e complesso discorso sulle periferie che film come L’Odio, che quest’anno ha compiuto ben venticinque anni, o I Miserabili hanno contribuito, e contribuiscono, a problematizzare. Le riforme politiche continuano poi a sforbiciare, eliminando il ‘superfluo’, e lasciando coloro che vivono all’interno della scuola, siano essi professori o alunni, totalmente soli.

Difficile rendersi conto di cosa avviene, e di quanto difficile sia il quotidiano «entre les murs». Ce l’ha mostrato in modo sorprendente Laurent Cantet qualche anno fa, con La classe, Palma d’Oro al Festival di Cannes. E quest’anno il duo di registi Grand Corps Malad e Mehdi Idir ha provato a restituirci uno spaccato scolastico fedele ne L’anno che verrà – La vie scolaire. Il film di Leclerc però invece di porsi su questo tracciato, rinuncia alla spontaneità attoriale, al realismo, per trasformarsi in commedia classica, satira più alla Molière che da cinema sociale. I personaggi e le situazioni ne escono fuori ultra-caratterizzati e paradossali. Dove prima c’era l’avaro, ora c’è il borghese radical chic – i famosi bobos -, affiancati dalle donne con il velo, e dai piccoli bulli. Un contenitore ricco, quello della banlieue, ricco di culture, di colori e contraddizioni, che qui viene fatto (persino letteralmente) esplodere. Nonostante questo il film riesce a salvaguardare una certa onestà autoriale. L’originale trovata, d’ispirazione biografica, del ‘ribaltamento’ dei centri, rende possibile il meccanismo del relativismo culturale, antico retaggio illuminista, che ci aiuta a ridere anche di cose ben poco divertenti.

Certo, poi verrebbe da dire che sarebbe bello se bastasse una risata per sanare il tema della laicità, del razzismo, del bullismo o della libertà d’espressione tra i banchi, eppure i recentissimi, tragici avvenimenti non fanno che smentirci e ricordarci che si tratta di nodi da dipanare con la massima urgenza.

Titolo originale: La lutte des classes
Regia: Michel Leclerc
Interpreti: Leïla Bekhti, Edouard Baer, Ramzy Bedia, Tom Lévy, Baya Kasmi, Eye Haidara, Oussama Kheddam, Laurent Capelluto, Claudia Tagbo, Michèle Moretti, Jacques Boudet, Sarah Le Picard
Distribuzione: Satine Film
Durata: 103′
Origine: Francia, 2019

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.2

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3 (1 voto)
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