VENEZIA 65 – "Una semana solos", di Celina Murga (Giornate degli Autori)

Si vorrebbe odiarli, questi figli del nulla annoiati e sottilmente arroganti, ma sono troppo carini ed educati. Si cerca l'angoscia del vuoto e dell'indicibile ma non c'è posizione estrema né chiarezza di intenti, solo una sorta di continuo e sterile compromesso in questo film che brilla per un solo attimo di magia musicale

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Un gruppo di preadolescenti in un quartiere residenziale di Buenos Aires, ricchissimo, popolato di splendide ville e vegetazione, chiuso all'esterno, sorvegliato dentro e fuori, dotato di tutti i servizi, anche quelli di intrattenimento. Fratelli e cugini, maschi e femmine, con tutti i genitori via per qualche giorno, affidati all'attenzione della più grande tra loro e della governante. I giorni si susseguono tra la scuola, le partite alla playstation, la televisione, i pasti, la piscina, la cura personale. Due i modi di aggiungere alle giornate un surplus di adrenalina: sfuggire al controllo dei vigilantes (facilissimo come un gioco tra complici) e infilarsi di nascosto nelle case dei vicini, semplicemente guardandosi intorno, magari rubando qualcosa di poco valore. Dal mondo fuori arriva il diverso, è il fratello minore della governante, di ben altra classe sociale, ovviamente sgradito, emarginato e allontanato senza convinzione, come un insetto fastidioso ma innocuo. Si vorrebbe odiarli, questi figli del nulla annoiati e sottilmente arroganti, ma sono troppo carini ed educati anche nel peggiore dei comportamenti per poterci seriamente riuscire. Si cerca l'angoscia del vuoto e dell'indicibile degli adolescenti di van Sant ma non c'è, non c'è posizione estrema né chiarezza di intenti, solo una sorta di continuo e sterile compromesso in questo film che brilla per un solo attimo di magia musicale. Si aspetta un'illuminazione improvvisa, ma ogni singola azione è prevedibile con diversi minuti di anticipo, fino al finale con tentato (e abortito) sacrificio del diverso. Si pensa all'empatia e all'efficace, tagliente, originale critica sociale di La zona di Rodrigo Plà: stesso quartiere, stesse contrapposizioni, stessi adolescenti. Ma mancano tanto la teoria quanto il sangue.

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