VENEZIA 70 – "Con il fiato sospeso", di Costanza Quatriglio (Fuori Concorso)
Con lo sguardo intimo, ravvicinato, quasi di una confessione, Quatriglio segue i silenzi cadenzati della protagonista, senza calcare la mano. Il suo film si fa ancora una volta inchiesta, denuncia, ma sempre mantenendo quel distacco che rischierebbe di risultare altrimenti invasivo e irrispettoso nei confronti delle reali vittime della vicenda
Dopo il discreto riscontro ottenuto la scorsa edizione del festival con Terramatta, quest’anno Costanza Quatriglio si allontana dalla forma del documentario. Con il fiato sospeso è la storia di Stella (un’emozionante Alba Rohrwacher), personaggio di fantasia liberamente ispirato alla vicenda di alcuni studenti di Farmacia dell’Università di Catania, che a causa dell’ambiente insalubre presente nei laboratori dove svolgono le loro ricerche compromettono seriamente la loro salute. Fino a morirne.
L’ultimo mediometraggio di Quatriglio è anzitutto una storia di illusioni. Di fiducia precaria e mal riposta, nei dei professori certamente, che al verificarsi dei primi sintomi nei ragazzi si limitano a rassicurarli che non ci sia nulla da temere, che qualche loro piccolo disturbo potrebbe essere semplicemente frutto di coincidenze. Anzitutto, però, nei confronti di quelle stesse istituzioni che dovevano proteggere e garantire un futuro a tutti quegli studenti come Stella, che grazie ai sacrifici della propria famiglia e alla loro dedizione quotidiana a quella stessa materia che si fa origine delle loro malattia, si trovano lì. A decidere di studiare, continuare a maneggiare sostanze effettivamente tossiche e soprattutto a mostrarsi fiduciosi nei confronti di chi è interessato esclusivamente alla propria carriera. E’ Anna, amica della protagonista e musicista di un gruppo punk (omaggio della regista al giovane e variegato panorama musicale di Catania) ad aprire gli occhi a Stella, così immersa nei propri sogni da non rendersi conto di quanto possano rivelarsi rischiosi. La ragazza, precedentemente studentessa dello stesso corso di Stella, ha abbandonato gli studi qualche anno prima, una volta realizzato che in quelle aule qualche cosa non quadrava.
Con lo sguardo intimo, ravvicinato, quasi di una confessione, Quatriglio segue i silenzi cadenzati della protagonista, senza calcare la mano. Il suo film si fa ancora una volta inchiesta, denuncia, ma sempre mantenendo quel distacco che rischierebbe di risultare altrimenti invasivo e irrispettoso nei confronti delle reali vittime della vicenda.