VIDEOCLIP – Hey Jude in Newark

john wilson hey jude newark airport
Cosa fareste se vi ritrovaste bloccati in un aeroporto per ore, tra file di viaggiatori disperati e poliziotti a caccia di un presunto terrorista? Se la voce vi assiste potreste fare come Josh Wilson, promettente cantautore dell’Arkansas di fama debole ma forte fervore cristiano: tirate fuori la chitarra e mettetevi a cantare. Magari un pezzo dei Beatles. Se la folla si unisce e cominciano riprendervi tutti col telefonino, il gioco è fatto

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"This is your life, enjoy it. Even if you're stuck at an airport!" (J. Wilson)

 

Era lo scorso 3 gennaio. Al Newark Liberty International Airport scatta un allarme.

Qualcuno ha segnalato una presenza sospetta, gli addetti alla sicurezza cominciano ad agitarsi. C’è confusione e un po’ di panico. Poco dopo partono inesorabili le procedure di sicurezza: a tutti i passeggeri in attesa dell’imbarco al gate viene chiesto di sottoporsi ad un secondo check in. Saranno centinaia. E‘ il caos.

Nel giro di poco l’intero aeroporto si blocca completamente, arrivano voci di ritardi complessivi di ore. Un’orda di ex-vacanzieri intrappolata in un aeroporto del New Jersey. Da impazzire di rabbia e fastidio.

Fortunatamente lì in mezzo c‘è anche Josh Wilson, giovane cantautore residente nel Tennessee, con 3 album all’attivo ma dedito principalmente a concerti religiosi nelle chiese battiste e

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Newark Airport in occasione di grandi raduni cristiani organizzati regolarmente in tutti gli Stati Uniti.

Le cose cominciavano a mettersi male. La tensione cresceva. Alcuni ragazzini piangevano e volevo tirarli su in qualche modo, volevo provare a distendere un po’ gli animi. Ad un certo punto uno degli amici che era con me mi suggerisce di prendere la chitarra e provare a suonare qualcosa. Ho subito pensato che in quel contesto soltanto i Beatles potevano funzionare. Se avessi intonato qualunque altra cosa probabilmente mi avrebbero linciato a colpi di bagagli”.

Josh Wilson si alza, imbraccia la chitarra ed accenna i primi accordi di Hey Jude nel bel mezzo dell’ampia sala centrale dell’aeroporto, tra personale di volo indaffarato, uomini della sicurezza scuri in volto e gruppetti di passeggeri riversi disperatamente sui propri bagagli.

La folla si volta incuriosita, perplessa, all’inizio. Poi qualcuno sorride e prende a cantare. C’è chi tira fuori il telefonino per filmare tutto. Funziona. I Beatles funzionano sempre.

In fondo non c’era nulla che potessimo fare. Dovevamo solo scegliere se continuare a incazzarci o se invece accettare quella situazione serenamente. A quel punto era meglio cantarci su. E’ stato come un concerto spontaneo e irripetibile. Ammetto che per quanto mi sia capitato di suonare davanti a diversi tipi di pubblico, non avevo mai pensato prima ad una “airport performance” ”.

 

I diversi video dell’esibizione collettiva realizzati dai compagni di sventura – ciascuno dalla propria angolazione – finiscono subito in rete e fanno ovviamente il giro del mondo, comparendo su siti di news, social network e aggregatori di video.

Per Josh Wilson è il videoclip perfetto. Se c’avesse pensato, forse una cosa così profondamente rappresentativa della sua attività di giovane interprete confessionale non l’avrebbe trovata: un video che unisce la messa in scena classica della performance canora di tipo religioso (il bravo ragazzo con la barbetta, una chitarra, il coro degli astanti) alla modernità di un girato amatoriale che su YouTube si spezza democraticamente in una molteplicità di visuali diverse, tante quante le cam disposte a riprendere (ed a farsi riprendere).

Una specie di ecumenico flash mob assolutamente non-organizzato e, al tempo stesso, il definitivo manifesto musicale della citizen-generated-content mania: un videoclip così 2.0 da essere stato pensato, realizzato, ripreso e distribuito direttamente dagli utenti (incazzati) di un aeroporto del New Jersey.

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