VENEZIA 63 – "The Black Dahlia, non lo considero un romanzo di genere, ma una fiction storica". Incontro con Brian De Palma.

Il concorso di quest'anno parte con uno dei film più attesi, in anteprima mondiale. Ben tre proiezioni nel primo giorno di festival e la sala conferenza era gremita in ogni ordine di posto a sedere e in piedi. Oltre al regista e agli attori, si è presentato anche lo scrittore James Ellroy, l'autore dell'omonimo romanzo.

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Il concorso di quest'anno parte con uno dei film più attesi, in anteprima mondiale. Ben tre proiezioni nel primo giorno di festival e la sala conferenza era gremita in ogni ordine di posto a sedere e in piedi. Oltre al regista e agli attori, si è presentato anche lo scrittore James Ellroy, l'autore del romanzo dell'omonimo romanzo da cui è stata tratta la trasposizione cinematografica. Per il cinema  The Black Dahlia è il quinto film tratto dai romanzi di Ellroy, anche se nella memoria degli spettatori è rimasto solo L.A. Confidential, che nel 1998 vinse due oscar. La riduzione del film è firmata da Josh Friedman (La guerra dei mondi), a conferma, ancora una volta, che neanche stavolta lo scrittore californiano ha voluto cimentarsi con la sceneggiatura. A tal proposito, Ellroy ha tenuto a sottolineare:" Della scrittura cinematografica non me ne frega niente. Lo sceneggiatore è l'anello debole della catena: il film appartiene al regista, al produttore e allo studio". Ellroy poi ha aggiunto di non essersi mai illuso che David Fincher (il regista di Seven) volesse veramente fare questo film prima che arrivasse De Palma e ha aggiunto che quest'ultimo fosse perfetto per il suo libro. "E' molto riduttivo definirlo il nuovo Hitchcock. De Palma è altrettanto manipolatore, ma più completo e sicuramente più coraggioso. Questo libro per me è come un'ode a Elizabeth Short e un abbraccio frettoloso a mia madre…"

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Perché ha scelto di lavorare su questa trasposizione?


Soprattutto perché mi affascinava l'idea che questo libro non va considerato un romanzo di genere, ma una fiction storica. Ho seguito il modo in cui Ellroy racconta questa storia coinvolgente, dove si parla di ossessione, amore, corruzione, avidità e depravazione, basata sul brutale omicidio di una starlet di Hollywood nel 1947, che colpì e commosse la nazione in quegli anni e resta tutt'oggi irrisolto. Due poliziotti ex-pugili, sono incaricati di indagare sull'omicidio dell'ambiziosa attricetta Betty Ann Short detta "The Black Dahlia": un crimine così orrendo che non ne vennero mai mostrate le immagini al pubblico. L'intreccio del libro è unico. Mi sono attenuto alla struttura e al comportamento dei personaggi nel libro.


 


Cosa pensa della scrittura di Ellroy?


James ha creato un intero mondo noir e il modo in cui racconta le sue storie è molto complesso. Il suo linguaggio è così ricco. Il suo stile mi ha permesso di esplorare il mondo dei personaggi di fiction della Los Angeles del 1947, quelli segnati profondamente dal crimine. Quello che più mi affascina è che nella storia raccontata tutti mentono. In ogni scena cruciale, in cui pensi che qualcuno stia rivelando qualcosa, invece rivelano l'opposto di quello che avevano detto prima.


 


Lei è conosciuto per tratti stilistici molto precisi: temi hitchcockiani ricorrenti, strane rassomiglianze, femmes fatales, esplosioni di grande violenza…


Ogni volta che comincio a lavorare mi chiedo sempre come posso girare questo film ancora di più alla Brian De Palma. Non è qualcosa di cui ti rendi conto. Non so perché ci si sente attratti da qualcosa. Semplicemente ti afferra e ti intriga. Sono affascinato dalla doppia personalità e il romanzo di Ellroy è ricco di questo tema.

Anche l'uso dei colori e i complessi movimenti di macchina sono molto evidenti…


Fin dalla scena dello scontro finale tra i due poliziotti ho cercato di usare colori saturi per poi passare a contrasti molto forti per raccontare la storia, accompagnata da flashback desaturati. Il film è fondamentalmente una discesa all'inferno. Con il noir cerchi di usare contrasti forti, ombre e angoli stretti. Guardo una scena e mi chiedo quale sia la posizione migliore della macchina da presa per una certa azione. Poi massimizzo la visuale e progetto le locations per le sequenze. Non mi interessa se il mio stile non parla visivamente. Dirigere è abbastanza semplice. Se hai buon gusto e sai guidare gli attori, girerai un buon campo medio o un primo piano. Purtroppo la maggior parte della gente è cresciuta davanti alla tv e molti registi presentano dialoghi a due o a tre e riprese in steadcam.


 


Per ricreare la Hollywood del 1947 dove avete girato?


La produzione si è trasferita a Sofia, Bulgaria, nel 2005. E' stato grande avere una troupe che controllava la duplicazione di Hollywood, vedi le Hollywood Hills e invece sono le colline di Sofia. Per me non è stato un problema girare lontano da Los Angeles. È successo anche per Scarface, che abbiamo girato solo per due settimane a Miami.


 


Oltre alla location e ai costumi, può dirci qualcosa anche sulla musica da lei utilizzata?


Per me la musica è fondamentale come gli ambienti e i costumi. La colonna sonora jazz è stata una creazione evocativa del compositore e trombettista (e studioso di film noir) Mark Isham. È un grande trombettista. Ho sempre sentito una tromba triste in questo genere di film. Ti rendi conto di avere un grande compositore quando sostituisce una musica temporanea che tu avevi dimenticato completamente.  

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